Il farro biologico
Il farro biologico
Farro è denominazione generica attribuita indifferentemente a ben tre specie diverse del genere Triticum, comunemente chiamate “frumenti vestiti”. Attualmente non esistono in Italia varietà di farro iscritte al Registro Nazionale: il prodotto nazionale reperibile deriva da vecchie “popolazioni” (tipologie) che gli agricoltori di ristrette aree geografiche si sono tramandate nel tempo e che, in parte, hanno subito un “lavoro di selezione”.
La storia
Il farro è un cereale antico, la sua coltivazione inizia con l’agricoltura stessa, nove o diecimila anni fa. Questo cereale ha permesso all’uomo di sopravvivere per generazioni e di dare luogo ai primi insediamenti (fine del nomadismo). Si è originato nelle montagne della Mezzaluna Fertile, tra Iran, Iraq, Siria e Palestina, dove cresce spontaneamente il suo progenitore selvatico, T.dicoccoides.
Nel Mediterraneo giunse portato dall’uomo, in epoche successive alla prima domesticazione. Il farro costituisce il principale cereale durante tutto il Neolitico e l’Età del Bronzo. Il farro oltre che nell’antico Egitto fu molto coltivato dai Greci e dai Romani. Inizialmente fu coltivato principalmente in Mesopotamia, Siria, Egitto e Palestina, in seguito si diffuse in Anatolia, nel Bacino del Mediterraneo e nell’Europa occidentale.
Nella nostra penisola si diffuse, per via delle colonie greche, nell’Italia meridionale e costituì la base della dieta degli antichi Romani, che utilizzavano la farina (termine derivato da farro) per preparare una specie di polenta detta “farratum”. Durante l’impero romano i semi del farro, detto “farro odoreum” o “odor”, erano protetti da Cerere, la Dea delle messi, ed erano considerati i grani della potenza. A quell’epoca il farro veniva donato agli eroi che si erano distinti in battaglia a titolo di onore e gloria detto “odorea”. Il medico romano Galeno riporta che nell’alimentazione dei soldati all’orzo si preferiva il farro, in quanto, già allora, questo cereale era ritenuto più energetico e nutriente. Il farro è una specie molto rustica, resistente alla siccità ed alle avversità, è certamente un’alternativa per le aree cerealicole marginali interne, di collina e di montagna.
E’ un cereale coltivato che conserva una caratteristica comune a quelli selvatici, cioè quella di non perdere una parte della pula (glume e glumelle) anche dopo una normale trebbiatura. Il fatto di avere la granella vestita è molto importante da un punto di vista agronomico (protezione contro predatori ed altre avversità ambientali e consente anche una maggiore conservabilità del prodotto. Non essendo stato oggetto di miglioramento genetico il farro non consente le stesse produzioni del grano, ma essendo più rustico, nelle aree più difficili, marginali, il divario produttivo tra grano e farro si riduce. La rusticità consente inoltre di non utilizzare mezzi chimici nella coltivazione e di praticare coltivazioni biologiche o quanto meno naturali.
Dove e come si produce
Da qualche anno nell’Alto Mugello, nel comune di Firenzuola e marginalmente nel comune di Palazzuolo Sul Senio vi è una notevole produzione di farro biologico, che viene lavorato in loco pronto per la vendita. La semina avviene in autunno utilizzando il seme vestito. La produzione di farro biologico, controllata e certificata dal Consorzio per il Controllo dei Prodotti Biologici (CCPB) di Bologna, non impiega concimi chimici, fitofarmaci e diserbanti. La raccolta del farro avviene in estate, con le normali mietitrebbiatrici da grano, le spighette alla trebbiatura si distaccano interamente dal rachide, senza far uscire le cariossidi dalle glume e glumelle (per questo viene denominato "grano vestito").
Quindi occorre provvedere all’eliminazione dell’involucro passando attraverso diverse fasi di lavorazione. Innanzitutto la materia prima stoccata nei silos viene “richiamata”, con l’ausilio di una coclea e di un elevatore a tazze, nei locali destinati alla lavorazione dove il chicco, ancora “in buccia”, entra nel ciclo produttivo. A questo punto si alternano una serie di fasi quali la vagliatura (che permette di eliminare eventuali impurità), la decorticazione (l’eliminazione della veste), la perlatura (l’eliminazione di parte della pellicola che avvolge il chicco; quest’ultima operazione consente una cottura in minor tempo e senza ammollo) e, infine, il confezionamento. Può essere usato in grani come il riso o tritato tipo polenta, dopo un sufficiente tempo di cottura di trenta minuti.
Si utilizza intero per i minestroni, suppli’, per piatti freddi a insalata, tritato per polpette oppure sempre nei minestroni (un cucchiaio a persona). La pasta cuoce in 6-7 minuti e si puo’ gustare con sughi semplici, o con carne oppure piu’ semplicemente con ricotta e tartufo o straccetti di prosciutto. Per alcuni cuochi il sugo che meglio esalta il gusto della pasta e’ l’"amatriciana". Le pietanze a base di farro vanno associare a un abbondante contorno di verdure cotte o meglio crude per trattenere fibre sali e vitamine.
Comunità Montana Mugello


