Non solo Benigni, Gassman, Albertazzi o Sermonti, che nel tempo, con le loro letture dantesche, hanno affascinato il pubblico rinnovando il fascino immortale della Divina Commedia.
Il primo tentativo organico di realizzare una "Lectura Dantis" integrale risale addirittura a circa ben 650 anni fa, ad opera di un altro grande esponente toscano della letteratura trecentesca,
Giovanni Boccaccio, figura dotta e di gran spessore culturale.
Ormai sessantenne e non in ottima salute, Boccaccio non aveva conosciuto personalmente Dante, ma ne era grande estimatore (al punto da scriverne una biografia nel 1355) e un grande e accurato studioso della sua Commedia, che fu il primo a definire "Divina".
Domenica 25 agosto 1373, presso la Badia Fiorentina, ovvero l'abbazia di Santa Maria sul cantone tra via del Proconsolo e via degli Alighieri, si tenne la prima delle letture.
Quella stessa Badia il cui campanile scandiva la terza e la nona ora della giornata, quelle in cui si iniziava e si finiva il lavoro, come ricordato anche dallo stesso Dante (Par., XV, 98).
Davanti a Boccaccio, mercanti, popolani, iscritti alle Arti, borghesi, artigiani, eruditi e letterati, tutti intenti ad ascoltare la meraviglia in versi del Sommo.
Il percorso continuò fino al 23 ottobre 1373, quando, giunto al XVII canto dell’Inferno, dopo aver messo insieme circa 60 commenti, Boccaccio dovette lasciare l’impresa a causa delle cattive condizioni di salute.
Morì nella natia Certaldo il 21 dicembre 1375.
Erano stati i cittadini di Firenze a chiedere ai Priori delle Arti e al gonfaloniere di giustizia una pubblica lettura del poema, per beneficiare degli insegnamenti edificanti in essa contenuti.
Da qui, il decreto della Repubblica fiorentina dell'agosto 1373, in cui si stabiliva che la Commedia di Dante dovesse essere letta e commentata pubblicamente, vista la crescente diffusione e la particolarità del testo.
Di ogni canto Boccaccio forniva una spiegazione letterale e una allegorica.
Pare che, inizialmente favorevole all'iniziativa, pian piano se ne pentì, confessando “la vana speranza” di riuscire a far comprendere gli alti contenuti della poesia dantesca agli “ingrati meccanici”, cioè coloro che si occupano di cose pratiche e volte al guadagno".
In ogni caso è indubbia l'importanza di quegli appuntamenti, che consentirono a molti di scoprire la grande opera di Dante.
Tant'è che dopo la scomparsa di Boccaccio, la Lectura Dantis proseguì, nei giorni festivi, in vari luoghi della città, a cura di Benvenuto da Imola, Francesco Filelfo, Filippo Villani e frate Domenico da Corella, profondi conoscitori fiorentini della Commedia.
A Boccaccio il merito di aver inaugurato una modalità di commento alla Commedia che da fine Trecento continua ancor oggi, per poterne fruire in modo più consapevole.