Era il 4 settembre del 1260 quando a Montaperti, una larga spianata vicino a Siena si tenne una delle battaglie più importanti del Medioevo, ammantata di leggenda per i tanti episodi che l’hanno caratterizzata e determinante per gli equilibri politici della Toscana, combattuta dalle truppe ghibelline senesi e da quelle guelfe fiorentine.
Firenze e Siena, entrambe fiorenti città arricchitesi col commercio e l’attività bancaria, erano da molti anni in conflitto, sia per ragioni economiche che di egemonia territoriale.
A questo si univa la rivalità politica che contrapponeva la fazione dei Guelfi (sostenitori del Papa) predominante in riva all’Arno e quella dei Ghibellini (sostenitori dell’Imperatore) che comandava tra l’Arbia e l’Elsa.
La scintilla che incendiò il conflitto fu l’accoglienza data da Siena ai ghibellini fiorentini che nel 1258 avevano tentato invano di sovvertire il potere guelfo a Firenze.
La battaglia fu anticipata da altri scontri, soprattutto in Maremma, che portarono poi allo spiegamento della forze fiorentine alle porte di Siena.
Lo scontro, dopo alterne fasi, volse a favore dei senesi a seguito di un episodio che nei secoli si è dipinto di toni leggendari, il cosiddetto tradimento di Bocca degli Abati.
Costui, fiorentino di parte ghibellina a fianco dei guelfi per opportunismo, avvicinatosi al carro che custodiva le insegne di Firenze, tagliò di netto la mano di Jacopo Pazzi che reggeva il Gonfalone della città.
Il ratto dell’insegna portò grande confusione nelle file fiorentine e a niente valse il sacrificio della fanteria che, schiacciata dall’urto della cavalleria guelfa, tentava di concedere ai propri cavalieri il tempo per tornare all’attacco.
Tra le varie spiegazioni che si danno al gesto di Bocca degli Abati non mancano nemmeno quelle da rotocalco rosa, con Bocca che avrebbe mutilato Jacopo de’ Pazzi perché geloso del suo amore per Cecilia Gherardini.
Altre fonti raccontano che al calar della notte molti fiorentini, spogliati delle proprie insegne, si mescolarono agli alleati dei senesi pur di salvarsi, altre ancora parlano della vivandiera Usilia che, sebbene ghibellina, salvò 36 nemici scortandoli attraverso un tunnel sotterraneo oltre il campo di battaglia.
Di questa battaglia anche Dante ce ne dette doloroso ricordo nella Divina commedia: “Lo strazio e 'l grande scempio che fece l'Arbia colorata in rosso, tal orazion fa far nel nostro tempio” e “Se tu non vieni a crescer la vendetta di Montaperti perché mi moleste?”
La vittoria dei senesi rovesciò il governo fiorentino che passò ai ghibellini, i quali, soprattutto nella figura di Farinata degli Uberti, riuscirono faticosamente a impedire la distruzione di Firenze voluta da Siena.
Ad essere rase al suolo furono ‘solo’, se così si può dire, le torri e le abitazioni guelfe.
Il risultato della battaglia segnò così il dominio momentaneo dei ghibellini sulla Toscana, un fatto che nel giro di pochi anni sarebbe stato completamente sovvertito.
Fabrizio Scheggi
Ma la cosa più stupefacente di tutte è la gran quantità di avvenimenti legati al Mugello: quali furono le fortezze fiorentine del Mugello che dovevano operare da difesa per la città? quali furono i soldati nativi del Mugello che parteciparono alla spedizione? quali furono i cittadini e le Pievi del Mugello chiamate a contribuire con dotazione di grano e animali per il sostentamento della spedizione? Quali i danni in Mugello alla fazione guelfa? Queste e altre domande ancora hanno trovato piena risposta nel mio libro IL MUGELLO NEL LIBRO DI MONTAPERTI- e mi scuso per la pubblicità