La Ultra Trail Mugello, una manifestazione sportiva incastonata nella bellezza dei nostri Appennini, organizzata da una squadra di amici che hanno saputo costruire un gruppo bene organizzato per far conoscere e vivere delle emozioni forti nel nostro Mugello. Questa seconda edizione non si è misurata soltanto con il numero maggiore di partecipanti, ma anche e soprattutto con le tante storie di coloro che avendo vissuto questa emozione desiderano raccontarla. A seguire pubblichiamo l'esperienza di un volontario della Ultra Trail Mugello, Lorenzo Manfriani, appassionato di sport outdoor come lo sci alpinismo, l'arrampicata e le Ultra Trail. Manfriani ha svolto il compito di "scopa": termine che indica le persone che chiudono il serpentone dei partecipanti ed al tempo stesso ripulendo il percorso dai segnali e cartelli d'indicazione lasciando così inalterato e pulito il territorio utilizzato dalla manifestazione sportiva. E, nello svolgere questa attività, ha incontrato una persona speciale, che ha descritto nel seguente racconto. Una storia che corrediamo (oltre che con l'immagine innevata in evidenza) con una galleria di foto pervenute da Paola Barletti. Scatti che ritraggono alcuni partecipanti al trail al guado delle "lastre" sul Fiume Rovigo. Buona lettura:
Ho saputo la storia di una donna.
Ho partecipato come 'scopa' all'Ultra Trail Mugello di quest'anno, la seconda edizione della corsa a piedi di 60 km e 3200 mt di dislivello positivo, che si è tenuta il 2 maggio scorso nel cuore dell'Appennino Tosco-Romagnolo, all'interno del Demanio Giogo-Colla, organizzata dalla Mugello Outdoor ASD, e nata dall'idea di Piero Sisti e Giovanni Zorn.
Le 'scope' sono incaricate di chiudere la corsa, rimanendo dietro all'ultimo atleta ed evitando che rimangano corridori lungo il percorso. La gara deve essere completata entro un tempo massimo, il cui rispetto è garantito dalla presenza di diversi 'cancelli' orari lungo il percorso che i concorrenti devono superare entro un tempo stabilito, pena l'obbligo di abbandonare la competizione. La 'scopa' deve dunque preoccuparsi che oltre questo termine non vi sia più nessuno sul tracciato.
A me e a Luca Del Tempora toccava il primo tratto, di 37 Km, dalla Badia di Moscheta, dove si trovano sia la partenza che l'arrivo, fino a Prato all'Alberto, dove era posto il secondo cancello orario.
Mentre con Luca facevamo il nostro tratto da scope, abbiamo accompagnato per un pezzo una ragazza, signora non più giovanissima, ma sicuramente dal cuore ancora di fanciulla.
Parlando un po', ci raccontava di essere stanca perché aveva corso anche la settimana prima, e ci diceva che nel suo paese (che non dirò qual'è, ma che è molto a nord, in cima all'Europa) c'è meno fango che in Toscana. Che ama la nostra terra per il sole e che con il marito vorrebbe comprarci casa.
In quel momento era ultima, lo è stata per un lungo tratto, e io ero sinceramente convinto che non sarebbe riuscita a portare in fondo la gara. Lo confesso, avevo detto che per me era il caso di fermarla al cancello di Prato all'Albero, perché mi pareva troppo provata per continuare, e mi preoccupava che continuasse.
Invece, ha passato il cancello un minuto prima che chiudesse, ma un minuto davvero, non per modo di dire. Ed al cancello hanno dovuto lasciarla passare.
Nel tratto successivo, dopo che avevamo lasciato le nuove scope, con quelli che nel frattempo erano diventati gli ultimi e mi sono avviato verso il traguardo, l'ho superata e le ho augurato buona fortuna. Mi ha salutato con un sorriso, mi ha ringraziato e mi ha detto che era felice.
“See you next year”, mi ha urlato.
Era completamente fradicia e correva tutta piegata d'un lato, con una spalla più bassa dell'altra.
Quando sono arrivato a Moscheta, il marito era seduto su un masso, lungo il fiume nell'ultimo tratto prima dell'arrivo, in attesa. Appena mi ha riconosciuto (ero stato un tratto anche con lui, ma poi si era ritirato ad un ristoro, perché aveva dolore alle gambe ed era sfinito), mi ha domandato della moglie. Come gli ho risposto che aveva continuato e che aveva superato i cancelli, ha urlato (nel vero senso della parola) di gioia, alzando le braccia al cielo in segno di vittoria, e mi ha detto che la moglie era molto testarda e che si auguravo che riuscisse ad arrivare al traguardo.
Ebbene, non solo è arrivata, portando in fondo questi durissimi 60 km nel fango toscano, e anche in anticipo sul tempo massimo, ma lo ha fatto dando prova di una forza e di un carattere davvero notevoli.
Ho infatti saputo che il marito, al ristoro dove si era ritirato, ha raccontato che due anni fa, durante una corsa, si era rotta una spalla (forse per questo correva tutta storta), e poi un polso in bicicletta. Ma non solo, operata di tumore al seno, era tutt'ora in cura farmacologica. Che dire?
Una donna.
Un esempio per tutti, e il miglior ringraziamento per tutti noi che abbiamo contribuito ad organizzare quest'evento.
Grazie, davvero grazie.
Cara amica, spero di cuore di rivederti il prossimo anno, e che la vita d'ora in poi ti sia più lieve.