Di Roberta Capanni - Storie di gente di Firenze, persone che portano alto il nome della città nel mondo. Oggi è il regista Domenico Costanzo il protagonista della nostra intervista. Domenico scrive anche sceneggiature ed ha iniziato con l’amico Leonardo Pieraccioni questa sua attività artistica. Quando parli con lui non sai mai se sta parlando sul serio e se sta scherzando ma ha l'aria dolce e triste di un'animo difficile da decifrare.
Oggi Domenico con il suo ultimo lavoro “Ho sposato mia madre” sta ottenendo consensi a livello internazionale ma, come accade a molti fiorentini del presente e del passato, in patria è meno seguito. Pochi giorni fa, dopo questa intervista, è stato selezionato per un altro importante festival di cinema indipendente, il Julien Dubuque International Film Festival, uno dei più quotati al mondo, che ha trovato il film veramente intenso. A questo si aggiunge l'importantissima selezione per il 2020 Nice Film market & World Independent Cinema Awarda (Wica).
Come è nata in te la voglia di diventare un regista?
La voglia di diventare un regista è partita da tempi ormai lontani, nel 1985 quando c’erano le telecamere VHS con il mio amico Leonardo Pieraccioni. Non si sapeva cosa fare il pomeriggio da ragazzi e si girava e rigirava per Firenze. Lui aveva appena iniziato a fare cabaret e ci venne in mente di fare dei brevi sketch dove lui recitava qualcosa di divertente. E così si iniziò a fare questi cortometraggi proiettandoli inizialmente in gruppi di amici. Poi però ci siamo accorti che questi amici…non ci rivolgevano più la parola perché erano filmetti completamenti inguardabili! Soprattutto non si conosceva assolutamente la tecnica cinematografica quindi, se si doveva pensare una scena in cui lui doveva uscire di casa e camminare fino a Piazza del Duomo, noi si riprendeva lui che usciva di casa e che cammina fino a piazza del Duomo. Ci poteva mettere anche 5 ore e mezzo e noi si riprendeva tutto il tempo. Quindi il film era la durata di tutta la passeggiata da casa al Duomo! Era assolutamente noioso. La musica poi non ci riusciva metterla bene e generalmente più che musica erano musiche in cassetta, cose improponibili! Il primo film che si fece si intitolava “La donna che scompare”: praticamente si vedeva lui che, siccome gli piaceva una, la seguiva fino a piazza del Duomo. Poi lei scompariva! Questi sono stati gli esordi.
Quindi tutto è iniziato per gioco. E quando è diventata una professione?
Anche in questo devo dire che c’è lo zampino del successo del cinema toscano in Italia avviato dal film “Il Ciclone” perché proprio in quegli anni io conobbi un produttore, Giorgio Leopardi, che visto il successo che stava avendo il cinema toscano decise di realizzare con me un film. Si intitolava “I volontari” : nel cast Romina Mondello, Gianni Giachetti , Lorenzo Ciompi e i compianti Andrea Cambi e Carlo Monni insomma un po’ tutti gli attori che si conoscevano in Toscana. Il film andò in televisione, una produzione RAI cinema Fiction, e quindi è stato il mio primo salto nel cinema professionale.
Tra i lavori che hai fatto ce n’è uno che ti è piaciuto fare più di altri?
Sinceramente tutti i lavori che ho fatto mi è piaciuto farli… ovviamente ci sono cose che mi hanno coinvolto di più e altre di meno però sono tutti figli. Io sono affezionato per esempio anche a dei documentari che ho fatto su tematiche sociali, che magari sono stati visti da poche persone, ma quelle poche hanno apprezzato molto. Per esempio tra i filmati che mi son piaciuti tanto c’è “Io faccio il rock” la storia di un ragazzo disabile che voleva diventare un musicista. Un lavoro molto carino come “I like you”sul cyberbullismo, “Caro amore” sulla SLA”…insomma tanti. Anche il film che feci sulla Fiorentina “La mia squadra del cuore” con Giuseppe Ferlito, un film molto toccante, è stato un bel progetto fatto con piacere.
Tu sei un regista ma parti dalla scrittura e sei una persona che cerca di indagare sui sentimenti…
Sì indago sui sentimenti. Non è una cosa prestabilita ma un sentire che mi viene spontaneo, d’istinto. Mi piacciono i film dove, a parte la storia, ci si possa identificare con i sentimenti rappresentati dove scattano meccanismi di identificazione universale
Del cinema italiano oggi cosa pensi?
Il cinema italiano oggi non mi convince molto. A parte degli outsider, ci sono tanti film natalizi e film commerciali ma in realtà il cinema italiano a me sembra abbastanza fermo e anche nelle proposte che fa non esce molto dall’Italia. Un film come Parasite, che ha vinto l’Oscar, in Italia non lo avrebbero mai fatto.
Perché?
Perché seguono gli incassi. L’interesse è uscire in duecento sale e riprendere i soldi investiti subito. Non vedo un grande entusiasmo creativo nel cinema,solo un entusiasmo commerciale.
Il cinema ha il compito di raccontare anche cosa accade nella società. E dico questo per arrivare al tuo film, la storia che ti sta portando tante soddisfazioni, una storia che definivi semplice e che in realtà è un racconto molto toccante. La storia che parte da tua madre.
Questo film “Ho sposato mia madre” è stato un’operazione artistica non è stato un’operazione commerciale. È ispirato a mia madre nel senso che si rifà alla situazione in cui si è ritrovata mia madre e in cui, per forza di cose, mi sono ritrovato anch’io. Mia madre è infatti si trova nella struttura Magnolie di Korian a Firenze. Così frequentando le Residenze Sanitarie Assistite ho toccato con mano i problemi relativi alla terza età. Problemi che prima non conoscevo, era tutto per sentito dire.
Anche adesso vado da mia madre che si trova sempre in una struttura, che oggi è in fase degenerativa dopo un grave ictus che l’ha colpita. In questa situazione non cercavo un’idea cinematografica mi è venuta naturalmente. Ti faccio l’esempio di una scena molto toccante che mi è capitata. C’era un malato di Alzheimer ormai assente dai problemi del mondo. Mi ha colpito ed ho chiesto all’ infermiera come mai non ci fosse mai nessuno con lui e lei risposto che ormai era quasi un vegetale e che i parenti venivano solo ogni tanto. Così ho chiesto: ”Ma questa persona che faceva da giovane?” “Si occupava di pugilato- ha detto l’infermiera. Appena si sono allontanati tutti ho cercato sul telefonino un vecchio filmato di un ring e l’ho messo davanti ai suoi occhi e lui l’ha guardato. Poi ha spostato leggermente gli occhi, che si sono inumiditi. Questo per me è quello che ho raccontato poi nel film, che l’amore comunque, i sentimenti restano sempre vivi nell’essere umano fino alla fine perché la sede delle emozioni è nell’ipotalamo la zona del cervello che viene spenta per ultima. Questo film è un film su mia madre ma in realtà è un film sull’amore.
Quando ho pensato il film e l’ho strutturato nella mia mente non ho pensato di andare a cercare produzioni di cinema italiano perché non l’avrebbero mai fatto un film che tratta di una patologia, che tratta della terza età, mai avrebbero fatto una cosa del genere specialmente se veniva da uno che non ha mai vinto un Oscar! (ride). Lo volevo fare e l’ho fatto.
Questo film però ha fatto il suo percorso…
L’ho realizzato e fatto vedere a persone che in un certo modo avrebbero potuto aiutarmi nella diffusione cinematografica ma non mi hanno aiutato perché non hanno ritenuto il film un prodotto commerciale. Solo Marco Duradoni e Leonardo Pieraccioni hanno cercato di aiutarmi facendo conoscere in giro il film.
Poi c'è stata la proiezione in sala... ed è stata un’ovazione. Quindi qualcosa non tornava.
Ho iniziato allora a mandarlo ai festival del cinema e ad oggi è stato selezionato in 19 festival del mondo e dovrebbe essere proiettato al Chinese Theatre di Hollywood nell’ambito del Globe State Festival diretto da Peter Green uno degli attori di Tarantino il quale mi aveva invitato ad andarci…
Il film è stato anche selezionato anche in due festival importanti in India (in uno scelto tra i primi 10 su 800 film), e poi un festival in Africa, in Germania, in Francia, a Miami in tutto 19 festival. Invece in Italia non lo considerano proprio. Addirittura i festival minori in Italia a cui l’ho inviato, non lo hanno selezionato. Questo atteggiamento italiano non lo comprendo ma ovviamente il mio non è un “cinepanettone” e neanche un film con tante “raccomandazioni al seguito”. Io non sono nella fase della vita della raccomandazione, sono in quella fase dove si attende che i pianeti si allineino da soli. Il film deve fare la sua strada. Io sono già contento perché questo film, girato a basso budget, mi consentirà di muovermi e farlo vedere a più persone possibili, un film che contiene dei messaggi importanti, che fa vedere la terza età in modo diverso, che fa capire la centralità dei sentimenti in ognuno di noi. Ci sono cose su cui il pubblico vorrei riflettesse.
La società di oggi quindi secondo te sta sulle righe? Non ama approfondire?
Io credo che ognuno è vittima di se stesso. La società non è una cosa astratta siamo noi. Se io porto il film che ad una persona che ha avuto un genitore, un parente con l’Alzheimer allora lo sente; se arriva a chi pensa solo al denaro, che pensa che tutto il mondo ruoti intorno a lui,ad uno a cui va tutto bene e si sente immortale, lo ripugnerà perché penserà che a lui non toccherà mai.
Finiamo con i tuoi amici, quelli con cui hai iniziato
Leonardo lo vedo e sento ogni tanto Carlo. Ma quando una persona ha dei figli la vita cambia completamente, il rapporto con la vita cambia. Anche lui prima era più goliardico. Con Leonardo forse ci si vede un po' meno ma scherziamo sempre come quando eravamo ragazzi, ci si prende in giro, ci mandiamo messaggi. Resta comunque con tutti un rapporto di stima e d’affetto.
Progetti?
Vediamo cosa accade al film che è stato inviato anche a tanti altri concorsi importanti. Ho realizzato un film ultimamente di Alessandro Baccini sui combattimenti clandestini. la storia di un uomo che per aiutare bambini del terzo mondo arriva a sacrificare la sua vita. Un film faticoso, fatto in otto mesi di lavoro toccante ma comunque un film più commerciale.
Ma i tuoi film chi volesse vederli dove li trova?
Sono in vendita in dvd e inoltre mi possono contattare… “faccio vendite porta a porta” :-).
(E ride...)