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Spunta il Vate in Piazza della Signoria

Un "cartonato" di Gabriele D'Annunzio in via Vacchereccia e in contemporanea in altre piazze italiane,

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D'Annunzio davanti a Piazza della Signoria D'Annunzio davanti a Piazza della Signoria © ufficio stampa
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E' un Gabriele D’Annunzio a grandezza naturale accompagnato dalla scritta “Disobbedisco!” l’installazione che ha fatto capolino in via Vacchereggia e in decine di piazze italiane. 
E’ il modo con cui CasaPound Italia ha voluto ricordare quello che lo stesso Vate definì "il Natale di Sangue" che cento anni fa segnò il termine dell’Impresa di Fiume

"Il delitto è consumato. Le truppe regie hanno dato a Fiume il Natale funebre. Nella notte trasportiamo sulle barelle i nostri feriti e i nostri morti. Resistiamo disperatamente, uno contro dieci, uno contro venti. Nessuno passerà, se non sopra i nostri corpi. Abbiamo fatto saltare tutti i ponti dell’Eneo. Combatteremo tutta la notte. E domani alla prima luce del giorno speriamo di guardare in faccia gli assassini della città martire."
Queste le parole con cui Gabriele D'Annunzio raccontò, come in una cronaca in diretta, gli scontri che ebbero luogo a Fiume fra il Natale e il Capodanno del 1920 e che videro opposte le truppe del Regio Esercito italiano alle forze dell'autoproclamata Reggenza Italiana del Carnaro guidata dallo stesso D'Annunzio causando vittime sia fra i legionari che fra gli uomini dell'esercito.

L'occupazione ribelle di D'Anunzio che rifiutava il Trattato di Rapallo e spingeva alla riunificazione al Regno d'Italia di Fiume fu una stagione unica nella storia mondiale troppo spesso associata a una sorta di antipasto del fascismo e per questo molto poco raccontata e ancora strumentalizzata.

Fiume in realtà fu il sogno utopico di un gruppo di giovani che diventarono ribelli all'ordine costituito per il troppo orrore vissuto in prima linea nelle trincee della carneficina della Prima Guerra Mondiale.

Gabriele d'Annunzio che era un mito mondiale già prima della Grande Guerra come poeta, scrittore, drammaturgo, seduttore, amante, dandy, sperperatore, eversore di costumi e mode dopo la guerra era per molti diventato anche un eroe riconosciuto persino dai nemici umiliati dalle sue imprese beffarde, propagandistiche e coraggiose quali la beffa di Buccari e il Volo su Vienna. 

Scoppiata la pace il Poeta, lui si politicante, si oppose al fatto che quella città vissuta per il 60% da italiani diventasse Jugoslava e così, a capo di questo manipolo di sognatori in quei poco più di 15 mesi fiumani realizzò un qualcosa di mai visto dove la regola era trasgredire e vivere.
Girava tanta droga in città, narrano le cronache che si girasse per strada anche nudi, si facessero orge e l'omosessualità oltrechè essere ammessa fosse comune e diffusa.
Un'epopea dove la liberazione dei costumi anticipò di almeno mezzo secolo il mito del '68 e dove solo la politica sciolse in un bluff la beata gioventù di chi voleva solo vivere.



 

 

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