In Italia, a pensarci bene, in ogni momento ci sarebbe qualche anniversario da celebrare o almeno da ricordare.
Ma parliamoci francamente … non si può stare dietro a tutto ed in fin dei conti, di quel “tutto” poco ci riguarda e gli svariati cinquantenari, centenari o duecentenari inevitabilmente si riducono - se si vuole vanitosamente risultare “informati” - ad aneddoti da bar o salotto.
Ma consentitemi di fare l’antipatico e di scrivervi di come casualmente abbia scoperto - leggendolo in treno - che quest’anno è il centocinquantesimo anniversario di un’associazione, un club per la precisione, che in qualche modo dovrebbe interessare i numerosi escursionisti o semplici amanti della natura presenti nei nostri centri.
Quante volte nel percorrere i sentieri di montagna in mountain bike, moto cross, cavallo o più semplicemente come me ... a piedi, ci siamo dovuti affidare - per trovare la giusta via tra i boschi - a quei segnali dal caratteristico colore bianco e rosso? Non scherziamo: ho interpellato anche i più assidui ed esperti frequentatori delle nostre “giogaie” appeniniche come boscaioli, pastori o cacciatori i quali a bassa voce - per non farsi sentire da orecchi indiscreti - mi hanno confessato che i segnali del CAI, spesso e volentieri, sono stati di aiuto anche a loro soprattutto in quei giorni dove la nebbia “si affetta”.
Il CAI, acronimo di Club Alpino Italiano, venne fondato a Torino da Quintino Sella - noto personaggio politico - nel 1863. Da allora, tanta neve è caduta sui nostri rilievi dalle Alpi all’Etna e questa associazione di amanti delle montagne è diventata sempre più importante. La storia del CAI è piena di aneddoti ed é impossibile citarli tutti. Cambiò nome - onde evitare esterofilia - durante il Fascismo in “Centro Alpinistico Italiano”, annoverò tra i suoi membri illustri personaggi e, nella sua vita, questo Club accolse tra i suoi ranghi il confluire di altre celeberrime associazioni di simile scopo. Per quanto riguarda la sua struttura amministrativa, c’è da segnalare che da tempo la sua sede centrale da Torino si è spostata a Milano e che sono presenti varie sue sezioni sparse per la nostra penisola.
I compiti e gli obiettivi di questa nobile unione di appassionati dei monti sono molteplici e penso che tutti li conoscano.
E’ struttura del CAI il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, in cui operano numerosi tecnici e volontari che, con il loro operato, hanno aiutato ed aiutano a risolvere le tante situazioni che vedono escursionisti - e non solo - in difficoltà. Fanno parte del Club Alpino Italiano anche scuole di alpinismo, scuole di arrampicata in tutte le sue fattispecie, scuole di sci, gruppi alpinistici, etc. Per i più interessati, all’interno di alcune Sezioni Nazionali sono presenti biblioteche specializzate e musei della montagna. Il CAI collabora anche con molteplici associazioni alpinistiche internazionali e chiaramente tra i suoi soci si annoverano importantissimi esperti delle discipline alpinistiche a livello mondiale.
Ma per persone come me, che purtroppo passano il loro tempo a passeggiare tra strisce pedonali, sali e scendi dai marciapiedi, slalom tra autobus e corse ai semafori, il CAI è famoso perché provvede a realizzare - laddove non ci siano - ed a mantenere in buono stato i sentieri montani, si occupa della predisposizione di rifugi e della messa in sicurezza ed organizzazione di molteplici attrezzature per le attività alpinistiche. Con circa 60.000 km di tracciati segnalati nel nostro territorio nazionale, il CAI consente a tutti, esperti e meno, di usufruire in svariate forme ed in sicurezza delle bellezze naturali che ci circondano. Tantissimi sono i sentieri, numerati e segnalati con sigle che ne indicano le difficoltà e tanti sono i percorsi, come per esempio: GEA Grande Escursione Appenninica, ( che coincide con una imponente via sentieristica di seimila Km che percorre mezza Italia, chiamata Sentiero Italia S.I.) di cui fa parte il tracciato, diviso in tappe, Passo del Muraglione - Passo della Futa. E’ soprattutto grazie al CAI che l’escursionismo è possibile per i profani della disciplina, consentendo anche a noi abituati ad ammirare le siepi mezze secche di certe piazze cittadine fare ombra a qualche spennacchiato piccione, di poter usufruire con la famiglia, gli amici o soli di una bella scampagnata all’aria aperta tra la vera natura … sui nostri crinali.
Un’ultima nota di colore: mi è capitato di ritrovare a casa mia a Ronta un libretto del CAI Firenze - dei primi del ‘900 - dove venivano riportati i resoconti di così dette “escursioni” che all’epoca sembravano difficili quasi come una scalata del Monte Bianco ... trattavano di girate sull’Abetone o più semplicemente sui monti sopra il Passo della Sambuca o della Colla, ora queste pagine fanno sorridere. Per quanto riguarda una relazione sulla storia del CAI legata al Mugello, bisognerebbe chiedere al nostro Aldo Giovannini ed alla sua profonda conoscenza del Messaggero del Mugello.
Ma ora a me basta pensare che in un epoca di cementificazione materializzata in monotone villette a schiera e viadotti autostradali, da centocinquant’anni, generazioni di persone si sono unite con lo scopo di tutelare e rispettare i nostri paesaggi più cari.
Pier Tommaso Messeri