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Intossicazione alimentari. Aumentano in Toscana, la ricerca

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297 persone si sono ammalate a seguito di consumo di alimenti contaminati. E’ il dato complessivo registratosi nel territorio dell’Ausl Toscana Centro nel periodo che va dal primo gennaio 2015 al 30 giugno 2016, e riportato dal Centro di Riferimento Regionale sulla Tossinfezioni Alimentari (Ce.R.R.T.A. – Regione Toscana) coordinato dalla dottoressa Costanza Pierozzi all’interno del Dipartimento di Prevenzione della stessa Azienda sanitaria. Di queste, 91 si sono presentate come casi isolati e 196 come casi correlati a un focolaio, vale a dire a seguito di pasti comuni in ristoranti o case private. Gli agenti responsabili a più frequente isolamento sono stati Clostridium perfringens (73 casi) e Salmonelle (68 casi). Nei focolai le categorie di alimento più frequentemente coinvolte sono state i prodotti della pesca (4 focolai) e la carne di suino (3 focolai) prevalentemente salsiccia. Il luogo in cui gli alimenti sono stati consumati sono case private (13 focolai) e ristoranti o manifestazioni temporanee (7 focolai). La diminuzione che si è riscontrata anche a livello europeo dei casi di Salmonella è stata rilevata anche in Toscana. A partire dal 2011 i focolai dovuti a istamina hanno nettamente sopravanzato come numero i focolai dovuti a Salmonella (nel 2014 si sono registrati 14 focolai da istamina e 8 da Salmonella). Nel territorio di competenza dell’Ausl Toscana Centro, nel periodo considerato, sono stati segnalati 4 focolai da consumo di prodotti della pesca di cui 1, con 2 casi coinvolti, da consumo di tonno fresco cotto in gratella. Per quanto riguarda i casi singoli si sono avuti 8 casi di cui 6 da consumo di tonno contaminato da istamina. Due di questi alimenti sono stati consumati crudi (tagliata di tonno); sono state effettuate 4 analisi del tonno di cui 2 hanno rivelato la presenza di alti livelli di istamina. Invisibili, ma insidiosi, i microrganismi responsabili possono nascondersi nel pesce crudo o poco cotto causando malesseri anche gravi oltre che guastare il piacere di poter consumare in sicurezza certe pietanze. Il consumo di pesce e di molluschi crudi, infatti, è da molto tempo considerato rischioso, perché collegato alla possibilità di contrarre malattie gastroenteriche anche gravi da virus (Epatite A) o da batteri (Salmonellosi, Vibrioni ecc.). Nei muscoli o nell’addome del pesce consumato crudo o poco cotto, però, possono annidarsi anche microrganismi del genere Anisakis, ossia dei piccoli vermi visibili ad occhio nudo di colore bianco rosato. I pesci più frequentemente in causa sono: acciughe, sardine, sgombri, rana pescatrice, branzino, nasello, tonno. Nell’uomo il microrganismo si localizza nello stomaco o nell’intestino e provoca una sintomatologia gastrointestinale (dolori addominali, diarrea, vomito, nausea) o anche manifestazioni allergiche. In casi rari si può arrivare a forme gravi fino alla perforazione intestinale. L’Anisakis viene eliminato con la cottura per almeno dieci minuti o con il congelamento a – 20 °C per almeno ventiquattro ore. Il Ministero della Salute ribadisce la necessità che i prodotti della pesca, destinati a essere consumati crudi o quasi crudi, siano sottoposti al trattamento di congelamento al fine di garantire la morte dei microrganismi. Nel caso di consumo di piatti a base di pesce crudo nei ristoranti o preparati in casa è consigliabile che il consumatore si accerti che il pesce sia stato preventivamente congelato per un periodo adeguato (-20 °C per almeno 24 ore). Per le preparazioni casalinghe una buona cottura (per almeno 10 minuti), alle temperature usate in cucina, elimina la possibile contaminazione di germi, virus e Anisakis. In generale, si raccomanda di fare attenzione alle preparazioni a base di pesce e molluschi crudi e se ne sconsiglia il consumo a bambini, donne in gravidanza, soggetti anziani o con basse difese immunitarie. Tali raccomandazioni si rendono necessarie, poiché si è piuttosto diffuso il consumo di pesce crudo o poco cotto sia somministrato da ristoranti, agriturismi e sushi-bar sia venduto da esercizi di gastronomia o realizzato in preparazioni casalinghe. Questa tendenza è legata anche al crescente successo in Italia di piatti della cucina giapponese come il sashimi (pesce crudo finemente tagliato) e il sushi (bocconcini di pesce con riso) e di carpacci, generalmente di branzino, realizzati con pesce in fette molto sottili condite con emulsione di olio e di limone, sale e varie guarnizioni. Grande successo, però, riscuotono da sempre anche alcune preparazioni tipiche della nostra cucina come le alici o le acciughe “alla povera”, marinate con limone o aceto e condite con olio, sale e talvolta cipolla, nonché il consumo, in alcune zone della Toscana, di frutti di mare crudi. Nel territorio di Firenze nel 2014 si sono registrati 3 focolai da istamina con 6 persone coinvolte e 4 persone singole (cioè non legate a focolai); nel 2015 le persone coinvolte sono state 3; mentre nel 2016 soltanto 1 persona per un totale complessivo di 14 persone (nel periodo che va dal primo gennaio 2014 al 30 giugno 2016). Nel territorio di Pistoia nel 2014 si sono registrati 2 focolai con 6 persone coinvolte e 2 persone singole; nel 2016 si è registrato 1 focolaio con 2 persone interessate e 2 persone singole per un totale di 12 persone interessate (sempre nello stesso periodo primo gennaio 2014-30 giugno 2016). Nel territorio di Prato, nel periodo che va dal primo gennaio 2014 al 30 giugno 2016 non sono stati segnalati casi di intossicazione da istamina. Nell’Empolese Valdelsa e nel Valdarno Inferiore nel 2014 si sono registrati 4 focolai con 7 persone coinvolte; nel 2015 è rimasta intossicata 1 sola persona; mentre nel 2016 il primo caso di intossicazione alimentare da istamina risale allo scorso mese di agosto con 1 focolaio e 6 persone coinvolte, per un totale complessivo di 14 persone interessate

 

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