Fortemente voluta e accuratamente allestita dai figli Rosalba e Benedetto, la grande retrospettiva di opere di Tonino D’Orio in occasione del centenario della nascita, che s’inaugurerà il prossimo 23 aprile presso la Casa di Giotto a Vespignano (FI) lascerà il segno in tutti coloro che avranno la fortuna di visitarla.
Nato nel 1916 a Roccasecca (FR), come S. Tommaso d’Aquino e Severino Gazzelloni, del quale fu grande amico, da giovane suonava praticamente tutti gli strumenti a corda. Il suo preferito, un violino, rimase seppellito sotto le macerie della Seconda Guerra mondiale. Comprò allora un mandolino, di cui divenne virtuoso ed ebbe anche alcuni allievi. Fece teatro sotto l’egida dell’Enal di Frosinone, recitò con Dora Calindri, sorella di Ernesto, curò diverse regie. Fu organizzatore di innumerevoli feste con gruppi folcloristici ciociari. Capitano negli Alpini, entrò nell’Intendenza di Finanza e, quando nel 1957 vinse un concorso alla Dogana, si trasferì a Firenze. Fino ad allora aveva dipinto saltuariamente, ma l’incontro col suo maestro Gino Paolo Gori, di cui frequentò con assiduità lo studio, fu fondamentale: dal 1959-60 si dedicò esclusivamente alla pittura, fino al 1977, anno della prematura scomparsa.
Queste brevissime note biografiche possono far esclamare a chi ammira i suoi dipinti: ah, ecco! Perché un’opera di Tonino D’Orio, come una poesia dell’ermetismo, reca la sensazione che a monte ci sia qualcos’altro. Molto altro. Non di rado un microcosmo. Che non poteva provenire da qualcuno che non avendo di meglio s’improvvisò pittore, ma solo da un artista a tutto tondo, con un retroterra sconfinato e dalle mille sfaccettature.
Sbalordisce la coerenza stilistica dei suoi dipinti. Guardate la continuità tra un paesaggio industriale e un tramonto lacustre. Guardate le sue donne, dipinte o disegnate spesso in pochi tratti. O era sempre la stessa? Guardate i suoi cieli, e faccio mie le parole del mio amico David Cantina nella nota al bel catalogo della mostra: “Un cielo che accoglie sotto di sé una natura fatta di declivi, talvolta brulli, talvolta boscosi, strade di campagna, laghi in cui il sole si immerge liquefacendo la sua luce sugli specchi d’acqua, campagne velate dalla nebbia dove si possono riconoscere alcune case, rovine industriali divorate dalla vegetazione”. Personalmente ho un debole per certe sue vere e proprie miniature, dipinti di dimensioni ridottissime in cui pennellate dense e materiche, non di rado poche, non di rado puro colore, forgiano nondimeno un brulichio di contenuti emozionali su cui meditare.
Per alcuni questa esposizione sarà una riscoperta, per molti una scoperta. Tutti ne concluderanno inevitabilmente che Tonino D’Orio ci ha lasciati troppo presto.
La mostra sarà visibile fino al 15 maggio, il sabato e la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19, e nel pomeriggio del 25 aprile.