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Aleppo & la Guerra Globale. Una riflessione e un'analisi

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Aleppo e la Siria sono una tragedia del Villaggio Globale? Guidate a interessi più grandi di quanto possa sembrare a prima vista dietro la retorica dell'Isis? Ecco un'interessante riflessione dello psicologo Loris Pinzani, che collabora con OK!Mugello

La prima guerra del Villaggio Globale Il 17 gennaio del 1991 è stata inaugurata la cosiddetta guerra spettacolo con l’invasione dell’Iraq da parte della coalizione guidata dalle forze USA. L’intento annunciato era quello di ripristinare la sovranità del Kuwait successivamente all’invasione subita dal raīs Saddam Hussein. In quella circostanza avvenne l’impiego di una continua ed innovativa attività mediatica che fece meritare a tutta l’azione bellica l’appellativo di “prima guerra del villaggio globale“. Gli Stati Uniti poterono mostrare la potenza muscolare esercitata sul presidente Saddam, già fortemente contestato da parte dell’ONU, ma non abbastanza per essere rimosso al termine del conflitto. Ne seguì una sanguinosa guerra civile che fece lievitare il numero già enorme delle vittime. In quella occasione fu utilizzata una eccezionale e subito efficiente attività mediatica; la macchina dell’informazione utilizzò immagini e notizie scritte e parlare trasmesse in tempo reale, creando una percezione di partecipazione in ogni abitante della terra, promuovendo ognuno al ruolo di spettatore partecipante, diretto fruitore del conflitto. Dobbiamo fare adesso un passo indietro in quello che è stato il genocidio più documentato nella storia dell’uomo; alcuni decenni prima l’attività nazista aveva mietuto milioni di vittime. Lo stupore e l’imbarazzo che questo misfatto provoca ed ha provocato è evidente e si rinnova in ogni dialogo sociale, ogni riflessione, ogni semplice analisi di un passato fin troppo recente per essere archiviato come un semplice aspetto antropologico. Ebbene, solo qualche anno dopo irruppe nel mondo dell’informazione la velocità televisiva, fino ad arrivare primi anni novanta in cui, come abbiamo appena detto, ogni notizia era divulgata mentre il fatto stesso avveniva. Fin da allora è stato in essere la quasi certezza che non si sarebbe ripetuto un dramma altrettanto vasto ed incredibile, dal momento che sarebbe stato subito osservabile e quindi ostacolato dalla semplice ragione umana, promossa da un’informazione che potremmo definire immediatamente disponibile. Naturalmente non è stato così. La prova la stiamo vivendo una volta di più in questi giorni
ALEPPO Aleppo, in Siria, è passata da essere forse la più bella e rigogliosa città della sua terra a presentarsi come una macìa di sassi scomposti che esala polvere fumosa dalle sue macerie. La straordinaria cinta muraria e la moschea maggiore sono un ricordo che è meglio non avere. Nelle strade principali tangenti il centro della città ha sfilato una colonna di autobus presto interrotta da tregue mal rispettate, di cui ognuna delle parti accusa l’antagonista. A momenti essa si ricompone per sciogliersi con il crepitare delle mitragliatrici che, indistinguibili, triturano le speranze di un popolo che attende una fine. Gli autobus che dovrebbero contenere i civili da evacuare, si ricolmano e si svuotano come ampolle di una clessidra senza più nulla da misurare. I morti contati sono un numero impressionante; una cifra che si teme di pronunciare. Cosa fare di altre decine di migliaia di morti, come giustificarli alla nostra stessa coscienza oltre che alla Ragione? PSICOPATOLOGIA DEL DRAMMA La mente di ogni individuo che prenda consapevolezza di questo eccidio può spiegare quello che accade solo con un processo psicologico che conduce forzatamente ad un senso di impotenza da cui arriva una pressante, insostenibile frustrazione. In psicologia il senso di frustrazione porta direttamente alla rabbia. Si vive questa emozione il più delle volte senza esser certi che essa esista o sia esistita, tanto essa appare quasi invisibile ed appena percettibile È necessario entrare nella dinamica di funzionamento psicologico con una metodica che non è quella che siamo abituati ad usare in altri argomenti; così accade in questo tema qualcosa di estremamente evoluto e raffinato nel funzionamento mentale umano, rivolto a rendere tollerabile proprio quella rabbia, mista alla paura per il futuro. Proprio quella rabbia che a malapena si avverte, si tramuta in una forma di aggressività. Questo accade in ogni momento dell’esistenza senza una reale possibilità di cancellare l’emozione di angoscia già passata, che si stratifica sulle altre e sprigiona aggressività oltre che aspetti fortemente depressivi. In sostanza le emozioni non si dimenticano ma si accumulano, in quel grande contenitore che è la nostra stessa esistenza, composta a sua volta da troppi aspetti assolutamente sconosciuti Di tutto questo non si ha nessun avvertimento e ogni passaggio avviene in modo totalmente inconsapevole, così si passa dal vivere la paura e la pietà per le notizie di morte, all’aggressività che domina (da sempre) il genere umano; tuttavia resta ignoto quanto l’uomo viva di pensiero e di pane e tradirne il primo fa mancare il secondo. Ancora una volta di una città sono rimasti gli scheletri e torna in mente una descrizione biblica in cui si dice che l’unica cosa rimasta in piedi sulle rive dell’Eufrate sono i “tronchi degli alberi bruciati“. I MOTIVI DEL CONFLITTO Ancora una volta ha prevalso la forza. Ora, il motivo esposto di questo immane conflitto riguarda come sappiamo la necessità di colpire l’Isis. Probabilmente l’Isis non abita Aleppo e forse non è mai stato il suo luogo elettivo, ma ancora una volta una dinamica di opposizione tra grandi potenze è stata traslocata su scala diversa, in modo che il vero significato della guerra tra le parti sia mascherato. Putin è uomo potentissimo, forse il più potente in questo momento della storia e certamente non ha tollerato nel recente passato delle cose fatte, fatte dire e dette dalla presidenza americana, oltre a quanto è importante l’avamposto in quella parte di mondo. La stessa cosa forse era accaduta durante la tempesta del deserto in cui, oltre a motivi umanitari era assolutamente rilevante la presenza di oro nero nella regione del Kuwait . Così abbiamo un altro dramma umano, un’altra fatica da portare avanti per noi tutti ma soprattutto per chi si trovi nella traiettoria di quelle bombe, di quel passaggio storico che miete giorni, speranze, vittime. La storia si ripete, proprio come gli uomini. Perché anche gli uomini ripetono le propri comportamenti e le proprie emozioni UNA VISIONE PSICOLOGICA Chiedo attenzione. Questa volta più di altre è necessaria una visione psicologica di quello che sta avvenendo e la prima cosa da rendere evidente è che i tratti essenziali degli esseri umani sono simili tra loro nelle varie parti del mondo e nei diversi periodi storici. Questo significa che la modalità di funzionamento di un abitante della Quinta Strada è identica a quella degli Etruschi oppure degli egiziani antichi. La modalità, ovvero il sistema di gestire un certo stato d’animo ed il funzionamento psicologico avvengono in modo analogo nei vari individui, quello che cambia è il valore che ognuno da a determinati aspetti della realtà quali per esempio il pietismo, il ragionamento, l’attenzione agli altri, eccetera. La storia si ripete, come fanno gli uomini che la promuovono. “Ab uno disces omnes” Virgilio faceva dire ad Enea appena dopo la battaglia di Troia e solo pochi righi accanto il saggio Laocoonte avvertiva i suoi concittadini affermando “Temo i greci anche quando portano doni“, avvertiva lui davanti al cavallo di Troia pieno di soldati nemici che li avrebbero assaltato e vinti entro poco. “Da uno conoscerai tutti” aveva detto Enea. Tutti e due parlavano degli uomini che, greci oppure no, sono simili tra loro e non comprendono i semplici disegni di umana (pre)potenza (spesso) presente nelle azioni sia dell’individuo che degli stati.

 

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