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Una mostra fotografica racconta il movimento omossessuale

Uno spaccato della presa di coscienza del movimento degli anni'70 e '80 negli scatti di Giovanni Rodella alla Galleria Immaginaria.

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In una mostra il mondo omosessuale In una mostra il mondo omosessuale © ufficio stampa
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E' un com'eravamo fotografico davvero inedito e interessante la mostra fotografica che si inaugura martedì 11 gennaio alla Galleria Immaginaria di Firenze.
"Come eravamo - La presa di coscienza del movimento omossessuale italiano dal 1970 al 1980" il titolo della mostra con gli scatti del fotografo mantovano di nascita ma fiorentino d'adozione Giovanni Rodella  accompagnati dai testi di Ivan Teobaldelli.

Gli scatti di Rodella sono il frutto di un percorso storico della comunità gay oggi riconosciuta nella sigla Lgbt+. Una mostra documentaria che ripercorre gli anni in cui prese il via quel percorso di libertà, dall’antirazzismo, all’antimilitarismo, dal femminismo, alle battaglie per i diritti civili, che fu il primo passo verso la società globalizzata, dove il corpo raggiunse una sua funzione identitaria: si liberarono i sensi, caddero le inibizioni furono così esorcizzate le proprie insicurezze.

In alcune foto, infatti, la scelta del nudo, fu una libera espressione, per nulla “forzata”; ed è tuttora la conferma che non vi dev'essere censura o proibizione di sorta, nella convinzione che sono ”altri” i problemi per cui la società si deve occupare.
Oggi la partecipazione alle manifestazioni per le rivendicazioni dei diritti LGBTQI+ è di massa ovunque, ma così non lo era decenni fa.
Ripercorrendo gli scatti eseguiti durante quei primi eventi pubblici, che furono anche i primi dell’esperienza professionale di Giovanni Rodella, riemerge una frenesia liberatoria, oggi difficilmente riproponibile.
Di formazione fotografica documentaria per i beni culturali, Rodella si è aperto anche al ritratto, distinguendosi nella editoria LGBTI+ con foto pubblicate su Revolt, Babilonia, Clubbing e Pride, documentando gli eventi del movimento fino ai giorni nostri.

Una mostra da non perdere per comprendere l'evoluzione del costume e della società degli ultimi cinquant'anni.
 

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