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Handball maschile - Conversano sul tetto d’Italia, Merano e Tommy Romei lasciano l’anima sul parquet

I Black Devils cadono con onore nella terza sfida scudetto. Il saluto di Tommy Romei: un addio che somiglia a un abbraccio.

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Tommy Romei in maglia rossa Tommy Romei in maglia rossa © nn
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Ci sono serate in cui lo sport smette di essere un gioco e si trasforma in un rito. Il parquet si fa teatro, il pubblico un coro greco, e ogni gesto diventa simbolo. La terza e decisiva partita scudetto tra Conversano e Merano è stata esattamente questo: una battaglia che ha avuto il sapore della fine e dell’inizio, della gloria e della nostalgia.

Conversano ha conquistato il 16° tricolore per la terra pugliese un numero che profuma di leggenda per la pallamano. Ma il punteggio finale – 34 a 31 – non racconta tutto. Perché dietro quei tre gol c’è un abisso di emozioni, sguardi che si incrociano, mani che si stringono, urla spezzate e sogni rimandati.

Il peso della storia e il coraggio del presente

Nel palazzetto di Conversano, l’aria era densa. Non solo di umidità, ma di attese. Il tifo locale pulsava come un tamburo tribale, mentre i Black Devils scendevano in campo con la compostezza di chi sa che ogni errore può essere l’ultimo. È stata una partita tesa, nervosa, vissuta centimetro per centimetro, dove ogni possesso sembrava una scelta di vita.

I padroni di casa sono partiti subito forte, afferrando il comando e non mollandolo mai. Ma non è stato dominio, è stata sopravvivenza. Perché Merano, nonostante l’inseguimento costante, non ha mai smesso di credere, non ha mai smesso di combattere.

Black Devils, cuore e orgoglio

“Non conta se vinci o perdi, ma come sanguini in battaglia”, scriveva Gianni Brera, e Merano ha sanguinato con eleganza. Il ritorno dei Black Devils nel finale, quella fiammata che ha fatto tremare le certezze dei pugliesi, è stato l’emblema di una squadra che ha saputo tenere viva la fiamma anche quando il buio sembrava calare.

Le parate al limite, le reti segnate in equilibrio precario, le mani tese a sostenere un compagno a terra: in quei dettagli si è vista la grandezza dei meranesi. Non solo atleti, ma uomini in missione.

Tommy Romei: fine di un capitolo, inizio di un viaggio

E poi c’è lui, Tommaso Romei. L’ultima palla giocata con la maglia dei Black Devils è finita tra le maglie strette del tempo. Romei, che lascia Merano per salire più a nord, verso Bregenz, ha salutato il suo pubblico come si saluta un amore che ha insegnato a vivere.

Dai primi passi tra le giovanili alle prestazioni mature, è stato uno dei cuori pulsanti della squadra: instancabile in difesa, letale in attacco, sempre pronto a prendere sulle spalle il peso del momento. Lo ricorderanno per il coraggio, certo, ma anche per quella scintilla negli occhi che solo chi gioca con passione autentica riesce a mantenere.

“Non ho mai dato meno del 100% per questa maglia”, avrebbe potuto dire. E nessuno gli avrebbe contestato nulla.

Oltre il risultato: un futuro ancora da scrivere

Con questa vittoria, Conversano torna a scrivere il proprio nome nell’albo d’oro. Ma il vero lascito di questa finale è la consapevolezza che Merano c’è, e ci sarà. Una squadra che ha saputo costruire un’identità forte, che ha coltivato talenti e valori.

Il cammino si è fermato a un passo dalla vetta, ma non è stato invano. La classifica dice che lo scudetto è pugliese, ma i cuori sanno che i Black Devils hanno lasciato un’impronta profonda su questa stagione.

E in fondo, come in ogni buona storia, quello che conta non è solo come finisce, ma come ci si è arrivati. E Merano, in questa stagione, ci è arrivata lottando. Sempre.

 

 

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