Gli investigatori della Polizia Postale e delle Comunicazioni di Firenze, con il coordinamento della Sezione financial cybercrime del Servizio Centrale della Polizia Postale in Roma, hanno eseguito questa mattina la misura cautelare del divieto di esercitare attività d’impresa e di ricoprire uffici direttivi di imprese, emessa dal giudice per le indagini preliminari dott. Gianluca Mancuso, nei confronti di un 34enne della provincia di Firenze, amministratore unico di una società italiana che gestisce una piattaforma di scambio di cryptovalute (exchange), ritenuto responsabile di una frode informatica da 120 milioni di euro, di bancarotta fraudolenta e di auto riciclaggio.
L'uomo, come riporta l'edizione online del Corriere della Sera, ex programmatore informatico e tra i primi in Italia a creare una 'banca' di criptovalute. Era diventato un personaggio internazionale. Secondo gli investigatori : "per cercare di tirarsi fuori, aveva denunciato l’ammanco pur, sempre secondo l’accusa, sapendo di esserne il principale protagonista. Nel giugno del 2018, incalzato da polizia postale e procura, aveva fondato la sua piattaforma di criptovalute a Firenze nell’aprile 2017, e diceva di essere stato tra i primi a scoprire la criptovaluta Nano, con una straordinaria ascesa del suo valore. Poi il colossale furto e i guai".
Per la prima volta in Italia e in Europa sono state documentate condotte fraudolente e distrattive in danno di investitori, poste in essere integralmente su piattaforme informatiche e con l’impiego di monete virtuali.
La complessa e delicata indagine svolta dal Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni di Firenze è stata avviata nel febbraio del 2018, a seguito di una denuncia presentata dall’uomo, amministratore unico della piattaforma di exchange, relativa al furto di un’ingente somma della cryptovaluta denominata “NANO” XRP per un controvalore di circa 120.000.000 di euro, realizzato sfruttando un bug del protocollo Nano ed effettuando illecite transazioni, tutte relative a gennaio 2018.
Le indagini svolte hanno infatti evidenziato che le illecite sottrazioni di cryptovaluta sarebbero avvenute in più volte, a partire dal giugno 2017, e che l’uomo, consapevolmente, non le avrebbe impedite omettendo di implementare la sicurezza della piattaforma con uno dei metodi disponibili, procurando così agli hackers, non ancora individuati, un enorme ingiusto profitto, per l’ammontare di circa 11.500.000 XRB, equivalenti a circa 120.000.000 di euro, danneggiando più di 230.000 persone in tutto il mondo (peraltro con l’aggravante di aver commesso i fatti con abuso della qualità di operatore del sistema).
Nel tenere aperta la piattaforma, nonostante avesse individuato i prelievi illeciti di Nano Moneta, e non informando il Team Nano, la community e gli users degli ammanchi verificati, quanto meno dei prelievi di ingente quantità avvenuti a luglio e ottobre 2017, l’indagato avrebbe continuato ad attrarre nuovi utenti, passati nell’arco di pochi mesi da 70.000 a circa 217.000, approfittando altresì della circostanza dell’incremento crescente di valore della cryptovaluta (basti pensare che - sulla base di quanto riscontrato dalla Polizia Postale - tra il 14 e il 31 dicembre 2017 il valore del cryptocoin XRB Nano è passata da $ 3,17 a $ 20,45, con un incremento differenziale maggiore del Bitcoin), pur essendo consapevole della mancanza di fondi in XRB sufficienti alla copertura dei wallets personali delle migliaia di utenti della piattaforma, su scala mondiale, procurando a sé un ingiusto profitto corrispondente ai profitsricavati dai depositi e dal trading, in vertiginoso aumento nel periodo intercorrente tra dicembre 2017 e febbraio 2018 proprio in corrispondenza dell’exploit dell’XRB (Nano) sul mercato. D’altro canto va evidenziato, secondo quanto accertato dagli investigatori, come gli utenti per acquistare XRB Nano, nel periodo intercorrente tra il 1 dicembre 2017 e il 28 febbraio 2018, abbiano movimentato e versato BITCOIN per un valore equivalente a 593.527.000 euro. A tale afflusso e alle conseguenti operazioni sarebbe corrisposto l’incremento delle sue commissioni.
Gli investigatori inoltre, attraverso complessi accertamenti informatici e analisi di operazioni bancarie online, con la collaborazione dei funzionari dell’UIF (Unità di Informazione Finanziaria) della Banca d’Italia e della Sezione di PG - aliquota Guardia di Finanza della Procura di Firenze, hanno accertato che l’uomo, tre giorni prima della presentazione della denuncia,avrebbe trasferito sul proprio conto personale, incardinato presso una società estera di digital currency exchanger, ben 230 cryptomonete Bitcoin BTC (che al cambio nel periodo di riferimento corrispondevano a circa 1.700.000 euro), riconducibili ai clienti della piattaforma di scambio.
Sulla base di quanto emerso, 3652 indirizzi su 3890 totali, che hanno originato le transazioni presenti sul conto personale, sono risultati essere presenti all’interno del database della piattaforma di exchange, peraltro non rilevabili dalla consultazione delle banche dati afferenti alle disponibilità monetarie e finanziarie tradizionali, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Valori che la persona indagata, nel mese di maggio 2018, in parte avrebbe trasformato in moneta legale convertendola nella somma di 514.690 euro attraverso operazioni di trading. Successivamente avrebbe cercato a più riprese di prelevare, nel tentativo di “svuotare” il conto.
Il tempestivo intervento dei PM titolari dell’indagine ne ha impedito la distrazione, attraverso il sequestro di tutti i conti dell’indagato, comprese le risultanze in cryptomoneta fino al controvalore di 120.000.000 di euro (somma corrispondente all’esposizione debitoria).
Senza dubbio si è trattato di un’operazione articolata e complessa, di cui non esistevano precedenti, eseguita per la prima volta in Europa con tecniche innovative dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni di Firenze, attraverso l’ideazione di un protocollo per il trasferimento della criptomoneta posta sotto sequestro.
Inoltre, nel corso delle indagini, sono stati eseguiti sei decreti di perquisizione emessi a carico dell’indagato, dei suoi soci e collaboratori, con il sequestro di un elevato numero di dispositivi informatici (PC, hard-disk, pendrive).