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Seconda edizione di "Save Monte Giovi"

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Seconda edizione di Save Monte Giovi Seconda edizione di Save Monte Giovi © n.c.
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Avete presente quelle foto che ritraggono i turisti a cavallo della linea dell’equatore, magari con un piede nell’emisfero nord ed uno in quello sud?? Bene, questa mattina più o meno alle sette, l’ora più o meno della mia nascita, mi sentivo un po’ come quei turisti, con un piede ancora attaccato al quarantasettesimo anno ed uno già proiettato verso il quarantottesimo. Niente che mi tenesse legato al passato, niente che mi impedisse d’avanzare nel futuro, ma come in una sorta di valico virtuale verso l’incognito, mi sentivo di non voler stare né di qua, né di là ed in una sorta di pigrizia statica, me ne sarei restato volentieri anche a letto. Ma oggi era anche la giornata dedicata alla seconda edizione del Save Monte Giovi, una manifestazione che nacque l’anno scorso per “valorizzare” quel luogo che ci vede spesso pellegrinare nei nostri frequenti giri in mountain bike. L’appuntamento era alle 8,30 a Sagginale dove ci saremmo incontrati con un gruppo proveniente da Borgo, andare Verso Vicchio dove avremmo trovato gli amici di Vicchio Bike ed insieme, avremmo dovuto raggiungere gli amici di Dicomano Bike, per salire tutti insieme verso la Bottega di Monte Giovi, luogo dove la Giulia e Carlo ci ristorano, ci rinfrescano d’estate o ci offrono il tepore del loro caminetto, nei mesi invernali. A Sagginale partimmo in un nutrito gruppetto composto dal Capitan Alessio, dal prode Andrea, dal mitico Scout, dal fenomenale Celestini che aveva traghettato dalla Val di Sieve pure tre baldi giovani che abbassavano di gran lunga l’età media del gruppo, dalla Lupa di Mugello Toscana Bike Stefania e dal sottoscritto. Pedalammo, in attesa di essere raggiunti dal gruppo capitanato dal freerider Giulio, verso Ponte a Vicchio dove trovammo puntualissimi i Vicchio’s biker, guidati dall’onnipresente Mauro, da X8 e da Buso, oltre a tanti altri. Insieme raggiungemmo Daniele e Alberto di Dicomano, due dei più funambolici biker che conosca che capitanavano il loro gruppo. Eravamo un nutrito gruppone festeggiante che in nome della solidarietà e della libertà, si stava recando in un luogo a noi caro e che quest’oggi vedeva la celebrazione del ricordo di chi oltre mezzo secolo fa, attraverso il sacrificio anche della propria vita, ci regalò l’opportunità di essere liberi di agire e di pensare. Ma mentre tranquillamente procedevamo lungo la strada, un anziano signore, evidentemente in frenetico ritardo per andare a far colazione al bar, cominciò a sorpassarci suonando come un folle, raggiungendo uno dei ragazzi che erano in testa al gruppo e con una manovra criminale, andando ad urtare con lo specchietto il manubrio del povero Vittorio che si vide costretto ad una peripezia per rimanere in piedi. Non ci vidi più ed in piedi sui pedali cominciai a rincorrere quel disgraziato, sperando di beccarlo allo stop a Dicomano che non distava troppo. Con il cuore in gola lo vedevo allungare su di me, ma la speranza di qualche automobilista indeciso allo stop che lo facesse fermare, non mi fece mollare. A poche decine di metri dallo stop, mentre già pregustavo di tirarlo fuori di macchina in pieno centro a Dicomano, ripartì bruciandomi sul tempo. Maledetto, non sono riuscito a prendere la targa, altrimenti lo sarei andato a cercare a casa… Quindi dietrofront e con mestizia e rassegnazione, cominciai la mia salita verso Monte Giovi, recuperando pian piano gli amici che con calma mi precedevano. Non mancarono le chiacchiere, anche se intervallate dall’ansimare dato dalla salita che a tratti si fece davvero sentire. Non mancarono le risate per una battuta o una presa in giro. Non mancarono le rituali foto di gruppo dove qualcuno manca sempre, dove qualcuno viene mosso o ad occhi chiusi. Non mancarono le cadute, più o meno roboanti, così come non mancarono i lividi da mostrare una volta rientrati. Non mancarono i caffè che Carlo ci fece alla Bottega, mentre la Giulia era a cercare funghi. Non mancò la candela accesa con la quale tutti insieme nel bar della Bottega, intonarono un “tanti auguri a te”, che ancora adesso mentre scrivo mi fa tornare la pelle d’oca. Non mancarono le pacche sulle spalle, quelle date con fraterna amicizia, quelle date senza ipocrisia, quelle sincere di chi, come te, condivide la passione per quell’attività bella, sana, faticosa, ma gratificante come la bicicletta. Non mancò il fango sui vestiti, sul viso, perfino in bocca dove senti scricchiolare i granelli di sabbia fra i denti. Non mancarono le forature, accompagnate dalle risa di chi guarda, alle spalle di chi “smoccola” per riparare la bici. Non mancò niente di quel giorno meraviglioso. O forse si qualcosa o qualcuno mancò, perché la perfezione ancora non può toccarci, ma di quella meravigliosa imperfezione porterò impresso nella mia mente, un fantastico ricordo. Il ricordo dell’amicizia, della gioia, della libertà e della solidarietà. Un gran bel compleanno quel mio quarantottesimo, o meglio quel mio ventottesimo ripetuto per la ventesima volta!!!

 

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