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Cosa succede alla linea ferroviaria Faentina? E se le colpe fossero nella mancata prevenzione?

La ferrovia dei sospiri fra idee e soluzioni in attesa del Fantina Day di febbraio.

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Faentina Faentina © OkNews24
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Volevamo parlare solo della linea ferroviaria Faentina per raccontare che il "Faentina Day"  lanciato dai sindaci frontalieri emiliano-romagnoli Paolo Omoboni di Borgo San Lorenzo, Tommaso Triberti di Marradi, Massimiliano Pederzoli di Brisighella e Massimo Isola di Faenza si farà a febbraio e molto probabilmente il 24 del mese. Fin qui la cronaca.
Il motivo per cui è stata lanciata l'iniziativa che ad oggi non sappiamo bene in cosa consisterà (sit-in, manifestazione, etc...il programma è in fase di progettualità) è per alzare il livello d'attenzione per i disagi che ogni giorno vivono tutti coloro che questa ferrovia la usano. 
Un "moto di popolo" che coinvolge cittadini, amministrazioni, enti e associazioni che da una parte (da Marradi a Faenza per intendersi) riguarda soprattutto i problemi seguenti agli eventi alluvionali e franosi di maggio 2023 e dall'altro quelli annosi e mai risolti di ritardi, treni fermi e orari non congrui con le esigenze di chi viaggia (da Firenze in poi).

Se per il problema legato al dissesto idrogeologico l'interlocutore è stato individuato nel Generale Figliuolo, commissario governativo per la ricostruzione e nelle Regioni Toscana ed Emilia Romagna per il problema di disagi e inefficienze l'interlocutore sono tutte le realtà coinvolte, regioni in prima fila.

Rfi su cui sempre però si punta il dito come colpevole di tutti i mali si tira fuori dai giochi. Dopo 7 mesi d'interruzione (da maggio a dicembre 2023) ha fatto davvero il massimo per garantire la sicurezza ai viaggiatori grazie all'innovativo sistema di controllo e monitoraggio degli eventi franosi Sanf (articolo qui). 
Il caso vuole però, che dopo la riapertura della linea da Marradi a Faenza avvenuta lo scorso 27 dicembre c'è stato nello scorso fine settimana del maltempo, con tanto di allerta della Protezione Civile che ha fatto scattare il Sanf e interrotto la linea sia sabato che domenica e lunedì.
Se sabato e domenica pochi si sono accorti dell'evento il primo momento di rodaggio che ha portato a inevitabili disagi (chi avverte, come quando e perché, dove sono i bus sostitutivi, a che ora passano, etc...) per l'appunto è stato il primo giorno dopo il rientro delle vacanze natalizie.
Apriti cielo! Proteste infinite e dito puntato contro Rfi che si preoccupa, in cambio di qualche minuto di ritardo, di garantire la sicurezza di chi viaggia.
Spesso si dimentica la ferita del territorio e le oltre 250 frane aperte dopo gli eventi di maggio sulla tratta.

"Non è più tempo di tergiversare – attaccano i sindaci di Borgo San Lorenzo, Marradi, Brisighella e Faenza –, è giunto il momento che tutti si assumano le proprie responsabilità. Le comunità lungo la dorsale appenninica che collega Faenza e Firenze non potranno sopportare a lungo i disagi causati dai danni alla linea Faentina, di vitale importanza per l’economia e la socialità dei nostri territori, provocati da oltre 250 smottamenti durante l’alluvione dello scorso maggio".
E spiegano: "Riteniamo che tali problematiche, pur partendo da terreni privati, abbiano un impatto diretto sulla linea ferroviaria, un’infrastruttura preposta a un servizio pubblico; pertanto, vanno considerate al pari di interventi pubblici".
Invece questo è il primo rompicapo....all'italica maniera la burocrazia impone chi fa che cosa quando nel mezzo ci sono proprietà private e pubbliche?

Torniamo però a parlare di ambiente perché anche qui, ci risiamo, il tema è quello! Altro che parlar di ferrovie!
La geologia della vallata del Lamone per decine di chilometri fra Brisighella e il confine con la Toscana è stata ferita a maggio da fenomeni importanti, soprattutto sul tratto romagnolo, e non si può quantificare in quanto tempo potranno risarcirsi.
Mesi? Anni? 

L'Italia è un paese quasi totalmente a rischio idrogeologico a causa di cementificazione, condoni edilizi, burocrazia, speculazioni, consumo e impermealizzazione del territorio e devastazione del paesaggio.
Stando a un dossier presentato da Legambiente e che si rifà ai dati Ispra, 5581 Comuni - il 70% del totale - sono a rischio elevato.
l 100% del territorio di Calabria, Umbria e Valle d’Aosta è in analoga condizione, nelle Marche il 99% e in Toscana il 98%.

Il dossier “Ecosistema Rischio” curato da  Francesca Ottaviani e Giorgio Zampetti con la collaborazione di Stefano Mattoccia e Andrea Minutolo del 2016 è purtroppo attualissimo (magari per difetto) offre un quadro esaustivo ma sconcertante della situazione.
Accoglie ed elabora da una parte i dati di carattere generale sull’esposizione al rischio frane e al rischio idraulico nei comuni italiani e dall'altro monitora nel dettaglio le attività volte alla mitigazione del rischio da parte delle amministrazioni comunali nel cui territorio sono presenti aree esposte a pericolo di frane, esondazioni e allagamenti.

La parte d'indagine relativa alle attività nelle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico è stata realizzata sulla base delle risposte fornite dalle amministrazioni locali al questionario inviato ai Comuni in cui sono state perimetrale aree a rischio idrogeologico. Le amministrazioni sono state selezionate sulla base delle classificazioni precedenti al documento pubblicato da Ispra nel marzo 2016, che è, oggi, il quadro completo e aggiornato sulle zona a rischio in Italia più completo.
Ebbene, le amministrazioni comunali italiane in cui sono presenti aree ad “elevata criticità idrogeologica” sono 1.444,  quelle che hanno risposto al questionario di "Ecosistema rischio" tra giugno e dicembre 2015 (il 23% dei comuni a rischio d’Italia). Di queste, i dati relativi a 45 amministrazioni sono stati trattati separatamente perché non completi e quindi non assimilabili agli altri.

I risultati ottenuti dimostrano da una parte la sottovalutazione del rischio e dall'altra il grande ritardo nel gestire in maniera efficace e diffusa su tutto il territorio un’azione di prevenzione e riduzione del rischio.

7 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni. In ben 1.075 comuni (il 77% del totale) sono presenti abitazioni in aree a rischio. Nel 29% sono presenti addirittura interi quartieri e nel 51% dei casi sorgono impianti industriali. Nel 18% dei Comuni intervistati nelle aree golenali o a rischio frana sono presenti strutture sensibili come scuole o ospedali e nel 25% strutture commerciali.
Inoltre l’urbanizzazione delle aree a rischio non è solo un fenomeno del passato, come dimostrano il 10% dei Comuni intervistati in cui sono state realizzate strutture o edifici in aree a rischio nell’ultimo decennio.

A fronte di questa intensa urbanizzazione delle aree a rischio, solo il 4% ha intrapreso interventi di delocalizzazione di edifici e l’1% di insediamenti industriali.
Ancora in ritardo anche le attività finalizzate all’informazione dei cittadini sul rischio e i comportamenti da adottare in caso di emergenza.

Se l’84% dei Comuni ha un piano di emergenza che prende in considerazione nello specifico il rischio idrogeologico, solo il 46% lo ha aggiornato e solo il 30% del totale dei Comuni intervistati ha svolto attività di informazione e di esercitazione rivolte ai cittadini, essenziali per preparare la popolazione ad affrontare situazioni di emergenza.

Dall’indagine emerge ahimè,  ancora una volta, da un quadro confutabile coi numeri, che il tema della fragilità del territorio della nostra Penisola deve diventare centrale nella riflessione comune a tutti i livelli di governo del territorio e il lavoro per realizzare una effettiva mitigazione del rischio idrogeologico deve di necessità prevedere una improrogabile inversione di tendenza.

Innanzitutto occorre fermare il consumo di suolo e di questo vi abbiamo fornito dati e numeri dopo gli eventi della piana fiorentina che qui vi ricordiamo come esemplificati:

Firenze: Cosa sta succedendo nella piana fiorentina? Alluvioni o speculazioni? (okfirenze.com)

Firenze: Consumo del suolo in Toscana. Uno sguardo dettagliato al nostro territorio (okfirenze.com)

Firenze: Fragile Italia e fragilissima Toscana. Consumo del suolo, ancora numeri (okfirenze.com)

Firenze: Il boom demografico che uccide il suolo (okfirenze.com)

Firenze: Ambiente: rassegnazione e resilienza dell' Italia dentro il fango (okfirenze.com)

È necessario fin da subito (perché è già tardi con i cambiamenti climatici che hanno accorciato i tempi fra un evento estremo e un altro) programmare azioni che favoriscano l’adattamento ai mutamenti, realizzando interventi di messa in sicurezza che puntino il più possibile sulla rinaturalizzazione, lavorando per associare alla necessaria opera di prevenzione strutturale (la più necessaria delle grandi opere infrastrutturale del nostro paese) una seria attività mirata alla prevenzione “non strutturale” e alla diffusione di una cultura di convivenza con il rischio che punti alla crescita della consapevolezza presso i cittadini dei fenomeni e delle loro conseguenze.
Non abbiamo la pretesa di dare suggerimenti ai sindaci, anche quelli che organizzano il "Faentina Day" ma da cittadina chiedo di ripartire anche da qui.

Tornando al territorio in cui la Toscana si spinge per una ventina di chilometri dall'altra parte dello spartiacque appenninico, residuo dei confini preunitari fra Granducato e Stato Pontificio, non toccati dalla riforma amministrativa del 1923 che invece allargò fascistamente la provincia di Forlì e che guarda da  sempre alla Romagna la situazione delle frane è molto preoccupante, ancora oggi 7 mesi dopo.
 

"Non tocca a Rfi mettere in sicurezza montagne e colline che incombono a decine di metri dal tracciato dei binari". Risponde la società ferroviaria dopo il can can delle polemiche dei giorni scorsi.
E' qui è il conquibius... Di chi è la competenza su quei tratti di collina franati e frananti che paiono più a rischio anche in area ferroviaria?
Il puzzle è complesso. 
"Si tratta forse di terreni privati o appartenenti al demanio, ma certamente non di proprietà di Rfi, e sui quali dunque le Ferrovie non hanno possibilità di intervenire a meno che qualcuno non ci chieda di siglare un accordo in proposito per mettere a disposizione i nostri professionisti o i nostri tecnici, cosa che al momento non si è verificata".
Una cosa ch Rfi ci tiene a sottolineare  è che "la linea Faenza-Marradi è ritenuta strategica e gli investimenti fatti di recente lo dimostrano."
 

Da qui l'appello dei sindaci dei Comuni di Brisighella e Faenza in provincia di Ravenna e Borgo San Lorenzo e Marradi in provincia di Firenze al commissario straordinario di Governo alla ricostruzione nei territori colpiti dall’alluvione, il generale Francesco Paolo Figliuolo, affinché il ripristino delle frane lungo la linea ferroviaria Faentina – che collega Faenza e Firenze toccando gli altri tre paesi – diventi un’assoluta priorità di tutti, riconoscendo la pubblica utilità dell’intervento.
"Chiediamo, nel più breve tempo possibile, l’individuazione di risorse economiche ad hoc e la predisposizione dei progetti operativi degli interventi sulle frane che consentano, in tempi certi, il ritorno alla piena funzionalità della tratta ferroviaria". L’appello chiama in causa anche le Regioni e gli enti preposti.

Ma il problema non sarà quello del puzzle di cui sopra ovvero che lo "spezzettamento" dei territori franosi fra privato e pubblico complichino maledettamente la situazione a discapito degli utenti?

Aspettando il "Faentina day" e torneremo presto sull'argomento perché come detto il problema non è solo quello franoso ma anche quello dei ritardi disagi, memorario etc... ma lanciamo anche un appello ai Sindaci.

Piangere sul latte versato a noi italiani riesce molto bene, ma forse sarà bene soffermarsi sui dati allarmanti di Legambiente e intervenire investendo in prevenzione per non fare gli errori compiuti dai loro predecessori.
E' vero che spendere per mettere il territorio in sicurezza "si vede" voco ed ha poco appeal nelle campagne elettorali, ma solo così si può salvare la montagna e sperare che la Faentina sia meno sfortunata.

 

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  • Alessandro

    Il Comodo alibi del clima impazzito ( o che cambia, o dell'emergenza climatica, ex riscaldamento globale etc.) è la foglia di fico dietro la quale nascondono le vergogne della De-amministrazione pubblica, che ci ha abbandonato e ha consegnato tutti i soldi alle banche (lo chiamo vincolo esterno, pareggio in bilancio, debito pubblico ma in realtà è e resta strozzinaggio su scala nazionale, visto che siamo in disavanzo primario da decenni). Poche sono le voci coraggiose che con schiena dritta gridano "Il RE è Nudo" gli altri continuano a fingere di vedere le vesti dell'imperatore, per comodo, pusillanimità o semplice propensione a seguire la corrente (come pesci morti nel fiume). Esiste un archivio nazione online delle frane, pubblico e ufficiale, PROGETTO IFFI dell'Ispra, dove si contano centinaia di frane in quel tratto e NESSUN intervento, quindi che scopo hanno queste pagliacciate?

    rispondi a Alessandro
    mar 16 gennaio 09:47