
L’alluvione che ha colpito Contea ha lasciato dietro di sé non solo devastazione e danni incalcolabili, ma anche un profondo senso di abbandono e indignazione tra i residenti. A simboleggiare questa frustrazione, l’immagine di Claudio Falaschi, storico macellaio del paese, ritratto tra le montagne di materiali alluvionati provenienti dagli appartamenti e garage devastati dall’acqua. I detriti sono stati ammassati in attesa della rimozione, ma la lentezza degli interventi e il mancato ascolto delle segnalazioni nel corso degli anni fanno esplodere la protesta.
Falaschi, infatti, dal 2006 segnala ripetutamente la necessità di interventi di manutenzione sugli argini dei fiumi, denunciando lo stato di incuria in cui versavano i corsi d’acqua della zona. Una denuncia rimasta inascoltata, fino al disastro di questi giorni che ha visto l’acqua tracimare e invadere case e strade.
Il Consorzio di Bonifica, ente preposto alla manutenzione dei fiumi e dei torrenti per prevenire esondazioni e limitare i danni idrogeologici, è ora al centro delle critiche. Ogni anno, tutti i cittadini sono obbligati a pagare una tassa destinata alla manutenzione dei corsi d’acqua, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti: argini trascurati, mancati interventi e un territorio lasciato alla mercé del maltempo.
L’accusa che si leva dai residenti è chiara: quei soldi servono solo a mantenere poltrone politiche anziché garantire la sicurezza del territorio. Se gli interventi di prevenzione fossero stati eseguiti in modo efficace, forse Contea non si troverebbe oggi a spalare fango e a contare i danni.
Ora la comunità chiede risposte e azioni concrete: la rimozione dei materiali alluvionati è solo il primo passo, ma il vero problema è strutturale. Senza un serio piano di manutenzione e prevenzione, tragedie come questa continueranno a ripetersi, con i cittadini sempre più soli a fronteggiare emergenze che non sono più né eccezionali né impreviste, ma il frutto dell’incuria e della cattiva gestione del territorio.