Ci sono giornate che il calcio vorrebbe dimenticare, ma che invece restano scolpite nella memoria collettiva come un promemoria amaro. Quella di ieri, al termine del match tra Mattagnanese e Bagnolo, è stata una di quelle giornate. Un campo che avrebbe dovuto essere il teatro della pura competizione si è trasformato in una scena di disonore. Non per il risultato – un netto 0-7 che ha lasciato la squadra di casa senza appello – ma per ciò che è accaduto nella testa di qualcuno.
L’atmosfera tesa e il boato della vergogna
Il match era teso fin dall’inizio, come spesso accade quando una squadra, consapevole della propria inferiorità tecnica, si trova davanti un avversario che domina il campo con disarmante facilità. La Mattagnanese era già piegata dalle prime due reti, e la sensazione nell’aria era quella di una resa anticipata. Ma non c’era nulla che lasciasse presagire il veleno che si sarebbe sparso poco dopo.
Mattias Gningue, un ragazzo dal sorriso aperto e una grinta che trascende i confini del calcio, è stato il bersaglio di insulti che nulla avevano a che fare con la partita. Parole cariche d’odio, che risuonano come un’eco di un passato che ci ostiniamo a non seppellire. Gli insulti razzisti, scagliati contro di lui come frecce avvelenate, non hanno solo ferito il giocatore: hanno spezzato il senso stesso dello sport. Continua a leggere su www.mugellosport.it