x
OK!Firenze

Giotto Ulivi. L'incontro con l'astronoma Anna, uno studente racconta...

  • 218
Giotto Ulivi. L'incontro con l'astronoma Anna, uno studente racconta... Giotto Ulivi. L'incontro con l'astronoma Anna, uno studente racconta... © n.c.
Font +:
Stampa Commenta

OK!Mugello è orgoglioso di ospitare, pubblicandolo in evidenza, l'appassionato e ben scritto contributo di uno studente mugellano, Alessandro Maretti della 4C del Giotto Ulivi. La relazione dell'incontro avuto dagli studenti con l'astronoma mugellana (di San'Agata, clicca qui) Anna Brucalassi. Buona lettura:

Era una notte stellata in Cile quando un team di tre astronomi fiorentini, a capo del quale vi è una giovane astronoma mugellana, Anna Brucalassi, di Sant’Agata, fa, in un ammasso stellare a 2500 anni luce dalla terra, nella costellazione del Cancro, una sensazionale scoperta: tre pianeti, dei quali uno in orbita intorno ad una stella  che è un raro gemello solare, quasi del tutto identica al sole in tutti i suoi aspetti. L’astronoma, assieme al suo supervisore, Luca Pasquini, d’orini mugellane anch’egli, decise di chiamarli, in onore della terra natale “pianeti mugellani”. La notizia di questa scoperta giunge a Firenze il 2 febbraio del 2014, e comincia a sentirsi un brusio sommesso nella comunità scientifica. Il 10 maggio dello stesso anno la stessa Anna è ospite, nell’auditorium del Liceo Giotto Ulivi, per parlarci della sua esperienza formativa, oltre che dei metodi della sua ricerca scientifica. Cercare pianeti extrasolari non è facile. Sia che si pratichi l’osservazione diretta di questi corpi celesti (sebbene sia disturbata dalla luminosità della stella madre, purché si tratti di pianeti particolarmente massivi, come Giove) sia che si pratichi uno dei qualsiasi metodi di osservazione indiretta (si basi esso sulle velocità radiali, più vecchio, poco funzionale sulle lunghe distanze astronomiche, ma adatto per qualsiasi orbita, o sul transito, di più recente e promettente ideazione, che, pur funzionale soltanto alla ridottissima percentuale di pianeti con orbite allineate al nostro punto di vista, dalle illimitate potenzialità tuttavia, dal punto di vista del raggio di osservazione). E’ però grazie a questi strumenti teorici ed alle sensibilissime apparecchiature astronomiche di ultima generazione, i cui recenti miglioramenti hanno permesso a questa giovanissima branca della fisica di crescere ad un ritmo sempre crescente in questi ultimi anni, con oltre ottocento pianeti extrasolari, quasi il cinquanta percento di quelli noti, scoperti ad oggi nel 2014, la fisica, in particolare l’astrofisica, è potuta andare oltre i confini dello spazio e del tempo, addentrandosi in un percorso tortuoso attraverso l’origine dell’universo, alla ricerca della vera natura di questo, nascosta tra le varie forme in cui gli stessi fenomeni stellari si esprimono. Ma non tanto e non soltanto a questo scopo scientificamente divulgativo è servito l’incontro con questa nostra compaesana, che, visibilmente emozionata, con parole semplici, un genuino approccio nostrano ed un pizzico di genialità giocosa e quasi impacciata è riuscita a creare una perturbazione, percettibilissima, nell’immagine che fino ad ora avevamo avuto dell’educazione italiana e della Scienza. E’ ironico pensare come, imperniata ad una scoperta intrisa di patriottismo verso quella terra a cui “dopo i tortelli e le galline mancavano solo i pianeti mugellani”, fosse potuta svilupparsi, mulinando e catturando l’attenzione di tutta la platea, una discussione sui problemi del sistema educativo italiano. Trasformatasi, infine, in una sentita esortazione a divincolarsi da un campanilismo che a lungo ci ha resi cechi delle limitazioni della ricerca in questo paese, oltre che la sua arretratezza rispetto alle avanguardie scientifiche del resto d’Europa. Tante sono le speranze, se grandi sono la passione e volontà di guardare oltre una Firenze sempre antica, ed un’Italia che sta stretta a chi guarda in alto, verso le stelle, come Anna faceva quando, ancora studentessa del nostro liceo, partecipava alle osservazioni astronomiche organizzate, al tempo, dall’astronomo Raffaele Barletti in aperta campagna o presso Villa Demidoff. Conseguenza naturale, venne subito dopo la decisione d’iscriversi alla facoltà di fisica con indirizzo Astrofisico, seguito dalla laurea ad Arcetri con una tesi in strumentazione nel gruppo di Ottica Adattiva. Giunse poi un occasione, una di quelle che capitano a pochi una volta nella vita, e che può essere riassunta in una singola parola: “Vai”, la stessa cosa che le fu detta quando la possibilità le fu offerta di un dottorato a Monaco di Baviera, dove tutt’oggi vive e lavora, facendo la spola tra il “Max Planck Institute” e l’osservatorio astronomico di La Silla  in Cile, dove l’importante scoperta è avvenuta. Certo gli scogli furono notevoli, e superarli non è stato facile. “E’ un percorso durissimo, perciò sceglietelo solo se ritenete la vostra passione grande abbastanza da sopportarlo” queste le parole con cui Anna ha descritto gli inizi difficili: la necessità di acquisire un uso pratico di egregia qualità della lingua inglese, carente, rispetto al resto d’Europa, nella preparazione di base italiana, in un lasso di tempo incredibilmente breve, l’approccio con esperienze di laboratorio che il nostro sistema d’istruzione, nuovamente, non è riuscito ad offrirle, e l’elevatissima pressione di un ambiente estremamente selettivo e competitivo non sono stati ostacoli facili da superare, eppure lei ha dato del suo meglio per farlo, ci ha messo tutta sé stessa. Non ha voluto rinunciare ad un occasione che le aveva aperto le porte dell’Europa, di una realtà scientifica della quale l’Italia, che tanto altera rivendica un patrimonio culturale millenario, eppure ottima a livello di preparazione, è tuttavia ignara, pur trovandosela accanto, pochi passi oltralpe. La conferenza ha così aperto le nostre menti ed i nostri cuori ad una scienza che, oltre che cosmopolita, si è riscoperta in un suo aspetto fondamentale, a lungo rimasto latente, ma che la risposta ad una semplice domanda, “Se queste ricerche extrasolari avessero qualche risvolto pratico”, è riuscita a riscoprire: la profonda umiltà della scienza e della fisica in particolare, la più umanistica di tutte le scienze. All’ombra di questa semplice e modesta figura di scienziata che la persona di Anna Brucalassi ha lasciato impressa nella nostra memoria dimorano ora tutte le pretese di chi riteneva la ricerca scientifica al di sopra di ogni altra forma del sapere, in quanto unica e vera detentrice della verità: la scienza è sapere, è una ricerca continua, è la soddisfazione dell’uomo di applicare al mondo la propria naturale intelligenza, questa, per sommi capi, la risposta della scienziata. Chi ricerca sa di incamminarsi lungo un sentiero, giunti alla fine del quale, non si trovano risposte alle proprie domande bensì un ulteriore ramificazione di dubbi e quesiti in cerca di risposta. I protagonisti di questa asintotica avventura lo sanno, vengano essi d’oltralpe o dal Mugello, purché desiderosi di conoscere e sperimentare, che il loro obbiettivo, come disse Bertolt Brecht in “Vita di Galileo”, “non è aprire le porte della conoscenza ma chiudere quelle dell’ignoranza”. Di questo insegnamento, Anna, non saremo mai abbastanza riconoscenti. Alessandro Maretti

 

Lascia un commento
stai rispondendo a