La scomparsa della piccola Kataleya Alvarez è ormai diventata una fiction a cui gli italiani si sono affezionati, come accade spesso quando si tratta di cronaca nera, soprattutto se irrisolta. Se ne parla dovunque in televisione, e con la giusta apprensione. Lo stesso fanno i quotidiani, che da un mese esatto riportano gli sviluppi di questa triste vicenda. Sfortunatamente non si tratta di una serie televisiva a lieto fine, ma della cruda realtà, e il finale non è ancora stato scritto.
Ripercorriamo le tappe principali: ci troviamo a Firenze, precisamente a Novoli, quartiere a nord-ovest del capoluogo toscano. All’interno dell’hotel Astor, occupato da famiglie di diverse nazionalità, il 10 giugno scorso una bambina di cinque anni di origine peruviana sparisce nel nulla. Viene subito effettuata la denuncia di sparizione, susseguita dalle prime ricerche.
L’albergo viene setacciato da cima a fondo, e lo stesso avviene con i filmati delle telecamere nei pressi della struttura. L’esito è negativo: nessuna traccia della bambina, e i filmati non hanno immortalato niente di particolare, se non Kataleya durante il giorno della sparizione che, sentendo presumibilmente il suo nome, torna verso l’entrata dell’hotel, lasciando il suo gruppetto di amici proseguire per il marciapiede.
Che sia stata chiamata dal suo rapitore? Si vede poi Kata nel cortile della struttura, sola, in quella che è la sua ultima apparizione. Un’altra telecamera ha ripreso l’urlo di un bambino, o di una bambina, seguito dal rumore di uno sportello di una macchina chiudersi. Potrebbe essere questo il momento del rapimento?
Una vicenda dai tanti punti oscuri. Il padre della piccola, che al momento della scomparsa si trovava carcerato a Sollicciano, dopo aver appreso la notizia ha tentato il suicidio. Lo stesso ha fatto la madre qualche giorno dopo. Gli inquirenti sospettano che dietro al rapimento ci siano i continui litigi legati al controllo degli affitti o a questioni di carattere economico con alcuni occupanti dello stabile. C’è chi ha sospetti sullo zio di Kataleya, che fino a oggi non ha rilasciato interviste. E poi parole dette e non dette da parte dei genitori, e chiamate di mitomani che affermavano di avere la bambina con sé.
A mio parere, gli occupanti dell’hotel esterni alla famiglia non hanno nulla a che vedere con il caso. Rapire una bambina per poi essere cacciati da quella che ormai è diventata casa propria, e dove è possibile lucrare sugli affitti? Dopo la sparizione di Kata l’Astor è stato sgomberato, e anche i più sprovveduti lo avrebbero messo in conto.
Il padre ha ammesso di aver avuto problemi con alcuni occupanti, ma non si rapisce una bambina di cinque anni per un disguido di poco conto, ben sapendo quale sarebbe stata la reazione delle istituzioni. Non dico che è impossibile, ma quantomeno improbabile.
Diverso è il caso dei familiari di Kata, in primis Dominic, lo zio taciturno e ombroso accusato dagli abusivi di affittare e vendere le stanze dell’hotel, che sono a stretto contatto con i genitori della piccola. Pur vivendo nella struttura e consapevoli dello sgombero immediato in caso di un evento di questa portata, i litigi con i genitori - o con uno dei genitori - di Kata potrebbero essere così importanti da arrivare a odiare, e di conseguenza rapire, la loro figlia, per farne poi merce di scambio o qualcosa di peggio. L’odio acceca, e pur di far del male al nemico non si ha paura delle conseguenze di gesti sconsiderati e crudeli.
Ma l’ipotesi che ritengo più valida è che il rapimento sia stato messo in atto da persone esterne alla famiglia di Kata, e non occupanti dell’albergo. Da persone insomma che frequentavano la struttura, e che quindi conoscevano chi ci abitava. Magari ci si recavano per spacciare o comprare droga - nell’edificio adiacente è stato scoperto un magazzino dove venivano consumate diverse tipologie di droga, tra cui crack e eroina - o per semplici visite.
E che forse conoscevano i bambini. E’ possibile immaginare il via vai continuo in un hotel occupato e diviso in tre clan rivali, dove non vige alcuna regola di convivenza. Ed è possibile immaginare quanto ghiotta fosse la situazione in quel contesto per criminali che avevano in mente di rapire un minore. A chi sarebbe importato della scomparsa di una bambina in un luogo degradato e abusivo, segnato da episodi di violenza legati al racket? La colpa sarebbe ricaduta certamente sugli abusivi.
Ma chi ha rapito Kata ha fatto male i calcoli: in questo momento il caso è il più discusso in Italia, e si valuta ogni possibile pista. Resta da capire il motivo del rapimento: pedofilia? Vendetta? Vendita al mercato nero? Qualunque esso sia, spero soltanto che la piccola sia viva e in salute. Una cosa è certa: le indagini non si fermeranno fino a quando non si saprà la verità.
Paolo Insolia