L’idea che abbiamo noi occidentali del digiuno, salve rare eccezioni, non è positiva. Il digiuno è una parola che evoca rinuncia, malessere, fame; l’immagine è un contenitore privato del suo nutrimento, e che perciò si avvia alla morte. Per i musulmani no: digiunare durante il mese di Ramadan significa avvicinarsi a Allah, e accrescere così la propria spiritualità; il digiuno vissuto non come morte, ma come vita. Non ho mai incontrato un musulmano sofferente o triste durante il Ramadan: compiono il loro dovere di fedeli all’Islam con gioia, e la rinuncia a mangiare e a bere assume connotati differenti rispetto all’aura grigia che spesso i non musulmani hanno di questa azione.
Oltre a un obiettivo di crescita spirituale, il Ramadan ne ha anche uno solidale: con il digiuno si provano gli stessi malesseri fisici dei poveri che non hanno cibo con cui sfamarsi. La solidarietà è alla base dell’Islam, tant’è che nel Corano Allah esorta i suoi fedeli alla carità. La Zakat - donare parte della propria ricchezza ai più bisognosi - è, insieme al Ramadan, uno dei cinque pilastri dell’Islam. Dalla premessa si comprende quanto la religione islamica e i musulmani non siano fedeli all’immagine deplorevole che ne ha dato il mondo, specialmente dopo i fatti dell’11 settembre.
A differenza dei cristiani, i musulmani hanno un rapporto più stretto con dio; basti pensare che sono tenuti a pregare cinque volte a giorno. Al contrario, i cristiani non hanno alcuna regola in merito alla preghiera. Gesù ha insegnato come si prega, ma non quante volte è necessario farlo. Con la Riforma Protestante, il cristianesimo ha ulteriormente snellito il rapporto tra il credente e dio.
Martin Lutero - il monaco agostiniano da cui la Riforma ebbe inizio - teorizzò infatti la giustificazione per fede, dottrina secondo cui il cristiano non ottiene il perdono di dio mediante le buone azioni compiute, bensì mediante la fede nel suo figlio Gesù. Dei sette sacramenti Lutero ne lasciò due: il battesimo e l’eucarestia. A differenza dell’Islam quindi il cristianesimo lascia libero il credente, non costringendolo a rispettare precetti di nessun tipo; questo è il motivo per il quale sta diventando sempre più un orpello sfoggiato dai conservatori, mentre le chiese si svuotano. Per quanto riguarda la religione nata nella penisola araba e rivelata dall’ultimo profeta, Maometto, i tanti precetti che i musulmani devono rispettare possono portare all’estraniazione dalla realtà, con conseguente radicalizzazione al fondamentalismo islamico. Ciò interessa soprattutto l’occidente, la fetta di mondo che ha fatto re il denaro e detronizzato dio. Attenzione: non sto affatto dicendo che tutti i musulmani occidentali sono possibili terroristi, ma soltanto chi è psicologicamente instabile. Vivere in un territorio come il nostro, dalle infinite tentazioni, può portare a pensieri criminosi per coloro che mettono la religione al centro della loro esistenza. Ma ripeto: solo chi è psicologicamente instabile, e aggiungo, predisposto alla criminalità.
In passato i musulmani - ma da alcuni ignoranti ancora oggi - sono stati descritti come persone violente, sessiste e irrispettose. Ricordo bene gli epiteti offensivi rivolti ai musulmani dall’ex europarlamentare leghista Mario Borghezio davanti a una piazza gremita di elettori leghisti. Si tende a fare di tutta l’erba un fascio: durante gli attentati di matrice islamica in Europa accaduti qualche anno fa, gli esponenti di alcuni partiti di destra tendevano a generalizzare, ma tale condotta esonera sia dalla realtà attuale, che da quella passata. Nel XVI secolo, Spagna e Italia decisero di cacciare gli ebrei, che vennero accolti dall’impero ottomano, di fede islamica. Nel 1453 gli ottomani conquistarono la capitale dell’impero bizantino, Costantinopoli, mettendo fine all’impero romando d’occidente.
Nel XV secolo, a differenza della Spagna, che perseguitava eretici, streghe, musulmani, ebrei e nemici - l’inquisizione spagnola nacque nel 1418 -, l’Impero Ottomano ospitava etnie diverse. Oggi invece le vittime dell’Isis - un’organizzazione terroristica islamica - in Medio Oriente sono quasi tutte musulmane.
Vedere migliaia di musulmani pregare insieme e in modo identico durante l’Eid al-Fitr, la festa dell’interruzione del digiuno, è uno spettacolo che rallegra il cuore. Per l’occasione, ogni anno la comunità islamica fiorentina si raduna al parco delle Cascine. Quest’anno la festa ha avuto un sapore amaro: i proprietari dell’immobile dove sorge la moschea in piazza dei Ciompi hanno deciso di riprenderselo. La chiusura dei cancelli della moschea è prevista per il prossimo 27 aprile.
Pregare è un atto d’amore, e non importa chi o cosa. Può essere dio o la nostra parte più profonda, è indifferente. Pregare significa rallentare, ascoltarsi e ascoltare. Cosa? Il battito del cuore, il silenzio, i pensieri, il ronzio di una zanzara. Pregare significa altresì mettere ordine al caos, come ben sanno i buddisti e come fanno quotidianamente i musulmani. La notizia della sospensione lavorativa di venti giorni ai danni dell’insegnante di scuola primaria Marisa Francescangeli, colpevole di aver fatto recitare due preghiere ai suoi allievi, mi ha sorpreso. Come può un atto di raccoglimento e innocuo portare alla sospensione? E lo dico da laico. Pregare è umano, e non è appannaggio soltanto di fedeli religiosi. Chiunque può pregare, anche chi si considera ateo.
Dai musulmani possiamo imparare quindi il valore della preghiera, che ci obbliga a interrompere ogni attività per concentrare la nostra attenzione su noi stessi e l’ambiente circostante.
L’Islam è una religione che professa la pace, e non la guerra. Chi sostiene il contrario non ha mai letto una frase del Corano.
Nell’Islam non esistono gerarchie religiose, come invece accade nel cattolicesimo, dove la massima autorità religiosa è rappresentata dal papa, vicario di Cristo in terra. La questione della donna è complessa, e andrebbe analizzata dal punto di vista culturale del singolo paese, piuttosto che da quello unicamente religioso. Quando sentiamo dire di donne musulmane lapidate dal marito a seguito di un adulterio - sto ipotizzando - non bisogna commettere l’errore di incolpare l’Islam - il Corano non prevede la lapidazione - ma il contesto ambientale. La civiltà influenza in positivo la mentalità delle persone, e dove manca spesso si utilizza la religione per commettere atti ignobili. Le tre religioni abramitiche mirano al perdono, e non alla condanna.
Auguro alla comunità islamica fiorentina di riuscire a risolvere la questione della moschea al più presto, e che, nel caso in cui non verrà accolta la richiesta di proroga dello sfratto al prossimo 1 novembre, di riuscire a trovare al più presto un altro posto in cui pregare. Da ogni diversità è possibile imparare qualcosa. Ogni diversità è ricchezza.
Autore: Paolo Maurizio Insolia
Mugelli Giampiero
L'Italia laica dopo aver tolto la chiesa dallo stato fa propaganda all'Islam perché essa diventi Islamica. Non avrà bisogno di propaganda, sarà imposta la religione islamica da coloro che abbiamo importato quando loro e gli altri che gli appoggiano e avranno il voto saranno in maggioranza. Saluti agli italiani cristiani