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Grandi personaggi del Risorgimento in Mugello: Silvio Pellico a Barberino

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Grandi personaggi del Risorgimento in Mugello: Silvio Pellico a Barberino Grandi personaggi del Risorgimento in Mugello: Silvio Pellico a Barberino © n.c.
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Sono passati due mesi dal termine dei festeggiamenti  del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia e il mensile “Il Filo”, ha pubblicato circa dieci “medaglioni” storici su quello che è avvenuto nel Mugello e si suoi personaggi di maggior spicco. Siamo felici del grande interesse che hanno suscitato, specialmente per i tanti lettori amanti di storia locale (spesse volte anche se ridotti nel testo, sono stati pubblicati sul Sito). Anche in questa circostanza pubblichiamo gli ultimi due medaglioni storici (quello su Vincenzo Gioberti è visionabile nella sezione "Vaglia") relativi ad altrettanti grandi personaggi che hanno onorato con la loro presenza  la mugellana vallata in pieno periodo risorgimentale, personaggi non di poco conto nella grande storiografia dell’unità d’Italia. (Aldo Giovannini)
 

 

Silvio Pellico a Barberino di Mugello (1846)

In pieno Risorgimento molti furono gli episodi che accaddero nel Mugello (vedi fra i tanti  la fuga di Garibaldi per la Futa, nascosto dalla famiglia Tesi ) ma ci sono stati anche episodi davvero eclatanti che hanno visto in prima persona giungere nella nostra terra personaggi straordinari che hanno fatto la storia d’Italia; uno di questi era il leggendario Silvio Pellico. Prima  di raccontare quel che avvenne a Barberino di Mugello, durante il governo granducale di Leopoldo II°, ecco una sua breve biografia: “ Silvio Pellico nacque a Saluzzo il 25 giugno 1789. Dopo aver studiato a Pinerolo ed a Torino, andò a Lione per fare pratica nel settore commerciale; rientrato in Italia nel 1809, si stabilì a Milano. Qui conobbe il Monti ed il Foscolo e qui cominciò a scrivere, all'incirca dal 1812, specialmente per il teatro, ideando tragedie formalmente ancora classiche, ma già romantiche da un punto di vista contenutistico. Nel 1815 fu rappresentata la sua tragedia “Francesca da Rimini”, in cui l'episodio dantesco venne interpretato alla luce delle forti influenze romantiche e risorgimentali con le quali Silvio Pellico era entrato in contatto nella città lombarda; sempre a Milano fu per qualche tempo direttore del Conciliatore. Fu proprio a causa del suo profondo afflato patriottico che nel '20 venne arrestato con l'accusa di carboneria: condannato a morte, la sentenza fu commutata in 15 anni di carcere duro, da scontare nella fortezza di Spielberg, in Moravia. Nel 1830 arrivò anticipatamente la grazia imperiale e, tornato in Italia, lo scrittore scelse Torino, si ritirò completamente dalla politica attiva e si estraniò dai circoli letterari, vivendo grazie ad un posto di bibliotecario presso la marchesa di Barolo. Ad ogni modo non dimenticò l'esperienza carceraria, un evento che divenne il soggetto dell'opera memorialistica “Le mie prigioni”, del 1832. Nello scritto, il più conosciuto dell'autore, si narrano l'arresto, la vita nel carcere e la liberazione dello stesso Pellico, che volle però porre l'accento (in stile manzoniano) sul percorso spirituale legato alla vicenda, i cui effetti furono la riscoperta della fede ed una rassegnata indulgenza verso l'esistenza e verso gli esseri umani. Tanto in carcere quanto dopo la liberazione compose diverse tragedie (Ester d'Engaddi, Iginia d'Asti, Gismonda, Erodiade, Tommaso Moro), alcune cantiche (Tancredi, Morte di Dante) e varie liriche. Morì a Torino il 31 gennaio 1854".
Veniamo dunque al Mugello; in uno scritto datato 1908, lo storico  Prof. Giuseppe Baccini, nativo di Barberino di Mugello, riporta alla luce un episodio intitolato “Una visita di Silvio Pellico all’Abate don Lorenzo Nesi Pievano di Barberino di Mugello”, che avvenne dopo pochi anni della liberazione di Silvio Pellico (1834 ca.). Leggiamolo: “Don Lorenzo Nesi, Pievano di Barberino di Mugello nacque a Tobbiana pistoiese nel 1780, morì in Firenze nel 1849. Cospirò  per la causa italiana nei primi moti del 1829, insieme a quella forte e generosa falange capitanata dall’infelice Gonfalonieri e dal Pellico, del quale l’abate Nesi godeva stima, affetto ed amicizia verace. Quando Silvio Pellico fu arrestato a Milano, il Nesi, soprintendente in quel tempo delle scuole lombarde, temendo anch’esso l’arresto, fuggì da Pavia rifugiandosi presso la famiglia di un mugnaio che lo nascose sotto le ritrecine del mulino, dove rimase per qualche giorno per non cadere fra gli artigli  della polizia austriaca. Passato il pericolo si vestì da mugnaio e varcato il confine rientrò in Toscana da cui mai più si allontanò.  Silvio Pellico, dopo la sua liberazione, non dimenticò l’amico di fede, di aspirazioni e di azioni. Saputo che il Nesi era stato nominato Pievano della Chiesa di San Silvestro a Barberino di Mugello, sentì il desiderio di rivederlo ed abbracciarlo dopo tanti anni di crudeli sofferenze, dopo tanti dolori sopportati con la rassegnazione di un martire nell’infernale Spielberg, che fu il calvario di tanti nostri fratelli, del fiore, dell’intelligenza e della gioventù italiana. Il Pellico arrivò in incognito a Barberino, a notte inoltrata. Fermatosi all’albergo chiese l’indirizzo della canonica, che gli fu subito dato. Suonato il campanello, si affacciò alla finestra la serva del Pievano domandando chi fosse e cosa desiderasse a quell’ora. Il Pellico rispose: “ sono un amico del vostro padrone che vorrei salutare, dovendo ripartire fra poche ore”. La donna un po stizzita, replicò bruscamente che quella non era l’ora conveniente per far visite e per conseguenza non avrebbe svegliato il padrone. Ma il Pellico pregò ed insistette tanto che la buona donna gli disse: “ Sebbene io sia certa di avere una sgridata, pure voglio contentarvi: ditemi chi debbo annunciare”.“Gli direte che Silvio è giù alla porta che desidera parlargli!”. Chiusa la finestra, la serva si recò alla camera del padrone picchiando leggermente colla nocca sull’uscio. Il Pievano destatosi, domandò cosa desiderasse: “C’è giù alla porta un uomo che vuole ad ogni costo parlarle ed aspetta la risposta”. Ma chi è costui che viene a quest’ora ad importunarmi? Vi ha detto almeno  come si chiama? “Si - rispose la serva – mi ha detto “ditegli che c’è Silvio”. A questo nome il Nesi sbalzò dal letto e ordinò alla serva di far entrare in casa quell’uomo. Vestitosi in fretta e furia non scese, ma si precipitò giù per le scale della canonica. Egli aveva già indovinato chi era il visitatore, il cuore battendogli più forte, glielo aveva fatto capire. Il Pellico, introdotto nel vestibolo della Canonica, passeggiava con le mani incrociate sul petto in attesa dell’amico. Quando l’Abate Nesi vide davanti a sé la nobile figura del povero martire, dell’infelice suo compagno, lo abbracciò, lo baciò, se lo strinse al seno piangendo dalla commozione. Per alcuni minuti non potettero parlare; per essi parlavano l’anima e il cuore; al pensiero dell’uno e dell’altro si affacciò il quadro delle dolorose passate vicende, il sacrificio di tante innocenti vittime, le persecuzioni, gli esili, i patimenti di ogni sorta che a nulla avevano giovato se non a ribadire le catene della Patria oppressa, gemente, schiava ed avvilita dalla rabbia feroce dell’usurpatore straniero. Passato quel momento supremo di commozione i due illustri amici si tempestarono a vicenda  di domande e tante cose si dissero che, senza avvedersene, avevano trascorsa quasi tutta la notte. Il Pellico ripartì subito per evitare le dimostrazioni, che non gli sarebbero mancate, se i barberinesi avessero saputo che l’autore delle “Mie Prigioni” onorava della sua presenza il loro paese. Dopo quel memorabile giorno i due amici non si rividero più. Questo gentile episodio - conclude lo storico Prof. Giuseppe Baccini – lo seppi dal mio ottimo zio Carlo Baccini, che lo aveva udito raccontare tante volte dalla viva voce della vecchia fantesca del Pievano Nesi, l’unica testimone del commovente incontro."

Foto 1: Silvio Pellico, da una vecchia stampa, dopo il suo arresto viene incarcerato dalla gendarmeria austriaca allo Spielberg.

Foto 2: Da una raffigurazione in acquerello del pittore Enrico Pazzagli di Borgo San Lorenzo, la scenografia della visita di Silvio Pellico a Barberino di Mugello mentre parlotta con la fantesca in piena notte davanti alla canonica della Pieve di San Silvestro.

 

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