
Scrive con il cuore in mano, il professor Marco Truglia. Le sue parole non sono solo frasi su un foglio, ma lacrime trattenute, notti di pensieri, occhi che vedono troppo e tacciono da troppo tempo. Campano di origine e da quidici anni parte viva della comunità di Scarperia, Truglia è un volto familiare per chi vive la parrocchia, per chi frequenta la scuola, i campi sportivi, le strade dove i ragazzi crescono. Ed è proprio a loro che oggi rivolge un messaggio potente e tenero: “Per amore vostro, oggi scelgo di non restare in silenzio”. Lo fa per quei giovani che combattono battaglie invisibili, che cercano accettazione dietro un pugno chiuso, che si rifugiano in sostanze che illudono e distruggono. A loro, e alle famiglie, chiede un ritorno al dialogo, alla verità, alla bellezza delle emozioni vere. È la voce di un educatore che ama davvero, che non si arrende e che, con una lettera, prova a seminare speranza.
Per amore dei miei ragazzi, non resterò in silenzio
Scrivo queste parole con il cuore in mano. Le scrivo per voi, ragazzi che incontro ogni giorno tra i banchi di scuola, durante gli allenamenti, tra i corridoi e nei campi da gioco. Le scrivo per amore, perché siete parte del mio quotidiano, perché siete il futuro che cresce davanti ai miei occhi e perché sento il dovere, come educatore e come uomo, di non restare più in silenzio.
Da troppo tempo assistiamo a un’escalation di episodi di violenza tra gruppi di giovani. Ogni uscita, ogni incontro, ogni occasione diventa una sfida per dimostrare “chi è più forte”, chi comanda, chi ha più coraggio. Ma quel coraggio che cercate non è altro che un travestimento della paura. Una paura che nasce dal bisogno di sentirsi accettati, rispettati, riconosciuti.
A tutto questo si aggiunge un uso sempre più preoccupante di sostanze stupefacenti, spesso considerate come valvola di sfogo, come mezzo per stordirsi o sentirsi vivi. Ma vi assicuro, ragazzi miei: quella non è vita. È un’illusione che vi toglie lucidità, libertà, gioia. Vi allontana da voi stessi.
Questa non è la strada.
Non è la strada per diventare cittadini responsabili, uomini e donne consapevoli. Non è la strada per realizzare i vostri sogni, per costruire un’esistenza piena, bella, vera. Il mio è un appello che parte dal cuore. È rivolto prima di tutto a voi, ragazzi. Non cercate l’adrenalina in ciò che vi distrugge. Cercatela nel primo bacio, in un tramonto guardato in silenzio, in una partita giocata con passione, in un abbraccio dato con sincerità. Tornate a emozionarvi per le piccole cose, perché lì si nasconde il vero senso della vita.
Siate gentili con voi stessi. Vogliatevi bene.
Non abbiate paura di essere fragili, profondi, sensibili. La vera forza non si misura con i pugni o con la sfida, ma con la capacità di scegliere il bene, anche quando è difficile.
E poi mi rivolgo alle famiglie.
Ai genitori, alle madri, ai padri. Non smettete di parlare ai vostri figli. Non lasciate che siano solo i social o la strada a educarli. Testimoniate con la vita, non solo con le parole, cosa significa essere liberi e responsabili. I vostri figli hanno bisogno di vedere in voi una guida, non perfetta, ma vera. Ragazzi, disegnate orizzonti là dove il mondo vi spinge a tracciare confini.
Seminate calma se volete raccogliere dolcezza. Attenti a non seminare vento: raccogliereste tempesta.
E le vostre madri – lo dico con il cuore – hanno bisogno di non piangere più per voi.
Vi voglio bene. Davvero.
E per amore vostro, oggi scelgo di non restare in silenzio.
Vostro… Marco