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25 Aprile e pacificazione nazionale. La riflessione di Rodolfo Ridolfi

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Una cerimonia in Mugello Una cerimonia in Mugello © Rodolfo Ridolfi
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Il contributo in redazione da parte di Rodolfo Ridolfi, esponente di Forza Italia:

25 Aprile festa della libertà e del ricordo dei partigiani veri e degli alleati caduti per liberare l’Italia

Quest’anno il 77° anniversario del 25 aprile 1945 assume un particolare significato per la drammatica guerra in Ucraina e ci riporta alla grandissima attualità dei valori espressi, nel mirabile discorso tenuto nel 2009 il 25 Aprile ad Onna in Abruzzo, dal Presidente Silvio Berlusconi nella parte in cui affermava: “…Benché frutto evidente di compromessi, la Costituzione repubblicana riuscì a conseguire due obiettivi nobili e fondamentali:

garantire la libertà e creare le condizioni per uno sviluppo democratico del Paese. Non fu poco. Anzi, fu il miglior compromesso allora possibile. Fu però mancato l’obiettivo di creare una coscienza morale “comune” della nazione, un obiettivo forse prematuro per quei tempi, tanto che il valore prevalente fu per tutti l'antifascismo, ma non per tutti l’anti-totalitarismo. Oggi, il nostro compito, il compito di tutti, è quello di costruire finalmente un sentimento nazionale unitario. Dobbiamo farlo tutti insieme, tutti insieme, quale che sia l’appartenenza politica, Se da oggi riusciremo a farlo insieme, avremo reso un grande servizio non a una parte politica o all’altra, ma al popolo italiano e, soprattutto, ai nostri figli che hanno il diritto di vivere in una democrazia finalmente pacificata…”.

In occasione della ricorrenza del 25 Aprile 1945 in Italia, 8 maggio in Europa (giorno della resa del nazismo) è giusto e doveroso ricordare la liberazione dalla guerra, dal nazismo e dal fascismo anche se bisognerà aspettare la notte fra il 9 ed il 10 novembre 1989, momento storico della caduta del Muro di Berlino, per vedere completata la liberazione della parte orientale dell’Europa caduta dopo l’oppressione nazista nell’altrettanto odiosa ed efferata tirannide comunista. E giusto onorare tutti i resistenti: i nostri giovani combattenti e tutti quegli altri giovani, americani, inglesi, francesi, polacchi, dei tanti paesi alleati, che versarono il loro sangue.

Senza di loro, il sacrificio dei nostri partigiani sarebbe stato vano. Con rispetto dobbiamo ricordare, anche quelli che in buona fede hanno combattuto dalla parte sbagliata sacrificando la propria vita ai propri ideali e ad una causa già perduta.

Quello che non ci piace è assistere alla falsa e strumentale liturgia apologia di ex fascisti diventati eroi e medaglie dell’antifascismo, a comunisti che si ergono a paladini della democrazia, ad opportunisti democristiani che sono passati alla resistenza in tarda età.

Una parte dell’Italia come la nostra, che prima di essere comunista fu in tanta parte così fascista, dovrebbe avere il coraggio di porre fine a settantasette anni di nebbia densa di imbarazzo, rimarcando l’ipocrisia, la, fragilità, lo spirito di accomodamento, anche la pavidità, di cui diede prova larghissima parte degli italiani, intellettuali in testa, che, come lamentò l’esule Salvemini, avevano baldanzosamente esibito le loro idee socialiste, comuniste e cattoliche solo in tempi di bonaccia…”.Sarebbe ora che il “tabù” fosse smascherato.

Un’opera non di revisionismo, ma piuttosto una corretta e necessaria operazione di rimozione di falsità, menzogne e silenzi imposti dalla cultura comunista alla storia italiana degli ultimi 77 anni. I partigianio comunisti non aspiravano alla democrazia ma all’instaurazione della dittatura comunista nel nostro Paese ed è per questo che si accanirono sui partigiani non comunisti, soprattutto quelli che non accettavano l'egemonia comunista, sui borghesi e sui tanti silenziosi ed innocenti non comunisti. Rileggiamoci : “Il sangue dei vinti”.

Quello che accadde in Italia dopo il 25 aprile, o “la Grande Bugia” di Giampaolo Pansa o Vincitori e vinti di Bruno Vespa, che raccontano anche gli eccidi commessi dai partigiani comunisti. Fra i delitti più odiosi è da annoverare l’assassinio di Marino Pascoli, giovane giornalista e comandante partigiano di fede mazziniana.

Pascoli raccontò su La Voce di Romagna del 6 dicembre 1947: “Prima di tutto dobbiamo distinguere i partigiani veri dai partigiani falsi. I partigiani veri sono coloro che hanno corso sul serio dei rischi, che hanno combattuto con fede per la liberazione d’Italia e questi, a dir il vero, sono pochi. I partigiani falsi che purtroppo sono la maggioranza, sono coloro che hanno fatto i teppisti mascherati, i collezionisti di omicidi, e che andarono in giro col mitra, quando non vi era più pericolo, a fare gli eroi. Questa gente anche se è riuscita a munirsi di un brevetto o di un certificato, anche se oggi milita indebitamente nelle fila dei partigiani, non bisogna avere nessuna esitazione a chiamarla teppa. Teppa da reato comune, macchiata di sangue, di prepotenza e di ricatti

Attenzione, partigiani veri, partigiani onesti, partigiani italiani e rimasti italiani, a non seguire coloro che vogliono vendere l’Italia allo straniero, altrimenti il vostro sacrificio sarebbe stato vano…L’organizzazione militare delle Brigate Garibaldine venne creata più tardi a rivoluzione d’Aprile conclusa. Quando contati i partigiani, rimpolpate le formazioni, aumentati gli effettivi, organizzate le forze comuniste e muniti i comandi di timbri e carta intestata, si procedette alla farsa della smobilitazione delle forze comuniste, si svolgeva, invecen un’opera diametralmente opposta quella cioè di inquadrare ed organizzare per l’avvenire queste forze per un eventuale colpo di Stato…”

Rodolfo Ridolfi

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