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In una Firenze calda e semideserta di una domenica di luglio il ricordo è sempre vivo. Non c'era il pubblico delle grandi occasioni come, ahimè, spesso capita in certi momenti ma l'uditorio era sicuramente attento, consapevole ed emozionato.
Nel giorno del ricordo dell'attentato a Paolo Borsellino arrivato 57 giorni dopo quello di Giovanni Falcone Firenze ricorda il giudice Antonino Caponnetto nel giardino a lui dedicato. C'era Eugenio Giani oggi Presidente del Consiglio Regionale della Toscana e all'epoca dell'intitolazione (come ricorda la stele) Assessore in comune a Firenze, c'era l'Assessore alla Memoria del comune di Firenze Alessandro Martini, c'era soprattutto Salvatore Calleri che nell'anticipareil rapporto 202 sulla criminalità organizzata in Toscana della Fondazione Caponnetto ha lanciato un grido d'allarme sulle infiltrazioni nell'era post covid.
C'erano rappresentanti della politica di ogni schieramento uniti nel ricordo di tre grandi uomini che hanno cambiato la storia d'Italia con il loro sacrificio. C'erano soprattutto mescolati fra la piccola folla e chiusi nei loro ricordi e nella loro commozione sopita gli uomini e le donne che ogni giorno sono in prima linea. Piccoli e sconosciuti eroi del quotidiano che con le indagini e il loro lavoro silente hanno contribuito alla lotta alle mafie. Uomini e donne della Dia che hanno indagato sulla stagione stragista ed esponenti di quelle che furono le scorte dei grandi magistrati.
Sentito il ricordo di Giuseppe Vitale, ex uomo della scorta Caponnetto che quel 19 luglio del 1992 doveva essere a Palermo nella scorta di Borsellino. Un ricordo di vita vissuta dove ancora, a distanza di 28 anni emergono chiare e tonde che tante cose non tornano e che chi sa non parla.
Peccato che non c'erano giovani, quelli a cui Caponnetto piaceva raccontare cos'è la mafia quando andava nelle scuole. Oggi nel cuore di Firenze rimane il ricordo di questi grandi uomini, questa stele nel giardino del lungarno del Tempio simbolo di legalità.