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Massimiliano Amato: primo cittadino di Dicomano tra sfide e obiettivi per il futuro

Eletto con il 53,92% dei voti nel 2024, Massimiliano Amato, candidato del centrosinistra, racconta i primi cento giorni da sindaco

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Massimiliano Amato Massimiliano Amato © OKM
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Massimiliano Amato è nato a Firenze nel 1970, e nel 2024 è stato eletto sindaco di Dicomano con il 53,92% dei voti. Candidato del centrosinistra, entra nel mondo della politica negli anni Novanta, quando viene eletto consigliere comunale. In seguito diverrà il primo Presidente del Consiglio comunale. Negli ultimi due anni ha fatto parte della Giunta del sindaco di Dicomano uscente, Stefano Passiatore.

Qual è stato il primo pensiero che ha avuto quando ha saputo di essere stato eletto sindaco?
I pensieri sono stati numerosi, ma il più definito tra tutti è stato quello rivolto alle persone che hanno condiviso con me l’esperienza della campagna elettorale; sono riconoscente a ogni singolo membro del gruppo politico, con cui ho vissuto momenti intensi, emozionanti, a volte devo ammettere difficili, e ai cittadini che anche soltanto con una parola o un gesto di incoraggiamento mi hanno dato la motivazione necessaria per continuare ad andare avanti.

Qual è il suo rapporto con i cittadini di Dicomano?

E’ un rapporto buono, e soprattutto diretto. Pur riconoscendone gli indiscutibili vantaggi sotto il profilo della comunicazione, devo ammettere di non essere un grande amante dei social network, perciò sono abituato a instaurare con le persone rapporti vis a vis. Desidero che i cittadini vengano a parlarmi di persona, infatti la porta del mio ufficio è sempre aperta. Il mio obiettivo è creare veri e propri rapporti personali, in cui si crei un clima di rispetto e di fiducia. Ogni comunità desidera avere un primo cittadino presente, responsabile, capace di ascoltare, che sappia quindi dare le giuste attenzioni ai problemi e alle esigenze che gli vengono comunicati, ma soprattutto che si impegni nel fornire le soluzioni migliori.

Quali sono le priorità che stanno maggiormente a cuore ai suoi cittadini?

Al primo posto metterei la sicurezza urbana, prioritaria per chiunque, che sia uno studente universitario o un pensionato. Subito dopo, a parità di importanza, viene tutto il resto. Noi abbiamo una popolazione eterogenea, e vien da sé che molto dipende dall’età del soggetto: contrariamente a un giovane, per un anziano la sanità avrà un peso maggiore rispetto alla mobilità. Ogni aspetto comunque è legato a doppio filo all’altro; la prevenzione delle emergenze climatiche, ad esempio, compone il tema della sicurezza.

Qual è il progetto del PNRR a cui tiene di più?

Il cinema-teatro agli Ex Macelli, poiché è un luogo che può avere un impatto duraturo e profondo con la comunità per quanto riguarda l’aspetto culturale. Oltre a un ambiente a vocazione artistica, è un luogo di ritrovo dove viene favorita la coesione sociale, e di conseguenza il legame identitario con il territorio. E poi c’è anche l’aspetto dell’istruzione e della formazione in ambito artistico, in cui è possibile apprendere la recitazione e le varie discipline della musica. Per ultimo, ma non meno importante, il cinema-teatro segna la valorizzazione di un patrimonio architettonico: gli Ex Macelli, un tempo mattatoio comunale, era stato adibito a luogo di cultura, ma con risultati mediocri, perciò è fondamentale dargli un nuovo slancio. Oltretutto verrà riqualificata anche l’area in cui si trova, dove è presente il Parco dell’Albereta.

Quali sono i motivi che l’hanno spinta a candidarsi?

L’esperienza degli ultimi due anni in Giunta comunale ha riacceso in me la fiamma della passione politica. Quando mi è stato proposto di candidarmi ci ho pensato a fondo, ma poi ho deciso di mettermi al servizio dei cittadini. A livello professionale ho dovuto fare delle scelte, ma poi ho accettato. La proposta era allettante, e attualmente non me ne sto pentendo (ride).

Qual è il punto del suo programma a cui tiene di più e che fra cinque anni potrà farle dire: “Che bello, ce l’ho fatta?”

Ciò a cui tengo maggiormente è fare in modo di rivitalizzare il paese. Purtroppo negli ultimi anni a Dicomano si contano sempre più saracinesche abbassate, e con un senso di comunità che si rivela soltanto in poche occasioni, come le tipiche feste di paese, ad esempio la Rificolona. Durante il resto dell’anno la sensazione è di abitare in un paese dormitorio, perciò nell’arco di questi cinque anni spero di creare, con l’aiuto delle associazioni del territorio, delle opportunità di aggregazione dove tutti possano sentirsi parte di una comunità viva. Il cinema-teatro mira proprio a questo. Il Parco Eolico, che il mio mandato porterà avanti, è sì un progetto importante, ma non contribuisce a riunire la comunità, ma è anzi un motivo di frizione.

A proposito del Parco Eolico, come lo vive il dissenso di una parte di comunità?

Sono frequenti le rimostranze da parte dei comitati del no. Ora siamo nella fase più delicata dell’opera, quella della sua costruzione, dove tocchiamo con mano gli impatti sul territorio: l’apertura dei tracciati e lo sbancamento di alcuni tratti di collina. Insomma, è il momento del disagio provocato dai lavori, specialmente per coloro che percepiscono il parco in questione come una vera e propria deturpazione paesaggistica. A lavori in corso l’immagine che viene fuori è quella di un disastro, ma d’altronde si devono creare le condizioni affinché l’opera venga realizzata. Chiaramente nei punti previsti sorgeranno le pale eoliche, ma non la chiamerei devastazione. In fondo bisogna fare delle rinunce per ottenere qualcosa che poi ci sarà utile.

Il comune sta monitorando i lavori con la giusta attenzione?

L’azienda che li sta svolgendo è supervisionata, e si muove con i piedi di piombo. Oltre a ciò, al comune spetta una fase di controllo specifico. Abbiamo contatti quotidiani con l’azienda. Gli interventi sono su due comuni: Dicomano e Vicchio, e interessano, per una via di comunicazione, anche una piccola parte di San Godenzo.

Come sono stati i primi cento giorni da sindaco?

Molto intensi e al contempo belli. Quando si comincia un’attività nuova c’è sempre un’iniziale euforia, ma la pressione si sente. Durante i primissimi giorni ho avuto una sensazione non proprio di spaesamento, ma comunque di presa di consapevolezza di essere diventato sindaco. Sono stati giorni di riflessione, di analisi, un po’ come i primi giorni di scuola; da una parte c’è la motivazione e l’entusiasmo di dire: “Sono il sindaco e posso fare la differenza su molti aspetti”, dall’altra invece c’è l’umiltà che ti sussurra: “Hai tanto da imparare”. Sono stati mesi di cambio repentino delle mie abitudini, dove ho dovuto imparare a gestire sia le priorità personali che quelle collettive. Si è sindaci tutto l’anno, sette giorni su sette, e chi vuole intraprendere questo percorso deve averlo ben chiaro.

E’ più difficile essere scelti sindaci per la prima volta, o confermarsi?

Sono due sfide importanti e uniche. Chi fa campagna elettorale per diventare sindaco la prima volta deve cercare di convincere gli elettori di essere la persona giusta a ricoprire quel ruolo, e trasmettere fiducia, tenendo conto della bravura degli altri candidati. Deve esporre perciò le sue idee in maniera chiara e decisa. Confermarsi significa invece continuare a dare fiducia, dimostrare di aver fatto in passato delle promesse che sono state mantenute, e dare l’idea di poter fare ancora meglio. E’ chiaro che i cittadini che confermano il sindaco in carica nutrono delle aspettative più alte nei suoi confronti, ed è più esposto alle critiche. Io mi sono posto in una condizione di continuità con la precedente amministrazione, che a parer mio è stata ottima, ma cercando comunque di mantenere, e addirittura di alzare, il livello. In sintesi, nella prima elezione conta quanto si è bravi a convincere, mentre per la rielezione la sfida è quella di essere confermati nell’ottica di un progetto di continuità, e servono dedizione, competenza e tanta resilienza, in quanto le situazioni che si hanno davanti a volte sono davvero complicate.

Ultima domanda: cosa ha trovato sulla scrivania del primo cittadino che non si aspettava di trovare?

Ho trovato una targa, per la verità su un mobiletto vicino alla scrivania, che un’associazione sportiva del paese aveva consegnato a Stefano Passiatore - il sindaco uscente - in segno di riconoscimento per il proprio operato. Stefano non se l’è portata con sé, perciò la terrò qui come memento e come stimolo a migliorare ogni giorno.

 

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