Il film su Rita Levi Montalcini andato in onda con successo ieri sera, rende omaggio al genio del Premio Nobel per la medicina.
E' stata la fiorentinissima Elena Sofia Ricci ad aver dato il volto a questa straordinaria donna del Novecento Innamorata della scienza e profondamente convinta che il suo scopo nella vita fosse quello di mettersi al servizio della comunità.
Una donna modernissima, forse troppo per il suo secolo dato che in nome della scienza rinunciò a matrimonio e figli profondamente legata anche a Firenze come leggerete.
Era ancora giovanissima quando andò contro la volontà di suo padre e chiarì che non sarebbe diventata né moglie, né madre.
E così, iniziò quella che definì tanti anni dopo in un intervista rilasciata a Pippo Baudo la sua “luna di miele con il cervello”.
Nata nel 1909 a Torino, in una famiglia ebrea dal padre Adamo ingegnere elettrotecnico e la Adele pittrice. Aveva tre fratelli: Gino, Anna e la sorella gemella Paola.
Era il 1930 quando Rita prese la decisione di studiare medicina anche se il padre, però, non era affatto d’accordo. Ai microfoni della Rai, la scienziata raccontò: “Mio padre reputava difficile conciliare la vita di madre e di moglie, con una vita di lavoro. Era contrario, non lo accettava. Un giorno gli ho detto che non volevo diventare né moglie, né madre e gli chiesi il permesso di fare quello che volevo. Mi disse: ‘Non ti approvo, ma non posso impedirtelo'”. Così, cominciarono i suoi studi universitari e sei anni più tardi, nel 1936, conseguì la laurea in Medicina e Chirurgia con 110 e lode.
Quella decisione così forte ai suoi tempi di rinunciare a una vita nuziale e alla possibilità di avere dei figli la professoressa non lo ha mai considerato un sacrificio. Al contrario, riteneva di aver fatto tutto ciò che desiderava: “Anche il non matrimonio rispondeva alle mie esigenze di dedicarmi alla scienza. Avevo un giovane compagno che voleva sposarsi a tutti i costi. Ho rifiutato il matrimonio. Se sono stata innamorata? No. Ho avuto delle forti amicizie e basta”. Tra le amicizie a cui teneva di più, quella con Renato Dulbecco, biologo e Premio Nobel per la Medicina nel 1975. Altro grande amico della Professoressa è stato Primo Levi che stimava molto e ne evidenziava spesso la levatura morale e la capacità di non rinunciare ai suoi valori nonostante l’abominio vissuto nei campi di concentramento.
Anche Rita Levi Montalcini ha dovuto fare i conti con le leggi razziali, che la costrinsero nel 1939 a scappare in Belgio. Poi tornò a Torino e infine, si nascose a Firenze.
Ma neanche in quel tragico momento smise di compiere i suoi studi, allestendo un piccolo laboratorio privato: “A sostenermi nei tragici momenti della persecuzione sono stati la fiducia e l’ottimismo in me naturali. Mi hanno portato a non perdere la speranza, a vivere con serenità anche i momenti difficili”.
Al di là degli indiscutibili meriti scientifici di Rita Levi Montalcini vogliamo ricordare oltre al suo legame con Firenze dove si nascose negli anni più difficili il messaggio che a noi è rimasto postumo verso le donne mai come oggi attuale all'indomani della giornata contro la violenza di genere. Quelle donne spesso trattate “come un oggetto di lusso o da distruggere” raccontava.
Così, ha sempre colto ogni occasione per incoraggiarle a non lasciarsi ostacolare da nessuno e a non credersi mai inferiori agli uomini: “Dalle donne mi aspetto che si rendano conto dell’enorme potenziale umano che è in loro, mai utilizzato perché sottomesse all’altro sesso. Non per inferiore capacità, ma per diritto della forza fisica, non mentale”.
Rita Levi Montalcini: una donna del suo tempo e quel legame con Firenze
Dopo il successo del film Tv andato in onda ieri sera in cui era interpretata dalla fiorentina Elena Sofia Ricci ecco una breve storia della grande italiana
ven 27 novembre 2020- 321