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Le licenze nel videogioco: tra necessità e investimento

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Joystick Joystick © PxHere
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La crescita del settore videoludico, che negli ultimi anni si sta via via espandendo a settori fino a poco prima imprevedibili, è stata accompagnata da un crescente interesse circa i suoi meccanismi, le sue logiche e il suo funzionamento. Aspetti che hanno acquistato mano a mano sempre maggiore complessità, conseguenza dell’evoluzione che ha trasformato il videogioco da passatempo di nicchia a principale medium di intrattenimento: una crescita punteggiata da opere e franchise originali diventate pietre miliari, da Super Mario ai Pokémon, passando per Prince of Persia e Tomb Raider.

Ma la storia del videogioco, fin dalle sue origini, è legata alle licenze: videogiochi basati sulle più diverse proprietà intellettuali di altri media, utilizzate pagando i legittimi detentori. I motivi di tali scelte, costanti nel corso del tempo, sono numerosi, ma fondamentalmente riconducibili a due esigenze: necessità o investimento economico.

Nella produzione di un videogioco, in assenza di un soggetto originale, si puntava a beneficiare del peso pubblicitario derivante dall’utilizzo, ovviamente costoso, di una licenza. Licenze che, molto spesso, arrivavano dal cinema, utilizzando i successi passati sul grande schermo e trasportandoli in titoli che non brillavano per gameplay originali. Nonostante ciò, non sono mancati esempi di successo: da Raiders of the Lost Ark, primo videogioco su Indiana Jones uscito nel 1982, ai vari titoli basati sui classici Disney degli anni ’80 e ’90. Fino ad arrivare a Michael Jackson’s Moonwalker, ispirato all’omonimo film con protagonista il Re del Pop. Si tratta di esempi caratterizzati da un gameplay estremamente classico e con pochissime innovazioni, perciò fortemente dipendenti dall’attrattiva delle licenze ufficiali.

Come per esempio i protagonisti Disney, come Aladdin o Hercules, o protagonisti del mondo dello spettacolo come Michael Jackson, le cui canzoni campionate facevano da colonna sonora del titolo. Non mancano, di contro, esempi nei quali l’utilizzo di licenza ufficiale si è rivelato controproducente, non riuscendo a mascherare le carenze oggettive del titolo: è il caso di ET – l’Extraterrestre, un caso diventato vera e propria leggenda e rivelatosi ottimo esempio di investimento videoludico errato.

In altri casi, l’utilizzo di licenze nel mondo del videogioco si rivela essere una vera e propria necessità, per diversi motivi. Può capitare che un determinato gioco si collochi nel mondo narrativo di un altro franchise, pur senza volerne adattare una storia preesistente. In questo caso, nonostante il titolo risulti originale, l’utilizzo della licenza diventa necessario per la più ampia cornice all’interno della quale il videogioco si inserisce. Si può pensare agli innumerevoli titoli ufficiali Star Wars, come la serie Battlefront o Knights of the Old Republic. Così come gli action adventure La Terra di Mezzo, basati sulla mitologia fantasy di Tolkien; o alla trilogia di The Witcher, sviluppata su licenza delle opere letterarie omonime.

Esistono poi casi nei quali il videogioco, pur non adattandosi a un franchise, utilizza elementi ufficiali su licenza. Si pensi ai titoli F1 o MotoGP, sviluppati sulla base di accordi con le rispettive federazioni e che quindi possono riprodurre su licenza piloti, scuderie e circuiti, come l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, l’Autodromo Nazionale di Monza o l’Autodromo Internazionale del Mugello, apprezzato per la sua attenzione alla sostenibilità.

Nulla esclude naturalmente che le due esigenze possano coesistere in diversa misura nello stesso titolo, e che l’utilizzo di una licenza rappresenti anche un investimento per distinguere il proprio titolo da altri analoghi. Nel mondo delle slot machine, per esempio, l’utilizzo di licenze ufficiali è iniziato presto. Questo accade per esempio nelle slot basate su personaggi famosi, come Elvis Presley, o su programmi televisivi, come Jeopardy. Numerosi prodotti di intrattenimento, dal cinema alle serie tv, finiscono per comparire su una qualche slot, e scorrendo i titoli proposti da un operatore del settore come PokerStars Casino non sorprende che spicchino esempi come le slot basate su Rick & Morty o su Jumanji.

Nel mondo calcistico, con esempi come FIFA e PES, storici simulatori impegnati in un percorso di rebranding, si sono sempre creati scontri sull’utilizzo delle licenze. Se un titolo si accaparrava i diritti su una specifica competizione o campionato, l’altro al suo posto metteva un equivalente riconoscibile ma inventato, come nel caso del Liverpool FC proposto come Merseyside Red in assenza di licenza ufficiale. In questi casi le licenze sono sì un investimento, teoricamente ripagato dalla maggiore attrattiva di un titolo ufficiale, ma allo stesso tempo una necessità, tanto per distinguersi quanto per attingere a risorse inaccessibili se non dietro licenza.

Non va infine dimenticato che è comune anche il percorso inverso, ossia videogiochi portati su altri media di intrattenimento dietro licenza: romanzi, serie tv e fumetti creati da videogames dietro apposita licenza sono numerosi, ma si distinguono in particolare i film. Da Tomb Raider ad Assassin’s Creed e Uncharted, passando per World of Warcraft fino al recente Super Mario Bros, le pellicole prodotte su licenza videoludica si contano in gran numero.