
C’è qualcosa di profondamente fiorentino nel confondere gli indirizzi ma non il cuore. Succede anche questo, nella nostra città: vuoi rendere omaggio a uno dei figli più amati, gli dedichi una targa nel giorno del suo compleanno, organizzi una cerimonia commovente, inviti la figlia, la sindaca, gli amici, i cittadini… e poi scopri che la lapide è sulla casa sbagliata.
Ma va bene così. Perché qui a Firenze, più che le coordinate, contano i sentimenti. E Francesco Nuti ne ha regalati a bizzeffe.
Domenica mattina 18 maggio. In via Sant’Antonino si scopre una targa: "Qui nacque Francesco Nuti", recita. Peccato che non sia vero. Lui, in realtà, venne alla luce in via Rinuccini, un po’ più in là, dove all’epoca abitava la famiglia della nonna. Il nonno, però, quando andò all’anagrafe a registrarlo, diede l’indirizzo ufficiale di residenza: Sant’Antonino 23. Una svista in buona fede, roba che capitava – e capita – più spesso di quanto si pensi. Come una scommessa fatta sull’indirizzo sbagliato… d’altronde, a Firenze ormai si può fare tutto online, anche giocare: basta digitare 20bet Online per scommettere online e ci si ritrova dentro altri mondi. Più esatti, forse. Ma meno poetici.
Una vita che non entra in nessuna targa
E poi, diciamocelo: c’è davvero un posto preciso dove si può “collocare” Francesco Nuti?
Era uno spirito libero, un artigiano dell’assurdo, uno che in una scena poteva farti ridere come un matto e, nella successiva, spezzarti in due il cuore. Nato il 17 maggio del 1955, cresciuto tra Firenze e Prato, era uno di noi. Con quell’accento che non tradì mai, neppure quando conquistò Roma e Cinecittà. Con quegli occhi un po’ persi e un po’ furbi, da eterno ragazzo che non voleva diventare grande.
Al parco delle Cascine gli hanno dedicato anche una panchina, proprio dove girò quella scena cult in "Caruso Pascoski": quella dei salumi e della mortadella comunista. Una delle tante immagini che si incollano alla memoria, come una battuta sentita in osteria che poi torna in mente trent’anni dopo, e fa ridere ancora.
Gli ultimi anni e la memoria
Non è stato facile, il tramonto di Nuti. Un incidente, la malattia, gli anni del silenzio. Ma Firenze – e non solo – non l’ha dimenticato mai. È rimasta lì, in disparte, a vegliarlo da lontano, con discrezione. Come si fa con quelli che si amano davvero, anche se non si sa più come raggiungerli.
Nel 2023 se n’è andato. In punta di piedi. Ma, come succede ai grandi, ha lasciato dietro di sé un’eco. O forse una colonna sonora. Come quella sua canzone, “Sarà per te”, portata a Sanremo nel 1988. Un pezzo che oggi sembra contenere tutta la sua storia: la speranza, la malinconia, il sogno che si sgretola ma resta incollato addosso.
Durante le celebrazioni del suo settantesimo, a Palazzo Vecchio hanno consegnato il premio che porta il suo nome. La figlia Ginevra, visibilmente emozionata, ha detto: “Questi eventi mi fanno capire quanta emozione abbia lasciato con la sua arte.” E aveva ragione.
L’errore che diventa poesia
Torniamo a quella targa. Sbagliata, sì. Ma anche profondamente vera. Perché se è vero che Nuti non è nato lì, in via Sant’Antonino, è anche vero che lì ha vissuto, respirato, fatto i primi sogni. La casa di un’infanzia vale più di una sala parto.
In fondo, cosa cambia? Se una lastra di marmo dice “Qui nacque” e invece era due vie più in là… poco importa. Quello che conta è che Firenze ha voluto ricordarlo. Ha voluto che camminando per il centro, tra i turisti e i motorini, qualcuno alzasse gli occhi, leggesse quel nome, e magari sussurrasse: “Te lo ricordi Nuti? Quanto ci ha fatto ridere…”