La “Chimera” fu scoperta ad Arezzo ma la possiamo considerare come fiorentina da sempre.
La statua di origine etrusca (IV - V secolo a.c.) fu rinvenuta durante la costruzione delle fortificazioni di Arezzo e il granduca Cosimo I, informato del ritrovamento, la volle subito a Firenze.
Cosimo, che era un grande amante dell’arte, s’innamorò al tal punto dell’opera da voler partecipare personalmente al restauro di minuziosa ripulitura.
Anzi, secondo uno scritto di Benvenuto Cellini il granduca ne era così preso che anche successivamente era solito ripulirla con attrezzi da orafo.
L’aspetto della Chimera trae origine dal mito greco di Bellerofonte, che affrontò e uccise la creatura e proprio le particolarità fisiche di questo animale immaginario sono alla base della passione di Cosimo per l’opera. Infatti in esse il granduca trovava riassunte tutte le qualità e le virtù dei Medici: la maestosità e la forza nel corpo di leone; la fecondità, intesa come creatività e ricchezza, nella testa di capra; l’astuzia del serpente nella coda.
Per questo motivo Cosimo la volle per sé, prima a Palazzo Vecchio esposta nella cosiddetta Sala di Leone X e poi nel suo studiolo di Palazzo Pitti. Nel 1718 la statua fu spostata agli Uffizi e successivamente al Palazzo della Crocetta, sede del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, dove, dal 1870, è il pezzo forte della collezione.
Una curiosità: sembra che al momento del ritrovamento la statua venne inizialmente classificata come un semplice leone, vista l’assenza della coda a forma di serpente che fu ritrovata da Giorgio Vasari solo in seguito.
A questo proposito si pensa che il restauro, che servì per ricollocare la coda, non sia stato effettuato nel modo corretto. Infatti il serpente, che secondo logica dovrebbe avventarsi contro un ipotetico avversario visto l’atteggiamento aggressivo della fiera, morde invece un corno della testa della capra, parte integrante del corpo della Chimera.