In viaggio dalla Maremma al Mugello. Storie di transumanza dimenticata... © n.c.
Spesso e volentieri è utile scartabellare tra le "dimenticate carte". E dico questo non solo per farmi forza - io tra libri e documenti polverosi ci passo tante ore al giorno- ma perché ogni tanto capita che quello che all’apparenza può sembrare solamente un insignificante "pezzo di carta" dalla calligrafia malferma, riveli al contrario storie inaspettate. Ecco, dopo aver scritto ciò, vi aspetterete che io brami dal presuntuoso desiderio di divulgare delle scoperte strabilianti che cambieranno il mondo ... Niente di tutto questo, non ho trovato proprio niente! Ma continuo a cercare.. Comunque, in una di quelle notti insonni che caratterizzano la vita di un "precario" mi sono ritrovato “nell’ antica" casa di Ronta, a sfogliare vecchi registri appartenuti a chissà quali generazioni passate. E così tra le dita, mentre il rumore della carta mi accompagnava nella riflessione su quello che scorrevo con gli occhi: Piantine di Poderi, lettere, ingiunzioni, saldi colonici, etc., il mio sguardo si è fermato su un "Compromesso" stipulato tra due cugini, dalle caratteristiche singolari che cercherò di riassumere. I due parenti in questione, proprietari di molte proprietà in Maremma e nell'Appennino mugellano, si mettevano d'accordo, con tanto di carta bollata, per far pascolare e stanziare -in determinati periodi dell'anno- le loro greggi e masserizie un po’ dall'uno e un po’ dall'altro. C'era un tempo in cui a fine primavera “mandrie” di buoi, pecore, capre, e cavalli, da Montepescali vicino Grosseto si incamminavano verso il nord, per giungere in Mugello dove tra scalpiti e belati occupavano con frastuono: mulattiere e strade fino all'arrivo a destinazione sui “poggi” sopra Grezzano o Ronta. Tutto era predisposto con minuzia di particolari: I Vergai, coloro che erano a capo delle greggi, dovevano pensare alla distribuzione delle paghe ai pastori e garzoni, scegliere i pascoli migliori, vendere il latte e formaggio, i capi di scarto, gli agnellini e la lana tosata sui monti. D'altra parte chi concedeva gli spazzi –chiamati nel contratto “Bandite”- doveva permettere -per mesi e nel migliore dei modi- il libero stanziamento delle bestie, ricevendo per questo un compenso in denaro per ogni singolo capo, che variava a seconda della specie trattata. Un bel guadagno se si pensa che nel caso specifico si parlava di più di mille e trecento tra: ovini, caprini, bovini ed equini, anche se si doveva rigorosamente fornire ai “lavoranti” un "tetto" e il vettovagliamento. Bisognava garantire la libertà di movimento delle greggi nei prati senza le immancabili molestie dei confinanti ( nel documento in questione ci sono i nomi e cognomi dei possibili scocciatori) oltre che concedere l'uso di una "Caciaia" per la lavorazione dei formaggi. I cavalli, considerati animali più pregiati, dovevano poter avere l'erba migliore, i bovini non dovevano andare ad "addiacciare" vicino alle capanne dei boscaioli - a quanto pare un po’ scorbutici- le pecore e capre dovevano essere protette dai lupi e sempre ci dovevano essere delle buone fonti d’acqua. Il venti ottobre era il limite ultimo per la permanenza sui nostri monti. I pastori maremmani radunavano i loro animali e via verso casa. Il viaggio sarebbe stato lungo e si aggiungevano a questi alcuni “colleghi” mugellani che portavano a loro volta le proprie pecore a svernare nel grossetano, dove, presso la stalla di Montepescali erano garantiti a loro volta vitto e alloggio . Testimonianze di una Transumanza lontana e in Mugello completamente dimenticata, quando le stagioni, i rapporti tra uomini e animali avevano altri ritmi e i rumori nelle nostre strade erano cadenzati anche da fischi e suoni di "campanacci" in movimento.


