Nato in una famiglia facoltosa, non voglio certo oggi elencarvi qui tutte le opere e le sue vicende storiche che troverete ampiamente trattate in tanti testi, tra cui il “mio” FURONO PROTAGONISTI. Andiamo invece qui insieme alla scoperta del Corsini uomo, un personaggio che ebbe nella sua vita diversi scontri, prima con il padre e poi con le donne.
Ma procediamo con ordine.
Nato come diversi altri fratelli dalla nobile Alessandra Forasassi e da Anton Francesco, passò un’infanzia felice a Camoggiano, dove la famiglia possedeva una ben avviata fabbrica di stoffe in tela di lino. Il padre era davvero un buon’uomo, tanto che era sempre il primo a pagare le tasse da bravo cittadino; circa 45 ducati, una cifra notevole al tempo.
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Socievole con parenti e amici, finì per essere chiamato da tutti “Cecco il buono”. S’incavolò soltanto quando Bartolomeo non voleva saperne di andare all’università di medicina a Pisa. Quello che per il giovane era diventato l’”autoritario padre” finì per metterlo a stecchetto. Bartolomeo s’impuntò, e alla fine andò a vivere in una casa di campagna sul poggio detto Turlaccio e poi nella villa "Domus Quietis", proprio vicino alla frazione di Cavallina; la villa diventò per Corsini il punto di riferimento dell’intera vita.
Il buon Cecco, ovviamente, ci mise poco a perdonarlo, specie dopo aver letto le sue poesie per le quali il giovane dimostrava una sincera e convinta attitudine. Una delle sue prime opere furono gli “Annali di Barberino” cui lavorò pare undici anni con risultati assai deludenti. Con le traduzioni e la poesia andava meglio, e riuscì a frequentare l’Accademia della Crusca probabilmente “agevolato” dal potere economico e sociale del bonario genitore.
Sappiamo anche che recitò e fece il direttore di commedie nella sua Barberino. Religioso, casto nei costumi e di mezza statura, aveva un carattere ritirato che lo portò a incupirsi e chiudersi in casa, sospettoso verso tutti e tutto, fino alla morte, avvenuta nella sua abitazione nel 1673. Ma quel comportamento da orso eremita era in gran parte dovuto alle donzelle.
Sì, perché dovete sapere che c’era stato un tempo in cui il Corsini se la godeva alla grande. A Pisa nel 1626 aveva perso la testa per una studentessa e si era “infrascato” per mesi, tanto che il Baccini scrive che a Pisa restò “più a lungo di quanto occorresse”, e ciò spiegherebbe l’ira del padre.
Vent’anni dopo s’invaghì di una giovane fiorentina trascurando e straziando tutte le sue composizioni. Infine, arrivò il 1653 quando si sposò, lui 47enne con la diciassettenne Margherita di Simone Ricoveri, da cui ebbe anche un figlio. Insomma, le donne fin troppo giovani rappresentavano il suo ideale erotico, filo conduttore di poesie, rime e perfino del Torracchione desolato, il suo capolavoro, in cui scrisse riferendosi alla protagonista Elisea: “..prendetevi di lei gioia e sollazzo, fate di lei per forza ogni strapazzo”.
Ma lui di strapazzi ormai ne faceva davvero pochini, tanto che la giovane sposina si stufò di quella vita ritirata e iniziò a tradirlo per poi lasciarlo definitivamente. Un eremita dunque, che un tempo era stato un “letterato erotico”; e, visto com’erano andate le cose, non c’è da stupirsi se nei suoi scritti troviamo una punta di rancore e d’amarezza verso quell’universo femminile che aveva tanto amato, ma da cui alla fine era rimasto profondamente deluso.