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Covid e burocrazia. Il caso della famiglia negativa che resta a casa perché non sa cosa fare

Il capofamiglia sconsolato: "Siamo costretti a vivere nell'inceretezza"

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l'odissea di una famiglia l'odissea di una famiglia © congerdesign da Pixabay
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Arriva dalla provincia una di quelle storie contorte di burocrazia che dimostrano come sistema sanitario, logica, senso pratico e buon senso non siano proprio in sintonia.
Basta poco per generare un corto circuito.
Il contatto con un positivo e poi l’isolamento volontario. È iniziato così, nei primi giorni di questo mese il periodo di "limbo" per la famiglia di Andrea Lavecchia. E ancora non immaginava questo cittadino che sarebbe stata un'odissea.

La sua storia, raccontata da Cuoio in diretta, è davvero significativa. Se all’inizio sembrava andare tutto liscio con i tamponi e i risultati che sono arrivati nei tempi giusti, dopo, con il passare dei giorni, la situazione si è fatta più complicata. “Nessuna polemica – dice Lavecchia – solo che queste cose si devono dire perché possono esserci altre famiglie nella stessa situazione”.
E poi ricostruisce i fatti. “Nessun sintomo di Covid 19 – spiega – solo un contatto il 3 ottobre con una persona risultata positiva con tampone effettuato il 6 dello stesso mese. Per prudenza decido di fare il tampone a tutti i membri della mia famiglia: io e mia moglie lo facciamo l’8 ottobre, per i miei tre figli che vanno a scuola il tampone è stato attivato dal pediatra. Io e mia moglie siamo negativi, i figli sono positivi con bassa carica e stanno bene, tanto che l’autorità sanitaria non ha ritenuto nemmeno di mettere in quarantena le classi (uno alle medie, due alla primaria) dei miei figli perché, mi hanno detto, probabilmente non sono infettivi”.

Il problema che solleva questo padre di famiglia è che tutto viene poi lasciato ai "forse" e ai "probabilmente" senza certezze. Lavecchia ringrazia però le autorità locali, Sindaco e dirigente scolastico. “Non posso che ringraziarli – dice – il dirigente scolastico dell’istituto dove i miei figli vanno a scuola mi sta chiamando spesso per sapere come stanno i bambini e anche con il sindaco ci siamo confrontati e siamo in contatto”.

Il nodo è la mancanza di informazioni successiva ai tamponi. “Ad oggi – racconta – non abbiamo nessuna notizia sul da farsi. Come ci dobbiamo comportare noi genitori? Tra quanto possiamo tornare a lavoro? Dobbiamo fare un altro tampone? Probabilmente si perché può darsi che io e mia moglie fossimo nel periodo di incubazione, ma sono solo ipotesi nostre. Purtroppo, queste domande rimangono senza risposta perché al numero del dipartimento di Igiene della Usl di Empoli nessuno risponde e nessuno ci ha chiamato. Per un cittadino è quindi praticamente impossibile sollecitare o chiedere spiegazioni direttamente all’ufficio che prende in carico le richieste”.

E così rimangono confinati in casa nel dubbio in attesa di indicazioni anche in virtù dei nuovi provvedimenti che riducono il periodo di quarantena a 10 giorni per chi non ha sintomi.
“Personalmente – conclude Lavecchia – ho il sentore che il laboratorio che deve seguire il nostro caso sia sottorganico e allora tutte le risorse economiche per potenziare la Sanità Pubblica dove sono finite? Il fatto è che ad oggi il problema non è un possibile nuovo lock down totale o chirurgico che sia ma la mancanza d’informazione ai cittadini."

Un caso emblematico che deve fare riflettere. Un cittadino onesto e rispettoso delle regole che in attesa di indicazioni che non arrivano è costretto a vivere nell'incertezza".


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