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Alberi lungo le strade mugellane. Una lettera aperta in risposta alla proposta di Bettini

Lettera aperta firmata, contributi personali, riflessioni a seguito degli incidenti stradali e della lettura del dibattito che si è sviluppato in merito al possibile abbattimento degli alberi tra San Piero e Scarperia.

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Gli alberi lungo la strada tra Scarperia e San Piero Gli alberi lungo la strada tra Scarperia e San Piero © Ok!Mugello
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Gli alberi lungo le strade mugellane: una questione storica e ambientale. Ecco la lettera aperta che arriva in redazione da parte di Claudio Ticci e Francesco Atria, che scrivono al nostro giornale come semplici cittadini una lunga e articolata riflessione:

L’aumento del traffico automobilistico sulle strade mugellane, conseguenza anche del mancato potenziamento della ferrovia Faentina e degli altri trasporti pubblici (che anzi stanno subendo politiche di taglio e ridimensionamento) sta riproponendo in misura crescente il problema della sicurezza stradale. Spesso sotto la spinta emotiva di gravi incidenti mortali, dimenticando la responsabilità di errate strategie gestionali su mobilità e sicurezza, come pure delle numerose privatizzazioni e mancato inserimento/assolvimento della manutenzione stradale, sono le tradizionali alberature lungo le strade a finire sotto accusa.

Qualcuno così anche in Mugello come appunto l’imprenditore Simone Bettini amministratore delegato della Rosss di Scarperia-San Piero e già Presidente di Confindustria Firenze arriva a proporre l’abbattimento indiscriminato di interi filari di piante, ignorando le funzioni che questi hanno a lungo svolto e che almeno in parte potrebbero ancora svolgere. Lo stesso Codice della strada, approvato nel 1992, prevede nei successivi regolamenti di attuazione il divieto della presenza di alberi entro una distanza minima di sei metri dal bordo stradale, per le nuove realizzazioni. Nella convivenza degli alberi con le attività umane e con i manufatti è implicito un rischio; un certo grado di rischio sostenibile deve essere comunque accettato per poter usufruire dei benefici che gli alberi forniscono.

Si tratta di un tema molto ampio e ricco di significati, che inevitabilmente tocca diversi ambiti dalla storia, dell’architettura, all’agronomia, alle scienze forestali, all’ingegneria e che ci consegna non pochi interrogativi sul nostro modo di intendere il rapporto tra società, infrastrutture, paesaggio e natura.

In gran parte del mondo i viali alberati sono la più antica forma d’inverdimento ai bordi delle strade, marcando in modo quasi indelebile i tragitti viari. Originariamente le alberature servivano a consolidare e a rendere permanenti e riconoscibili le vie di comunicazione. Impedendo che la superficie stradale non pavimentata si erodesse, creando una piacevole zona d’ombra attutendo il caldo estivo e proteggendo da pioggia e neve nella stagione invernale; quando si impiegavano alberi da frutto, questi davano nutrimento ai viandanti; inoltre fornivano legname da costruzione e legna da ardere, fascine, alimenti per animali, miele ecc.

Nell’età dell’auto, molte di queste funzioni non risultano più compatibili con gli stili di vita e le modalità degli spostamenti quotidiani, ma non è fuori luogo domandarsi quante e quali di esse possono essere attualizzate o addirittura rilanciate nell’ottica di una nuova mobilità sostenibile e del turismo. Sotto questo aspetto possiamo affermare che la tecnica di costruzione stradale è stata sostanzialmente mutuata dalla più complessiva organizzazione dello spazio rurale, che soprattutto da noi assegnava agli alberi un ruolo importante, sia nella forma della “piantata” padana che in quella dell’ ”alberata” toscana, per riprendere le classiche espressioni coniate da Emilio Sereni.

Nel 1827 viene pubblicato in Toscana il Ragionamento sui boschi di Gaetano Savi, professore di botanica Università di Pisa, direttore dell’Orto botanico e autore anche di un Trattato degli alberi della Toscana. Quello proposto dal Savi era un saggio sull’utilità degli alberi e delle alberature. In Toscana  scriveva  <>. Lo scritto del Savi fu subito commentato da un altro naturalista, Ottaviano Targioni Tozzetti, che stigmatizzava <>. Quanta attualità!

Dove sono finiti i grandi viali alberati? Se lo chiedeva pure lo scrittore Pietro Citati, che lanciava l’accusa per le fronde messe a repentaglio dallo smog e dalle malattie. Ma si deve pensare soprattutto alle battaglie di Antonio Cederna, uno dei padri dell’ambientalismo, ispiratore delle principali battaglie di Italia Nostra: egli inserì un apposito capitolo, intitolato “La guerra agli alberi”, nella sua opera su La distruzione della natura in Italia. Un altro capitolo del libro era significativamente intitolato “Perché l’Italia frana quando piove”; tutti temi ancora oggi, a distanza di anni, di stringente attualità e che sembrano anzi essersi aggravati nel tempo.

Come abbiamo visto, storicamente il viale alberato era nato per beneficiare delle sue molteplici funzioni. Forse è giunto il momento di ripensare ad un’estetica delle strade che parta dalla lettura del territorio e non dalla priorità dell’auto, dalla qualità del viaggio e non dall’ansia della meta, il tutto in sicurezza. In questo senso lo studio delle alberature tradizionali, dei ruoli e delle funzioni che esse hanno svolto nel tempo, può rappresentare un aspetto per ricostruire un rapporto equilibrato tra infrastrutture e paesaggio, nel quale esse costituiscono certamente una utile mediazione. Per questo le alberate e gli alberi isolati sopravvissuti ai bordi delle strade italiane sono da salvaguardare come parte significativa del patrimonio arboreo, considerando tutte le possibili soluzioni alternative all’abbattimento. Dobbiamo ritrovargli un senso, una dignità e un’utilità, senza trascurare comunque che la strada è anche un segno culturale impresso sul territorio.

Infine una riflessione: ma se un automobilista intento a viaggiare sulle strade mugellane, piene di buche, con la nebbia neve e ghiaccio, senza sale, senza guardrail e illuminazione, magari a velocità sostenuta, telefonino a mano, investisse un cinghiale riportando gravi conseguenze alla persona e alle cose, la proposta pubblica sarebbe quella di eliminare tutti i cinghiali fino all’estinzione oppure di ricercare responsabilità in capo ad altri?
"Non è la natura che attraversa la strada, ma il contrario"
Claudio Ticci – Dottore Forestale - Ambientale
Francesco Atria – Addetto alla sicurezza, investigazione e criminologia
 

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Commenti 2
  • mario marini

    È assurdo che in questi anni si sia fatto un enorme passo avanti nella sicurezza sulle aziende prevedendo che un dipendente sia distratto, non competente, assonnato, ecc. ecc. e poi esci sulla strada sei affiancato da alberi come fucili puntati che alla prima distrazione o manovra per evitare un ostacolo sei finito, perché non c’è neanche un guard rail a impedire lo scontro frontale. A quelle persone che tengono tanto a gli alberi lungo le strade: ricordate che quando vedete un mazzo di fiori quella e una vita umana che non c’è più e ha lasciato genitori nella disperazione, mogli o figli

    rispondi a mario marini
    dom 14 marzo 2021 10:16
  • Nicola

    Ottima riflessione ma soprattutto bellissima frase "Non è la natura che attraversa la strada, ma il contrario". Sarebbe ora che la smettessero di prendersela sempre con la natura.

    rispondi a Nicola
    sab 13 marzo 2021 09:27