Adagiarsi all'Avana
Pasqua, tempo di vacanze. E allora noi pubblichiamo la seconda 'puntata' del diario di viaggio di una studentesa mugellana a Cuba. Per leggere la precedenti clicca qui.
Sicuramente Cuba non è un paese dei più facili.
È un paese di contrasti e di doppie realtà: se fosse un segno zodiacale, non ho dubbi, sarebbe dei pesci; e neanche mi meraviglierei troppo se, una notte, dal malecón, il lungomare, o da una delle sue calle, le strade, vedessi spuntarmi sú le due lune che tanto spesso rincorrono il mio personaggio preferito, Corto Maltese.
Vivendo la città da studente, cioè da residente temporanea, sono per molti di loro già una “cubana adottiva”, ed ho quindi il privilegio e la possibilità di vedere e di vivere i due mondi paralleli che qui si incontrano e si scontrano: il mondo degli habaneri e il mondo dei turisti. Non si tratta solo di vedere la differenza tra la città vera, vissuta e quella ammirata dai turisti, come accade anche da noi a Firenze, a Roma e in qualunque altra città, si tratta piuttosto di cogliere le sottigliezze della vita fatta di persone e relazioni tra di esse: se sei un turista, sei la prima e quasi unica fonte di guadagno in questo paese, perciò molte persone si avvicinano con “interesse”, molti comunque con dignità, altri, naturalmente, sfregandosi le mani, perché con un gringo, si sa, si possono sempre fare buoni affari…
Come studente, invece, vieni pian piano aiutato a districarti in questa doppia vita, fatta di un doppio conio, il pesos cubano, quello con cui si pagano i salari e si fanno buona parte delle spese della vita quotidiana, e il pesos convertible, originalmente parificato alla valuta statunitense, nato durante il período especial, cioè gli anni novanta, anni di vacche magre per l’economia cubana, anni in cui c’era bisogno di una moneta forte che risollevasse almeno un po’ la grigia situazione.
La moneta dei turisti, insomma, che non hanno certo di questi problemi economici, in larga maggioranza. Ma moneta anche dei cubani, moneta forte e dura, che serve per gli acquisti più importanti o di maggiore qualità, come i prodotti per la cura del corpo, gli elettrodomestici e le merci tecnologiche, ma anche i taxi ufficiali e mercati più forniti, i ristoranti, alcuni bar, e via dicendo. Figuratevi che anche per i libri esistono edizioni diverse per le due diverse monete, differenza materialmente tradotta in una diversa qualità di carta e di stampa, e non certo di contenuti, come invece accade da noi per i libri più commerciali, da vendere bene anche se non contengono niente... E per le visite ai musei, ai cinema, ai concerti e a spettacoli vari, il cubano e il turista pagano prezzi differenti con monete differenti, e dal mio punto di vista è pure giusto, ha un suo buon perché alla fine dei conti.
Tra i tanti problemi e svantaggi che l’uso di questa doppia valuta porta con sé, c’è anche una conseguenza positiva: la facilità che hanno i cubani nel fare i conti “a mente” e destreggiarsi con i numeri, naturalmente dovuta al perpetuo allenamento, capacità che a me, allergica come sono alla matematica, è ancora alquanto estranea… (Ma l’allenamento migliora anche me, incredibile no?!).
Per concludere questo argomento, mi viene da pensare che se il dio cristiano è uno e trino, quello cubano è sicuramente uno e doppio, ma non spaventa, almeno per quanto mi riguarda, anzi, magari incuriosisce e affascina quando cerco di trovare la logica che sta a monte, che non sempre è così diretta ed esplicita…
Ah… la psicologia cubana!
Cambiando tono e argomento, voglio raccontarvi un’altra realtà che mi sta a cuore:
se, come ci narrano i fratelli Cohen, gli Usa non sono un paese per vecchi, Cuba sì che lo è! Come noi tutti occidentali, segue un trend di invecchiamento generale, perché si fanno sempre meno figli, ma agli anziani si presta molta attenzione, a partire dai medici che passano a visitarli a casa regolarmente; ma non è questo il punto che qui mi interessa.
Quel che mi piace è che incontro spesso un sacco di vecchietti arzilli e allegri, e io, che ho la fortuna di vivere ancora con tutti e quattro i miei nonni, apprezzo molto questo genere di cose. Nel parco davanti a casa ce ne sono molti, alcuni dei quali si prendono la briga di tenerlo pulito, così che mi vedono sempre quando mi fermo a studiare o passo di lì, mi riconoscono e mi salutano con una gioia che mi trasmette subito buon umore.
Proprio su una panchina del parco, una mattina di sole e di studio, ho conosciuto Orange, un allegro settantenne che si è “innamorato” di me: mi ha chiesto se disturbava o se poteva parlare con me, mi ha chiesto da dove venivo e cosa facevo qui e poi, mentre se ne andava mi ha detto: “Señorita, bisogna sfruttarlo bene il tempo, altrimenti la vita passa e se ne va . È la verità più grande che io conosca!” Per quel giorno ho finito di studiare. Ma da allora Orange, ogni volta che mi vede, mi chiama, mi fa i complimenti e mi recita qualche verso a memoria dal suo vasto repertorio di poesie e canzoni. E questo non è che un classico esempio del corteggiamento alla cubana, ma fatto da un vecchietto tanto simpatico, come potrebbe non mettere di buon umore?!
Altro incontro spettacolare è stato con i genitori di Antonio, il mio prof, e in particolare con suo babbo, anziano contadino nato nel 1923, proprio come mio nonno Elio: gran chiacchierone anche lui, ha una vitalità negli occhi e nel modo di parlare da fare invidia a molti giovani. Mi ha raccontato un sacco di aneddoti che io, come mio solito, ho ascoltato con piacere, ma il bello è arrivato al momento dei saluti: mi ha improvvisato un congedo in rima, secondo la tradizionale usanza contadina della decima campesina cubana, molto simile alle nostre improvvisazioni in ottave toscane (o erano decime anche le nostre?!), che mi ha lasciato di stucco! Anche perché mi ha chiaramente chiesto di rispondergli per le rime, e, purtroppo per me, per quante ne legga, non ne avevo di disponibili da recitare a memoria, né tanto meno da improvvisare… Insomma, questa partita vecchi-giovani è finita 1-0 per loro!
Ecco, poter vivere queste piccole esperienze felici, che mi ricordano tanto l’odore di casa, in un paese così lontano mi aiuta, mi riempie il cuore e mi fa sentire a mio agio, al mio posto, a casa appunto. Mi sembra molto appropriato dire, in queste situazioni, che tutto il mondo è paese, perché in effetti tutto il mondo, a suo modo, può essere casa. Senza niente togliere, naturalmente, ci mancherebbe!
Caterina Suggelli


