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Autonomia differenziata. I pro e i contro di una riforma che cambierà il paese

La legge sull'autonomia differenziata è stata approvata dal Parlamento. Manca solo la firma del Presidente della Repubblica e la pubblicazione sulla Gazzetta.

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Valutazione, pro contro. Valutazione, pro contro. © Freepik
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E' fatta. Il 19 giugno scorso, il disegno di legge sull'autonomia differenziata - cavallo di battaglia della Lega - passa alla Camera, tra festeggiamenti da una parte e malumori dall'altra. Ora bisognerà soltanto attendere la firma del Capo dello Stato Sergio Mattarella e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La legge, concepita dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, era nel programma elettorale della destra italiana al governo ed è stata osteggiata dalle forze di sinistra, che si trovano all'opposizione.

In breve, con tale riforma le regioni italiane a statuto ordinario potranno disporre di un'autonomia legislativa su ben ventitré materie di competenza statale, tra cui energia, sport, cultura e ambiente. Per provvedere ai propri bisogni, le regioni avranno la possibilità di usufruire maggiormente del proprio gettito fiscale, che fino ad ora andava a rimpinguare le casse statali e veniva poi distribuito su tutto il territorio nazionale. Prima che una regione possa ottenere una specifica competenza dovranno essere soddisfatti, in tutte le regioni, i così detti LEP, ovvero i livelli essenziali di prestazione, inerenti a quella determinata competenza. In caso contrario, la competenza richiesta non verrà traferita.

Passiamo adesso ai vantaggi e agli svantaggi della riforma. Tra i primi svetta una maggiore autonomia decisionale da parte di chi conosce i bisogni specifici del territorio, che subirà meno pressioni burocratiche, problema che ha sempre caratterizzato l'Italia. Le regioni tratterranno più gettito fiscale, e ciò favorirà quelle più ricche, che si trovano a nord della penisola. Ed è qui che nascono i malumori, o meglio, gli svantaggi. Sì perché i pro e i contro di questa riforma si mescolano in un turbinio dove tutto dipende da quale angolazione - anzi, da quale latitudine - ci troviamo.

Per i cittadini veneti e lombardi, che abitano nelle due regioni più ricche e produttive d'Italia, l'autonomia differenziata sarà vista come una panacea - questo vale per chi pensa al proprio giardino, infischiandosene degli altri che comunque sottostanno alla stessa bandiera tricolore -. Per i cittadini del sud Italia, che vivono nelle regioni povere del paese, sarà invece un'ulteriore tragedia; non poter disporre delle entrate delle regioni del nord significa fare a meno di quel poco che gli consente di sopravvivere. Il sud Italia non ha grandi industrie che danno lavoro ai cittadini e arricchiscono il paese, e deve far fronte a problemi strutturali che si porta dietro dall'Unità nazionale. La malasanità riguarda tutto il paese, ma è soprattutto al sud che si assiste a una carenza di ospedali e di strutture sanitarie. Per non parlare delle infrastrutture, in primis le strade, perlopiù obsolete.

E' singolare che il governo in carica guidato da Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia - un partito nazionalista -, acclami l'approvazione di una legge che spaccherà l'Italia in due, una che viaggerà più veloce dell'altra. La Meloni è sempre stata contraria alle spinte secessionistiche della Catalogna, esprimendo vicinanza al partito di estrema destra Vox, che si batte per l'integrità territoriale della Spagna. E allora come può sostenere l'autonomia differenziata, che in sostanza segnerà la nascita di piccoli staterelli, prosperosi e autonomi, mentre alcune regioni subiranno un tracollo forse irreversibile? Una nazione forte e sovrana, ipostatizzata dalla Meloni fin dall'inizio della sua carriera politica, non può lasciare indietro nessuna sua componente territoriale; il rischio è, appunto, quello di frammentarsi.

Se diamo uno sguardo alla storia, vediamo che la prima azione messa in atto dai governanti durante la nascita dei sentimenti nazionalisti in Europa, sorti durante il dominio della Francia napoleonica in quasi tutto il continente, fu l'abolizione delle disuguaglianze sociali. In Germania venne abolito il servaggio - stato di soggezione politica e sociale - dalle campagne, e i contadini vennero resi partecipi della nuova coscienza nazionale. Fu proprio tale sentimento nazionalista che dette forza ai popoli europei di affrontare, e poi vincere, Napoleone, che oltretutto subì una colossale disfatta in Russia.

Con l'autonomia regionale si andrà nella direzione opposta a ciò che le élites intellettuali europee di inizio Ottocento pensarono per la fondazione di nazioni forti e sovrane: l'abolizione, come detto sopra, delle disuguglianze. La Lega di Salvini abolì Nord dal nome del partito in rappresentanza anche dei cittadini del sud, ma non dal cuore e dalla mente. I fatti dimostrano che il nord rimane l'unico ente territoriale a cui è interessato il partito fondato nel 1989 da Umberto Bossi. Al contrario, Giorgia Meloni - come ha sempre riferito - vuole farsi portavoce degli interessi di tutti gli italiani, nessuno escluso. Viste tali premesse, quanto potrà durare questo sodalizio? Soltanto il tempo ce lo dirà.

Articolo a cura di Paolo Maurizio Insolia

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