x
OK!Firenze

Anche a noi piace Cienfuegos

  • 115
Anche a noi piace Cienfuegos Anche a noi piace Cienfuegos
Font +:
Stampa Commenta

Cienfuegos è una bella cittadina, dove il tempo corre più lento e ti senti il benvenuto.

Non è turistica come Trinidad, ma altrettanto graziosa, e fortunatamente è rimasta più nascosta, protetta dalla maggior popolarità della sua vicina, giusto al di là della Sierra dell’Escambray.

Si sente ancora respiro di casa nell’avvolgente abbraccio della terra al mare, tra il massiccio montuoso e la terra paludosa della Cienaga de Zapata, meglio conosciuta per i fatti della Baia dei Porci. A pensarci ora, pare persino impossibile che il mondo sia stato sull’orlo di una crisi di nervi in un luogo tanto rilassante e paradisiaco!

Dopo aver fatto un giro e preso confidenza con la città, per il secondo giorno decidiamo di buttarci su una meritata spiaggia tropicale. Le belle spiagge si trovano tutte fuori dalla baia di Cienfuegos, tanto chiusa che la senti quasi più a sapor di lago che di mare. Dopo qualche chiacchera con la gente del posto, ci decidiamo per Rancho Luna, 20 km più a sud.

Certo, raggiungerla in taxi in un quarto d’ora come ogni turista normale, ormai lo sapete, non ci permette di gustarcela a pieno e di sentire sulla pelle di che pasta è fatta questa Cuba. Così ci dirigiamo alla stazione dei pullman e ci tuffiamo nell’interminabile coda calda e sudaticcia che aspetta il camion per Pasocaballos. Dopo un tempo lungo passato a cercare riparo dal sole a picco, finalmente il megafono urla la nostra meta, così ci ritroviamo tra la fiumana di gente pronta a salire: posti in piedi, anche perché quelli a sedere sono giusto una quindicina ai due lati del cassone, e naturalmente anziani, bambini e donne incinte hanno la precedenza.

Viaggiare in piedi appare a prima vista scomodo, ma in realtà ha i suoi vantaggi: prima di tutto prendi il vento in faccia, che con questo caldo è davvero piacevole, fosse solo perché ti permette di riposare gli avambracci dai movimenti ritmici del ventaglio; poi, per chi come noi non conosce la zona, ti permette di guardare fuori e ammirare il paesaggio che cambia sotto i tuoi occhi: dal tipico centro cittadino in stile coloniale si passa alla periferia residenziale, poi a quella industriale, per inoltrarsi infine nella campagna caraibica fatta di dolci colline da cui spiccano palme reali spilungone, piantagioni di vario tipo, fiumi che strisciano e creano piccole e rigogliose giungle piene di vita sparse qua e là. Quando appaiono le prime mangrovie, allo stesso tempo si inizia a percepire il salmastro nelle narici, e dopo un respiro profondo a occhi chiusi, ti ritrovi all’improvviso di fronte al Mar dei Carabi che ogni volta lascia a bocca aperta…

Il sole allo zenith rende ancora più brillanti i forti colori di queste latitudini, i tuoi occhi si sentono invitati alla festa e dopo qualche minuto di timidezza dietro gli occhiali da sole, si liberano abbagliati dal bianco candore della sabbia che si scioglie nelle mille tonalità di blu che il mare le regala e che sembra voler competere con l’azzurro sfacciato del cielo…

Non ci sono parole per certi spettacoli.

Anche in spiaggia buona parte dei cubani appare curiosa da osservare con occhi europei; si vedono molti costumi da bagno, chiaramente, ma anche molte persone che fanno il bagno in mare nei modi più bizzarri: ho visto un uomo con il costume e i calzini ai piedi, un altro con addirittura le scarpe, ragazzi in jeans e occhiali da sole, molti con il cappello, alcune vecchiette completamente vestite, e addirittura una ragazza con jeans corti equipaggiati di cintura di pelle e super fibbia di metallo. Per non parlare poi di tutti quelli che in acqua si portano cibo, lattine, bottiglie di rum e sacchetti di rositas de mais, i pop-corn.

Ma in tutta questa fantasia bagnante nessuno nuota. Non ho visto nessun cubano che si facesse una bella nuotata così per il piacere di farla. Insomma: qui il mare sembra semplicemente un prolungamento della spiaggia in cui cercare un po’ di refrigerio; quel che sulle spiagge europee siamo soliti fare sul bagnasciuga, qui lo si fa qualche metro più giù, direttamente dentro l’acqua. Che strani mi appaiono a volte questi cubani!

Tra i vari strani personaggi che popolano le coste di Cuba, ci siamo imbattuti in Xavier, cameriere e custode di dieci metri di spiaggia, che sbarca il lunario proponendoti cocco gentilmente offerto dalla palma alle tue spalle, aragosta fresca e un sacco di racconti, che nient’altro sono che i suoi sogni in fin dei conti... Ci racconta che si è sempre arrangiato con qualsiasi tipo di lavoro, dall’agricoltura all’edilizia, e ora fa il cameriere tuttofare in questa splendida spiaggia non ancora colonizzata dal turismo, ma la sua passione è l’archeologia, tanto che con un gruppo di amici si dedica alla ricerca dei “tesori dei pirati”. Lì per lì mi viene da pensare alle solite vecchie storie per intrattenere i turisti, così proseguo un po’ cinica nell’ascolto, ma quando mi inizia a parlare di archivi, musei, comuni, cartine, enti statali, investimenti stranieri e metal detector, la cosa si fa più interessante: mi ricorda le misteriose storie che, una sera d’estate di qualche anno fa, davanti a una baia certo non meno affascinante di questa, mi aveva raccontato Beppino, uno tra i più conosciuti e anziani tombaroli di Baratti, un simpatico vecchietto che mi fece conoscere la storia e gli studi che il gruppo di ricerca archeologica dell’Università di Firenze stava portando avanti sulla Morina di Baratti. Ma questa è un’altra storia…

Xavier, invece, mentre apre con il machete una dissetante noce di cocco, mi racconta di come è nata la sua passione e di come si districa tra libri di storia, leggende locali, leggi e mercato nero di beni archeologici. Il suo gruppo di ricerca è nato per passione: si leggono libri, si studiano le antiche mappe del territorio, si visitano musei territoriali e si scartabellano archivi documentali in cerca di informazioni precise sulle rotte marittime, i tratti di costa più battuti, le insenature scelte come scalo e punto di sosta dalle navi delle varie marine ufficiali e dai bucanieri; poi inizia la ricerca sul campo, sopra e sotto il mare. All’inizio, da ragazzini, lo facevano quasi per scherzo, poi, quando si sono ritrovati tra le mani una serie di stoviglie e armi da taglio del XVIII secolo, hanno iniziato a prenderli sul serio e a proporre collaborazioni con l’Università cubana e altri centri di ricerca stranieri. Chiaramente, non hanno tardato ad arrivare anche proposte di commercio per il mercato nero, soprattutto tramite stranieri più o meno ben ammanicati, ed è così che si sono ritrovati forniti di metal detector, equipaggiamento da sub e stimoli economici “invitanti” in un paese per lo più estraneo alle logiche di mercato occidentali. Notandomi molto contrariata per quanto riguarda tutta la parte del commercio illegale, mi dice che oggi lavorano soprattutto a fianco del gruppo di ricerca dell’Università, che gli scavi sono molto controllati dalle istituzioni, ma che ancora cercano di vendere qualche pezzo a chi sanno loro…

“Perché di passione mica si mangia” mi diceva Beppino quando parlava dei duri anni del nostro dopoguerra. “E quando entri dentro a questi meccanismi è difficile poi uscirne, puoi capirmi, tra avere un compenso sicuro -anche se poco etico, dico io- per quel che fai, e farlo solo per la gloria, non è così difficile scegliere”.

E dallo sguardo furbetto che mi manda Xavier m rendo conto che anche nel suo caso non sia molto difficile scegliere…

 

Lascia un commento
stai rispondendo a