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Addio a Paolo Rossi, l' Eroe "normale" che ci fece sognare nel Mondiale '82

Il sollievo di aver avuto dei bellissimi vent’anni, e di essere stati compiutamente felici, almeno per un attimo.

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Paolo Rossi Paolo Rossi © n.c.
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Non aveva niente del campione epocale.

Nemmeno il nome, che era banalissimo, e a quei tempi c’era persino un cartone animato che si chiamava come lui: “il signor Rossi”. Un signore calvo e grigio, che portava i baffi, un anonimo cappello e lavorava in un ufficio.

Normale come Paolo Rossi.

Che non aveva le acrobazie di Bettega, o l’irruenza di Puliciclone. E c’era Graziani, che era più generoso, o Savoldi che era più centravanti… Altobelli più tecnico, Pruzzo più continuo e poi Anastasi, Chinaglia, Boninsegna e tutti quei centravanti ormai lontani.

Però se un bel giorno vincemmo il Mondiale, buon Dio, fu grazie a Paolo Rossi, che del campione non aveva niente, a cominciare dal fisico.

E fu grazie a lui, e a quella squadra, che cominciarono gli anni ottanta.

E vennero Fantastico e Drive In. Gorbaciov, la perestroika e Rocky III. La fine del terrorismo, Craxi a Sigonella e il boom della Borsa. Vacanze di Natale, con Toninho Cerezo che “a quest’ora dorme perché è un professionista”. Last Christmas e Careless Whispers degli Wham, e il Live Aid.

Troisi e Benigni, Mickey Rourke e Kim Basinger. Bruce Springsteen a Milano: 21 giugno 1985… un caldo pazzesco.

Tomba la bomba, il crollo del muro di Berlino e, infine, le notti magiche.

Senza Paolo Rossi, forse, saremmo ancora lì… Con l’inflazione al 20%, la paura delle Brigate Rosse e ad aspettare il venerdì per vedere Portobello.

Invece, arrivo il Mundial: e tutto il brutto, e il grigio, che l’Italia aveva vissuto per tanti anni, parve improvvisamente un ricordo lontano.

Come se Paolo Rossi (e Zoff, Scirea, e l’urlo di Tardelli) ci avessero fatto voltare pagina, in una sola notte.

E nacque Pablito.

Anzi, “rinacque”: dopo l’innamoramento improvviso durante i Mondiali del 78, e l’altrettanto improvviso disamoramento con il calcioscommesse, che fu una specie di schiaffo in piena faccia.

E che lì per lì nemmeno ci parve vero. “Possibile?” – si disse. “Paolo Rossi? Con quella faccina lì?”.

Eppure, proprio quella faccina lì: così poco epocale e così poco da campione, ha finito per rappresentare i nostri momenti migliori, e talvolta a ricordarceli.

Come quando ci guardiamo allo specchio, ormai invecchiati, e realizziamo di non essere riusciti a dare un senso compiuto a tutte le nostre cose.

Ma con il sollievo, comunque, di aver avuto dei bellissimi vent’anni, e di essere stati compiutamente felici, almeno per un attimo.

Mentre, insieme a Pablito, vincevamo il Mundial della nostra vita.

Ti sia lieve la terra.


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