
Con la legge regionale n. 16/2025, la Toscana diventa la prima regione italiana a regolamentare l’accesso al suicidio medicalmente assistito. Un atto definito di civiltà da molti, che però ha scatenato lo scontro con il governo guidato da Giorgia Meloni, deciso a impugnarla davanti alla Corte Costituzionale. Il dibattito si accende tra diritti civili, ideologia politica e visione etica della vita e della morte. Un editoriale a firma di Paolo Insolia.
Con la legge n. 16/2025, approvata il 17 febbraio scorso e pubblicata sul Bollettino Ufficiale Regionale il 17 marzo, la Toscana è la prima regione italiana ad aver disciplinato le modalità organizzative per avere accesso al suicidio assistito. Come prevedibile, l’attuale Consiglio dei Ministri, con a capo la premier di destra Giorgia Meloni, ha contestato la legittimità della legge, e poiché impugnata verrà portata davanti alla Corte Costituzionale con l’obiettivo di renderla invalida. Ma facciamo un passo indietro, fondamentale per comprendere come si è arrivati fin qui.
Ebbene, grazie alla sentenza n. 242/2019 in Italia è possibile, a determinate condizioni, procedere al suicidio medicalmente assistito nei confronti di - come stabilito dalla Corte Costituzionale - persone con patologie irreversibili, dipendenti da trattamenti di sostegno vitale che arrecano impedimenti fisici e psicologici e che decidono coscienziosamente di porre fine alla propria vita. Il problema è che non c’è ancora, a livello nazionale, un iter preciso, con modalità e tempistiche certe, affinché il malato ottenga il trattamento.
L’associazione Luca Coscioni ha cercato di risolvere il problema proponendo una legge regionale denominata Liberi subito, già depositata in 18 regioni, e la Toscana, dopo aver raccolto 10.000 firme sulle 7000 necessarie per acedere al voto in consiglio regionale, è la stata la prima ad averla approvata. 27 i voti favorevoli, 13 i contrari - tutti del centrodestra -, e nessun astenuto. Soltanto un consigliere ha deciso di non esprimersi. Con questa legge, l’iter per accedere al suicidio assistito, una volta cominciato, si conclude entro 50 giorni; una tempistica tutto sommato ragionevole considerando le lungaggini della burocrazia italiana.
Il governo in carica ha accusato la regione Toscana di incostituzionalità, sostenendo di non avere il potere necessario per emanare una legge del genere poiché - come scritto nell’articolo 117 del codice civile - è competenza dello stato, e non delle singole regioni, occuparsi di determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Il presidente della regione Eugenio Giani ha risposto che, in assenza di una legge sul fine vita nazionale attesa da anni, la Toscana ha deciso - sulla base della sentenza n. 242 del 2019 - di offrire ai cittadini un diritto sacrosanto, nel pieno rispetto della Costituzione.
Spetterà alla Corte Costituzionale rispondere di inviolabilità costituzionale, garantendo la legittimità o meno della legge. Ciò su cui ci focalizzeremo in queste righe sono le motivazioni che hanno spinto il centrodestra a impugnare la legge sul fine vita che, se guardata senza il filtro dell’ideologia e dei valori personali, non si può non ritenere positiva sotto tutti i punti di vista.
In questo specifico caso, per ideologia intendiamo la spinta a andare contro la fazione opposta a prescindere dalle azioni che compie. Che siano buone o cattive non ha alcuna importanza: ti vengo contro perché porti un vessillo diverso dal mio, e anche qualora - come per tale legge - una tua azione potrebbe beneficiare me stesso e le persone a me care, io continuerò a combatterti, anche perché non voglio che il mondo ti riconosca dei meriti - è quest’ultimo l’aspetto più raccapricciante della radicalità ideologica -. L’ideologia al di sopra, e nemica, delbuon senso e del Bene. La vicenda fa venire in mente il mito di Ulisse e Polifemo narrato nell’Odissea, il capolavoro di Omero. Polifemo, ciclope da un occhio solo - metafore (il ciclope e l’occhio) dell’ideologia, che è gigante (il ciclope) in quanto permea completamente la vita del soggetto che decide di farla sua, e (l’occhio) che guarda soltanto in una direzione, senza considerare altre strade che potrebbero essere più vantaggiose - viene sconfitto da Ulisse, un uomo che usa il buon senso, e anche un pizzico di astuzia, per sconfiggere Polifemo e fuggire, insieme ai suoi compagni, dalla grotta in cui abita.
Il mito ci ricorda che l’ideologia a tutti i costi ci rende vulnerabili e illogici, e a volte persino ipocriti. L’ipocrisia del centrodestra al potere che si appella alla Costituzione per invalidare una legge che va a beneficio dei malati e non lede nessuno, ha a che vedere con la sua storia, passata e presente. Fratelli d’Italia, di cui la premier Giorgia Meloni è presidente, nacque dalle ceneri del Movimento Sociale Italiano, partito di stampo neofascista che, seppur rispettante della democrazia parlamentare, aveva una base ideologica che i padri costituenti avversarono. Non a caso, la Costituzione Italiana è permeata da uno spirito antifascista.
Venendo a oggi, la Meloni tace davanti a eventi di apologia del fascismo, come è accaduto lo scorso anno durante la commemorazione dei tre militanti del Movimento Sociale - due uccisi da criminali di estrema sinistra e un terzo morto negli scontri, qualche ora dopo, con le forze dell’ordine - in quella che viene ricordata come la strage di Acca Larentia, avvenuta nel 1978. Ovviamente nulla contro alla commemorazione di vittime innocenti, ma la Meloni non ha espresso parole di condanna sui saluti romani di decine di presenti al raduno, quasi a non voler rompere del tutto il cordone che la lega all’ala estrema della destra italiana.
Non è perciò ipocrita, da parte di Giorgia Meloni in primis - essendo lei a capo del Governo - appellarsi alla Costituzione per cestinare una legge di civiltà, quando non ha condannato un gesto vile che va contro i principi costituzionali come quello accaduto durante Acca Larentia, e quando è presidente di un partito nato da un altro - l’MSI - fondato da reduci della Repubblica Sociale italiana e ex esponenti del regime fascista di Mussolini? L’integrità dovrebbe valere sempre, in ogni circostanza, e non a convenienza.
Veniamo ora ai valori personali, che faremo differire dall’ideologia per un aspetto: di un’ideologia spesso si sposano anche gli aspetti che si reputano sbagliati - non possiamo credere che tutti e 13 i consiglieri regionali toscani di centrodestra fossero davvero contrari alla legge sul fine vita; è più plausibile che abbiano votato contro per seguire i dettami del partito, metafora dell’ideologia-, mentre i valori hanno a che fare con una visione del mondo ben precisa. Ebbene, quando i valori personali vanno a ledere i diritti altrui, devono essere rivisitati.
Paolo Augusto Lojudice, presidente della Conferenza Episcopale Toscana, ha commentato dicendo che “sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti”. Dello stesso avviso i vescovi toscani, che riuniti a Livorno lo scorso 28 gennaio, si sono espressi dicendo che, secondo la Costituzione, “non c’è il diritto a morire ma a essere curati, e che il sistema sanitario deve migliorare le condizioni di vita, e non dare la morte”. Il valore della vita a tutti costi, anche quando è ostacolata da sofferenze indicibili, èriconducibile alla sfera della religione cristiana. Ma Lojudice e i vescovi toscani sanno benissimo che non esiste solo il cristianesimo, ed è ingiusto parlare di sconfitta nei confronti di una legge che dona ulteriore libertà di scelta a pazienti gravemente malati. Un ateo o un agnostico non hanno accolto Gesù nella propria vita, e sul tema della morte avranno valori differenti da quelli del cristianesimo.
Fa sorridere il fatto che spesso e volentieri la chiesa debba mettere bocca su questioni delicate come come il fine vita, cercando di apparire come l’unico organo in grado di portare civiltà nel mondo, quando le sue azioni sono, prima di tutto, il prodotto di un testo sacro scritto due millenni fa. Non a caso è aperta ai migranti, ma non al matrimonio gay. La civiltà può essere apportata soltanto da coloro che sono scevri da ogni valore assoluto perché consapevoli che i valori sono mutevoli, in quanto cambiano con il passare del tempo e della società.
Se Lojudice e i vescovi toscani fossero al potere non avremo la legge sul fine vita. Eppure, com’è ovvio, dovrebbe valere il principio la tua libertà finisce dove comincia la mia. Ognuno dev’essere libero di scegliere di cosa fare della propria esistenza, perfino di porne fine se tormentata di dolori, e nessuno deve avere l’autorità di impedirlo. Gli uomini di chiesa dovrebbero limitarsi a far conoscere i propri valori, ma avendo bene in mente che non tutti la pensano come loro; devono insomma rispettare leggi e scelte che sono contrarie alla fede in cui credono se arrecano beneficio alle persone e non ledono nessuno.
Siamo nell’anno 1786, e il Granducato di Toscana è il primo stato al mondo ad abolire la pena di morte, pratica che considerava disumana. Nel caso in questione, Lojudice avrebbe ragione a spendere parole di repulsione nei riguardi di una pratica che toglie la vita a chi vorrebbe vivere. Ma nella legge sul fine vita la situazione è capovolta: è la persona a chiedere di morire. La Toscana è stata la prima al mondo a eliminare la morte legalizzata a chi non la voleva, e la prima in Italia a darla a chi ne ha bisogno. Queste sono lezioni di civiltà che ci rendono fieri di essere toscani.
autore: Paolo Insolia