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Marradi. Premiazione alle “Giubbe Rosse” centenario Canti Orfici

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Marradi.  Premiazione alle “Giubbe Rosse” centenario Canti Orfici Marradi. Premiazione alle “Giubbe Rosse” centenario Canti Orfici © n.c.
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Dagli organizzatori del Premio Campana riceviamo e pubblichiamo la seguente nota:

Continuano gli echi positivi della giornata fiorentina del 20 settembre al caffè letterario delle “Giubbe Rosse” dove si è svolta la premiazione della prima edizione del premio letterario “La Poesia ci salverà” voluto ed organizzato dal quotidiano on line Marradi Free News, dall’Accademia degli Incamminati e dal centro studi “Enrico Consolini”.

La premiazione è stata una occasione per celebrare il centenario della stampa dei Canti Orfici e per suggestive riflessioni su Campana e la cultura del suo tempo contenute negli interventi di Rodolfo Ridolfi e di Mirna Gentilini e quelle sul rapporto arte e psichiatria così ben introdotto dal professor Massimo Scalini. Maurizio Ferrini, Pape Gurioli e Rodolfo Cernilogar hanno letto i testi delle opere vincitrici.

Intanto Marradi si prepara ad accogliere la prima fase della cerimonia di premiazione del primo Concorso di prosa lirica inedita, bandito dal Centro Studi Campaniani e dall’Accademia Il Fauno di Firenze, che si terrà sabato 11 ottobre 2014 alle ore 16 presso la sede del Centro Studi “Enrico Consolini” mentre la seconda sarà a Firenze in Palazzo Vecchio Salone de’ Dugento sabato 15 novembre 2014 ore 16. Il premio nelle due sezioni in cui era articolato sarà assegnato a Cristina Viti  con l’opera “Pomeriggio montevideano” e Alda Magnani con “Un paese e un bosco del nostro Appennino” La stagione delle iniziative organizzate da Enti, Associazioni e Fondazioni Culturali per ricordare il centenario della pubblicazione dei “Canti Orfici” volge al termine e Patrizia Socci poetessa ricorda così la sua esperienza, come seconda classificata al Premio “La Poesia ci salverà”, destinato a proseguire con la seconda edizione nel 2015 anno del 130° anniversario di Dino Campana:  Vorrei inviare un sentito ringraziamento per la bella cerimonia di premiazione avvenuta sabato scorso allo storico Caffè Letterario “Le Giubbe Rosse” a Firenze. Qualcuno ha detto, mi pare il Presidente, che sarebbe stata una cerimonia “minimale”, ed è stato proprio quello il bello, la semplicità e l’autenticità di un evento, senza tanti fronzoli, ma ricco di contenuti. Lo scenario, come ho detto nel mio breve intervento, mi ha riportato sui banchi di scuola delle superiori, quando il mio argomento preferito erano le riviste fiorentine, tanto è vero che fu oggetto di discussione agli esami di stato. Spero che ci saranno, in futuro, altre occasioni. Sarà per me un piacere e un onore partecipare.
Lectio magistralis pronunciata il 20 settembre al caffè letterario “Giubbe Rosse” da Massimo Scalini:

La scomparsa - o l'occultamento - de Il più lungo giorno per mano di Argento Soffici ci ha regalato, ormai un secolo fa,  il canto orfico di un matto da manicomio che oggi, grazie ai progressi della psichiatria, verrebbe diagnosticato e curato come  malato di Psicosi Maniaco Depressiva  o più modernamene di Disturbo Bipolare , e lo stesso sarebbe accaduto per tanti grandi del passato, da Schumann a Van Gogh per non citarne che alcuni.

In meno di un secolo, infatti, le neuroscienze hanno fatto passi da gigante, e questo al di là dei pregiudizi degli avventori della diffidenza ideologica di sinistra che, anche in anni recenti, hanno vessato la psichiatria, ridotta ad una pratica  acchiappamatti, prevaricatrice e soprusiva, atta al mantenimento dell'ordine pubblico.

Il progresso delle neuroscienze ha Invece permesso di curare e ridonare alla dignità umana malati quali Campana, oggi non piu percepiti, come fu per lui, alla stregua di  matti affetti da un indementimento giovanile  la dementia praecox , irreversibile ed ingravescente, ma vissuti alla maniera di comuni pazienti afflitti da una psicopatia molto grave e nondimeno curabile.

Col suo carico perverso di ineluttabilItà, invece, la diagnosi di dementia praecox ha contribuito a fare di Campana il poeta matto per eccellenza, ed ha aperto la via ad oziose discussioni pseudointellettuali circa il rapporto fra genio e follia, come se queste due istanze fossero contropolari ed inconciliabili.

Nella realtà accade invece il contrario: la follia maniacale si fa talvolta trasgressione creativa, espressione artistica, vivacità intellettaule. In Campana non vi è infatti solo la creatività artistica del poeta orfico, ma anche l'intuizione metacognitiva dell'intellettuale maturo, un'intuizione che a mio avviso andrebbe studiata, approfondita e sviluppata.

Mentre infatti n Italia si mettevano a punto le basi pseudo-scientifiche che avrebbero più tardi condotto Carletti ai primi esperimenti sul cane dell'elettroshok, Campana proponeva ai tipi di Lacerba, Soffici e Papini, un suo scritto riassuntivo della cosiddetta psicoanalisi sessuale di Segantini, il pittore divisionista la cui opera trovò nella riflessione psicodinamica di Freud ed Abraham un indubbio contributo alla conoscenza delle dinamiche inconsce.

In quell'epoca - era il 1914 -, epoca che peraltro percorse di oltre dieci anni la costituzione della Società Italiana di Psicoanalisi, ed ancor di più la prima opera nostrana ad impronta psicoanalitica, vale a dire la Coscienza di Zeno, Il demente precoce Dino Campana dimostra di conoscere ciò che era oscuro al mondo intellettuale italiano, anche  ai cosiddetti futuristi, e si propone quale divulgatore della conoscenza attraverso la traduzione dal tedesco delle più moderne concezioni filosofiche sull'uomo, concezioni relative a quel cambiamento concettuale allora in atto che ha portato la vita inconscia al centro del determinismo umano grazie alla  psicoanalisi. 

Nonostante il pensiero epistemologico di Karl Popper, che attraverso la discriminante della falsificabilità degli assunti ha qualche decennio più tardi relegato la psicoanalisi al mondo del dogma, la riflessione psicoanalitica ha indubbiamente portato nel positivismo scientista del novecento la voce orfica del canto campaniano al centro della vita psichica dell'uomo moderno, oggi più che mai riconoscibile nell'Urlo di Munch, un quadro altrettanto orfico perché la voce di quel grido non c'è, ma si sente.

Ed il canto di Campana, così come il grido afono di Munch, con la lievità di una brezza leggera e drammatica riesce ad entrare in risonanza intima con l'inconscio di ognuno di noi, indipendentemente dal livello culturale, e lo solletica, perché quel canto e quel grido trascendono l'uomo, e lo determinano dalle profondità del mondo dell'Es. 

Questa trascendenza campaniana  va oltre il dogmatismo popperiano, e forse più in là dell'arte stessa, ed assurge ad una metafisica laica intrisa dei moti dell'inconscio che merita, a mio avviso, un approfondimento dell'opera ortica anche attraverso il contributo della psicodinamica analitica.

 

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