Il mondo del calcio piange Sven-Göran Eriksson, venuto a mancare all'età di 76 anni dopo una lunga malattia. A dare l'annuncio della scomparsa dell'ex allenatore svedese, che di recente aveva fatto un tour per accomiatarsi dai tifosi e dalle squadre in cui aveva allenato nel corso della sua carriera, è stata la sua famiglia con un comunicato.
"Dopo una lunga malattia, Sven Gordan-Eriksson è morto questa mattina a casa, circondato dalla famiglia - si legge nella nota -. I più stretti partecipanti al lutto sono la figlia Lina; il figlio Johan con la moglie Amana e la nipote Sky; il padre Sven; la fidanzata Yanisette con il figlio Alcides; il fratello Lars-Erik con la moglie Jumnong. La famiglia chiede rispetto per il loro desiderio di piangere in privato e di non essere contattati".
Nella sua lunga carriera italiana è stato anche direttore tecnico della Fiorentina tra il 1987 e il 1989 conducendo la squadra ad un ottavo e a un settimo posto (salvo poi lasciare l'incarico in maniera polemica, a causa del ridimensionamento tecnico deciso dalla proprietà Pontello),
Eriksson in Italia ha vinto uno storico Scudetto con la Lazio nella stagione 1999-2000, e sempre con i biancocelesti due edizioni della Coppa Italia (1997-1998, 1999-2000), due della Supercoppa italiana (1998, 2000), una Coppa delle Coppe (1999) e una Supercoppa Uefa (1999).
Ha allenato anche la Roma (con cui vinse un'altra Coppa Italia nel 1985-1986) e la Sampdoria.
È stato anche (unico straniero) commissario tecnico dell'Inghilterra dal 2001 al 2005, guidandola nella Coppa del Mondo 2002 in Corea e Giappone e agli Europei del 2004 in Portogallo.
Di recente la piattaforma streaming Prime Video di Amazon gli ha dedicato un documentario intitolato "Sven", disponibile al pubblico da qualche settimana.
Sulle rive dell'Arno arrivò nel 1987 dopo un tira e molla lunghissimo. Non era solo l'allenatore, era anche il direttore tecnico. Sceglieva i giocatori personalmente e li gestiva.
Arrivò a Firenze promettendo un piazzamento europeo. Era il prima campionato senza Giancarlo Antognoni andato a chiudere la carriera nel Losanna in Svizzera mentre a Firenze era arrivato e aveva giocato qualche partita l'anno precedente insieme ad Antognoni Roberto Baggio, l'erede designato.
La prima stagione di Eriksson a Firenze fu però triste e non solo per la partenza di Antognoni ma perché il presidente Piercesare Barretti morì in un incidente aereo e lo sganciamento dei Pontello dalla società era sempre più evidente. Si concluse con un ottavo posto e un'eliminazione agli ottavi di Coppa Italia. Stagione discreta e poco più.
La successiva fu la migliore di Baggio in maglia viola. Ormai titolare della maglia numero 10 il magico codino segnò quindici gol e formò una coppia meraviglia con la punta Stefano Borgonovo tant'è che venne coniato il nome di magica B2 Baggio e Borgonovo appunto che supportati alle spalle dal Cucciolo Dunga brasiliano atipico e a lungo leader della fiorentina orfana di Antognoni spinsero la squadra al settimo posto, lo spareggio finale vinto contro la Roma proiettò i viola in Coppa Uefa nella stagione successiva.
Quella della cavalcata fino alla finale persa - discutibilmente sul campo neutro di Avellino- contro l'odiata Juventus.
Ma il percorso di Eriksson alla guida della Fiorentina durò solo due stagioni, la campagna europea non fu di sua competenza.
Lasciò il club il 30 giugno 1989 in seguito a vedute non comuni con la proprietà Pontello, che voleva ridimensionare tecnicamente la squadra.