Londra. Splendida capitale del Regno Unito. Una delle città più affascinanti e misteriose del pianeta. Accarezzata dal Tamigi, disgnata da incantevoli e suggestive architetture classiche, neoclassiche e moderne, venata da affascinanti leggende, celebrata da scrittori e poeti, sede della Monarchia più prestigiosa al mondo, la “Città Metropolitana” più estesa e verdeggiante dell'Europa occidentale, oltre 400 parchi, la “Cosmopolita” per eccellenza, specchio dell'arte, vide all'opera la Band Pop-Rock più famosa del mondo. I favolosi “Baronetti” di Liverpool. I Beatles.
Articolo a firma di Giuseppe Zingarelli
Nella calda mattina dell' 8 agosto 1969 una equipe di tecnici, un fotografo scozzese, Iain Macmillan e una famosa Band musicale Pop-Rock, i “mitici” Beatles, si ritrovano in una lunga strada di Londra, Abbey Road, davanti al cancello d'ingresso degli studi discografici dove i “Baronetti” avevano inciso quasi tutte le loro canzoni, gli “Abbey Road Studios”. Il programma prevede dei veloci scatti fotografici per realizzare la copertina del loro dodicesimo Long Playing. Non era certamente quello il periodo migliore che il gruppo più famoso del mondo attraversava. I rapporti personali tra i quattro musicisti britannici erano tesi, vacillanti, ridotti ai minimi termini. Il magico “feeling” che li aveva saldamente uniti ai tempi del “Cavern Club” elevandoli in seguito a protagonisti indiscussi del panorama della musica internazionale non era più quello di una volta. Le loro canzoni erano gettonatissime nelle radio di tutto il mondo e le vendite dei 33 e dei 45 giri raggiungevano record stratosferici. La notorietà dei Beatles era ormai ultraplanetaria, ma i “Baronetti” non erano più gli stessi.
Tra loro il “feeling” si era spezzato come d'incanto. In quel 1969 i “Fab Boys” di Liverpool navigavano in un clima avvelenato da grande litigiosità. Si avvertiva che di lì a poco si sarebbero divisi per sempre. Nel 1968, John, Paul, George e Ringo, stavano già pensando di realizzare una registrazione a sorpresa da consegnare ai loro milioni di “fans” sparsi in tutto il mondo, probabilmente in vista del loro imminente scioglimento. Quel progetto però, non ancora ben definito nella loro mente, li rendeva dubbiosi ed incerti al punto da non sapere neanche loro con precisione cosa fare e come procedere. Soltanto qualche tempo dopo quel progetto si concretizzò.
Divenne famosissimo. Il 30 gennaio 1969, infatti, a Londra, in pieno inverno, filmati dal regista Michael Lindsay-Hogg, i Beatles effettuarono a sorpresa lo storico “blitz” sul tetto dell'edificio della Apples Corps Ltd, la holding da loro creata, improvvisando dopo mezzogiorno la notissima esibizione che in quella fredda e nuvolosa giornata, per circa tre quarti d'ora, li vide suonare continuamente cinque loro canzoni pubblicate successivamente nel Long Playing “Let it be”, l'ultimo loro album uscito l'8 maggio 1970. Un album che inizialmente doveva chiamarsi “Get Back”.
Il memorabile “Rooftop Concert” venne bruscamente interrotto dalla polizia, costretta ad intervenire su richiesta di molti residenti che a quell'ora erano stati infastiditi dalle spumeggianti sonorità roccheggianti della Band, accompagnata nell'occasione alle tastiere anche dal polistrumentista statunitense, Billy Preston. I Beatles avevano comunque deciso di realizzare quell'album nonostante le eccessive ed accese polemiche interne che spesso li portava a litigare anche per dei banali motivi. Ebbero un'idea illuminante. Quel 33 giri era destinato a diventare talmente iconico e famoso che nessuno, neanche gli stessi “Fab4”, potevano immaginarlo. Quel Long Playng venne pubblicato in Gran Bretagna il 26 settembre 1969. Quell'album era “Abbey Road”. Quel disco consegnerà alla storia alcuni affascinanti “misteri” e qualche incredibile “leggenda” orbitante intorno al fantastico quartetto inglese.
In un primo momento il manager della Rock-Band, Brian Epstein, come anche John, Paul, George e Ringo, non avevano affatto intenzione di intitolare quel Long Playing, “Abbey Road”. Tutt'altro. Si era pensato di pubblicare l'album con il titolo “Everest”, la marca dei sigari fumata dall'ingegner Geoff Emerick, tecnico del suono dei Baronetti. Per pubblicizzare il disco i produttori avevano deciso di effettuare fotografie e riprese in Tibet. In seguito ci fu una variazione di programma. Erano già state ultimate negli studi siti nella omonima via londinese, gli “Abbey Raod Studios”, le registrazioni dei brani da pubblicare nell'LP e tutte le canzoni erano state completate ed arricchite con effetti sonori di elevata qualità tecnologica. I Beatles in quel periodo non avevano ne tempo ne voglia di muoversi da Londra per recarsi in Tibet, dall'altra parte del mondo, avventurandosi tra le montagne a girare filmati e scattare fotografie. Si pensò di escogitare una veloce soluzione alternativa per la futura copertina dell'LP.
Dopo la separazione dalla moglie, Cynthia Powell, John Lennon conviveva con Yòko Ono, nota musicista di Tokyo molto apprezzata anche nel mondo dell'arte. Qualche tempo prima, l'eclettica artista nipponica naturalizzata statunitense aveva chiamato Macmillan per fotografare una sua mostra di quadri nel centro di Londra. Colpita dalla espressività degli scatti di Iain, la Ono ne aveva parlato in modo entusiasta a Lennon, il quale, dopo aver conosciuto Macmillan, decise insieme a McCartney di affidargli l'incarico per la realizzazione della copertina del nuovo 33 giri.
L'8 agosto 1969, in precario equilibrio su una scala a pioli posizionata al centro di quella lunga via, mentre i Beatles attraversarono per sei volte in fila indiana le strisce pedonali di Abbey Road, Macmillan scattò sei fotografie. Una foto per ogni tornata della Rock-Band. Uno di quegli scatti, il quinto, fece epoca. Divenne la memorabile ed “immortale” copertina di uno dei capolavori discografici dei Beatles, “Abbey Road”. Un disco che nel mondo ha venduto oltre 40 milioni di copie e continua a vendere anche oggi, apprezzatissimo dalle nuove generazioni. Nel volgere di brevissimo tempo quella copertina divenne talmente “famosa” da essere considerata all'unanimità dalla critica internazionale la copertina più famosa della storia della musica musica Pop-Rock di tutti i tempi, icona senza tempo dei quattro “Scarafaggi” di Liverpool.
Agli inizi degli anni '60 Londra era una delle città più rappresentative del mondo. Fondata dai Romani nel 47 d.C., esattamente 800 anni dopo la fondazione di Roma, 753 a.C., la “megalopoli” britannica si apprestava a vivere uno straordinario rinnovamento culturale e musicale, figlio delle preannunciate contestazioni giovanili. Nell'affascinante capitale del Regno Unito tutto sembrava mutare velocemente. Dietro l'imperturbabile ed attempata immagine del tipico “life style” d'oltremanica, la società inglese dell'epoca, ormai fortemente laicizzata e decristianizzata, ben celava la crisi e la perdita di identità della famiglia. I giovani britannici apparivano disorientati, insoddisfatti, inquieti e turbolenti. Non riuscendo ad intravedere sereni orizzonti per il loro futuro, desiderosi di rompere schemi sociali, pregiudizi e veti di costume, essi covavano una sorta di disagio e di ribellione nei confronti della miope politica del governo britannico che, agli inizi degli anni '60, era lontana dall'assecondare i loro desideri di affermazione e di inserimento sociale, mostrando poca sensibilità alle loro richieste di cambiamento.
La difficile atmosfera sociale di quegli anni venne pian piano elettrizzata dalla psichedelica irruzione dei Beatles. La potenza e l'irresistibile ascesa del loro incredibile “sound”, la briosità delle loro canzoni, l'allegria frizzante e sbarazzina nei confronti della vita, conquistarono i teenagers, i giovani ed anche i “meno giovani” di tutti i continenti. I ragazzi inglesi del primissimo periodo beatlesiano assorbirono le sonorità della mitico “gruppo” britannico. Molti sociologi ed intellettuali inglesi compresero che la musica dei “quattro” ragazzi di Liverpool avrebbe acceso in tutto il Regno Unito un “risveglio” giovanile che, preannunciando proteste e trasformazioni culturali, avrebbero seriamente messo in crisi sistemi politici ormai sonnolenti, logori, decadenti e stagnanti.
Anche in Italia, il 1968, in un certo senso, fu il riflesso di quel vento impetuoso della contestazione che di fatto scosse l'Inghilterra, la Germania e la stessa Europa. Anche a Corte, la Regina Elisabetta II seguiva i Beatles. Gli “Scarafaggi” con le loro formidabili “performance” musicali imposero nuove mode, nuovi costumi, nuovi modelli, nuovi orizzonti. I Beatles influenzarono sostanzialmente tutto. La politica, lo sport, la cultura, il cinema, lo spettacolo, la moda, la televisione, la fotografia ed ogni genere di produzione industriale, al punto da coinvolgere anche il mercato dell'auto. Nel 1964 John, Paul, George e Ringo giravano a Londra ciascuno con la propria Morris Minor Minor. Un'auto piccolissima, disegnata dall'ingegner Alec Issigonis, lanciata per la prima volta sul mercato inglese il 26 agosto 1959. La Mini Minor, in quello stesso periodo, riscosse grande successo tra i giovani ed incrementò sensibilmente le vendite in tutta Europa.
Imitando lo stile e le canzoni dei Beatles nuovi gruppi Rock irruppero nella “Capitale” britannica da ogni parte del mondo, insieme a molti altri artisti internazionali. Era la “Beatlemania”. I giovani di tutto il mondo si innamorarono dei Beatles e della loro musica ed i Beatles si innamorarono dei giovani al punto da essere considerati i grandissimi antesignani, gli eccezionali pionieri, i magistrali ed ineguagliabili interpreti del grande desiderio di cambiamento dei giovani di quell'epoca. Contestando vetusti schemi sociali, riflesso e retaggio dell'epoca vittoriana, i giovani britannici si ribellarono ai loro padri, esternando le loro proteste ed i loro disagi anche e soprattutto nei confronti del “sistema politico” del loro paese che, emarginandoli, non permetteva loro di costruire una società rinnovata. La società che essi desideravano. Con la loro musica e lo loro canzoni i Beatles mutarono lo scenario socio-politico di quel tempo. In quegli anni i “Fab4” veicolarono ai giovani di tutto il mondo un messaggio sociale e culturale che a distanza di quasi 60 anni è attualissimo anche ai nostri giorni.
E' come se i Beatles oggi dicessero ai giovani, “Ragazzi, svegliatevi. Non permettete che i potenti della terra scalfiscano i vostri desideri, le vostre ambizioni e la vostra voglia di vivere, perchè nessuno e nessun potere politico ha il diritto di rubarvi i vostri sogni di pace e di libertà”. Il 24 giugno 1965 i Beatles giunsero in Italia per una breve tournèe. Tre date, 8 concerti. Idoli di sterminate folle di fans i capelluti “Scarafaggi” si esibirono al Velodromo “Vigorelli” di Milano tenendo un doppio concerto, uno pomeridiano l'altro serale. Il loro spettacolo, presentato da Rossella Como, scatenò euforie ed entusiasmi senza precedenti. A Milano fu una giornata epica. Oltre 26mila spettatori, 40 minuti di concerto ed un incasso di quasi 60 milioni di lire. Una folla senza più freni inibitori, al vederli apparire sul palco, fu preda di convulsioni collettive. Alcune ragazze tentarono di denudarsi, fermate a stento dai carabinieri. Molti ragazzi si tolsero le camice sventolandole in aria, qualcuno si tolse anche i pantaloni. Scene di incontrollabile eccitazione generale esplosero anche nel corso dell'altrettanto suggestivo concerto di Genova. Era il 26 giugno 1965.
L'impresario che li scritturò per il “Tour” italiano, Leo Wachter, aveva in programma di portarli prima a Bologna e poi a Venezia, laddove avrebbero dovuto esibirsi in Piazza San Marco. Gli “Scaragaggi” preferirono Genova perchè il capoluogo ligure aveva il porto e la cosa gli ricordava il porto della loro città, Liverpool. Decisero di non suonare nè a Bologna nè a Venezia. A Roma i Beatles furono accolti all'aeroporto di Fiumicino con grande tiepidezza. Al loro arrivo non vennero tributate ai “Baronetti” le isteriche accoglienze alle quali da tempo si erano assuefatte. Il doppio concerto romano del 27 giugno 1965 si tenne in un cinema invece che in uno stadio o in un palasport e suscitò entusiasmi più contenuti e controllabili rispetto a milano e a Genova. Il “benpensante” mondo “Capitolino” fu più distaccato nei confronti della Band. Sociologi, letterati, psicologi, scrittori e giornalisti non compresero appieno le briose sonorità pop-rock del “quartetto” e finì per sottovalutare alla grande i Beatles, tanto da “appioppandogli” la nomea di confusionari ed ordinari “urlatori”.
Qualche tempo dopo una grande inchiesta giornalistica rilevò che la società romana era in ritardo nel comprendere le realtà internazionali, forse perchè la canzone italiana, da sempre melodica, è sempre stata un pò refrattaria alle sonorità della musica rock. Pierpaolo Pasolini, noto poeta, scrittore e intellettuale bolognese, riconobbe la validità della loro musica pur non riuscendo a comprendere il dilagare del “fenomeno”. Nessuno dei tre concerti della tournèe italiana venne ripreso dalla televisione nazionale. I dirigenti RAI dell'epoca, infatti, valutarono i Beatles come un evanescente “fenomeno” passeggero, una meteora di breve durata che non avrebbe lasciato traccia, quasi un clownesco quartetto da baraccone, al punto da ritenere che non vi erano motivi logici e plausibili per “scomodare” una troupe e filmarli. Quella sconsiderata decisione ridicolizzò la RAI e l'Italia agli occhi del mondo. Mino Reitano conobbe John Lennon e i Beatles in Germania, quando il gruppo si esibiva ad Amburgo. Fausto Leali, con i Novelty, venne ritratto con i Beatles in una foto al Vigorelli di Milano. Il cantante bresciano sapeva benissimo che il non averli filmati in concerto fu per la RAI un errore imperdonabile. Peppino di Capri riprese i Beatles con la sua cinepresa, avendoli preceduti sul palco sia a Milano che a Roma prima della loro esibizione e filmò l'unico documento visivo che testimonia il passaggio della Band britannica nello “Stivale”. Un filmato che Di Capri, ancora oggi, custodisce gelosamente.
Lo scatto fotografico di Iain Macmillan, effettuato con una Hassembland 120 alle 10 di mattina dell'8 agosto 1969, divenne l'eccezionale copertina “capolavoro” del 33 giri “Abbey Road”. Macmillan scattò anche la fotografia retrostante di quell'album. L'LP venne pubblicato in Inghilterra e negli States, ottenendo subito uno stepitoso successo di vendite e di ascolti. Un successo che proiettò l'LP ai vertici delle classifiche di tutto il mondo, tranne in Italia. “Abbey Road” fu il best seller dei “Long Playing” dei Beatles. La copertina passò alla storia divenendo famosissima nel volgere di brevissimo tempo. Non conteneva ne il titolo ne il nome della Band. Nello scatto fotografico di Macmillan balza subito all'occhio un quartiere residenziale diviso da una lunga strada alberata, due fila di automobili parcheggiate lungo i due opposti marciapiedi che seguono il rispettivo senso di marcia e, in primo piano, i Beatles che attraversano la strada su quattro delle sei strisce pedonali. Non sfuggono una serie di particolari. Paul McCartney, a piedi nudi, nella mano destra, lui che è mancino, stringe una sigaretta tra le dita. John Lennon vestito con giacca, pantaloni e scarpe bianche. Ringo Starr che sfoggia giacca, pantalone e scarpe nere ed infine George Harrison, scarpe bianche, jeans e camicia di jeans. Sulla sinistra della fotografia è ritratto un “Maggiolino” Volkswagen bianco, un 'Beetle version' dell'epoca, con la targa gialla, LMW 28IF, parcheggiata con due ruote sul marciapiede e con due ruote in strada. La vettura risultava intestata ad Eric Fritnat. Un residente che Macmillan cercò di contattare per invitarlo a spostare la vettura. Non riuscendoci si rassegnò a scattare la foto con il Maggiolino in quella posizione.
Più in là, sempre sulla sinistra della foto, si notano tre persone “immortalate” accanto ad un piccolo cancello di ingresso di un'abitazione. Sono tre decoratori. Uno di essi si chiamava Albert Duffy. A destra della foto di Macmillan si nota un veicolo nero della polizia. E' parcheggiato frontalmente. La targa anteriore è 5Y3 724F. Infine, accanto al furgone si scorge un'altra persona che guarda in direzione dei quattro musicisti britannici. E' un turista statunitense della Florida che all'epoca era in vacanza con la moglie a Londra. Il suo nome era Paul Cole, scomparso 17 anni fa, nel 2008. Negli Stati Uniti “Abbey Road” fu pubblicato il 1° ottobre 1969. Circa un mese dopo, Russ Gibbs, un disk-jockey di una radio di Detroit, la WKNR-FM, annunciò che Paul McCartney, il 9 novembre 1966, alle ore 5 di mattina, era scomparso a seguito di un violento incidente stradale. A bordo della sua automobile, il famoso musicista si era scontrato a Londra con un'altra vettura nei pressi di un incrocio della capitale regolato da un semaforo e, nel violento impatto, così si raccontò, Paul era rimasto decapitato tra le lamiere della sua “Aston Martin”, la vettura che egli effettivamente possedeva in quel periodo.
La notizia resa nota da Gibbs attraverso i microfoni radiofonici suscitò un'incredibile e comprensibile clamore. L'attenzione mediatica fece il resto. L'annuncio di Gibbs divenne virale e si diffuse con una rapidità impressionante nel mondo. In quella stessa mattinata Gibbs affermò anche che i tre Beatles, nonostante avessero sempre nascosto la morte del loro amico, deciso di sostituirlo subito con un “sosia”. A partire dalla data del terribile incidente di Paul, il 9 novembre 1966, i Beatles diffusero nei testi delle canzoni e nelle copertine degli album successivi a quella tragedia numerosi indizi comprovanti la scomparsa di “Macca”. Dalla radio di Detroit, Ross Gibbs, senza volerlo e senza immaginarlo, aveva comunicato una notizia che con il trascorrere del tempo divenne “leggenda”. Una leggenda che da quel giorno è entrata nella storia dei Beatles, dando vita al movimento “Paul is dead”, cioè “Paul è morto”. Milioni di appassionati dei “Fab4” iniziarono ad attivarsi per appurare la fondatezza di quanto annunciato dalla radio di Detroit. Vennero analizzate tutte le copertine dei 33 e dei 45 giri pubblicate dagli “Scarafaggi”. Come per magia, i particolari della fotografia scattata da Macmillan nell'album “Abbey Road” divennero gli “indizi” di partenza a sostegno della tesi dei fondatori di quel movimento. I fautori della tesi della morte di Paul sostennero che il primo indizio comprovante la “verità” annunciata da Gibbs era che il “sosia” di McCartney non a caso era stato fotografato scalzo nella copertina di “Abbey Road”, volendo subliminalmente far comprendere che il “vero” Paul era morto ed era stato sepolto nel rispetto di un'antichissima usanza celtico-britannica che seppelliva i morti a piedi nudi.
Il secondo indizio addotto fu che McCartney era mancino, mentre il suo “sosia” venne fotografato con una sigaretta stretta tra il dito indice e il medio della mano destra. Anche l'attraversamento sulle strisce pedonali dei Beatles, simboleggiante una processione che rientrava dal cimitero dopo la sepoltura di Paul, non sfuggì all'analisi di alcuni convinti assertori della sua reale scomparsa. Nella foto, il completo di jeans di Harrison, camicia e pantaloni, simboleggiava il becchino, il vestito bianco di Lennon un ministro religioso, cioè il celebrante del rito funebre, quello nero di Ringo, l'impresario delle pompe funebri cui si correlava metaforicamente anche il furgone nero ritratto in copertina. Iniziarono ad essere oggetto di febbrile analisi tutti i particolari, anche quelli più nascosti, degli album pubblicati dai Baronetti dopo quel Mercoledi, 9 novembre 1966. In base a quanto affermato da Gibbs, l'ultimo 33 giri pubblicato dalla Band con Paul ancora in vita fu “Revolver“, un album finito di registrare il 5 agosto 1966 e pubblicato tre giorni dopo, l'8 agosto 1966. Gli LP pubblicati in ordine cronologico dopo il mortale incidente di McCartney furono nell'ordine, “Sgt Pepper Lonely Hearts Club Band”, pubblicato il 1 giugno 1967, “Magical Mistery Tour”, il doppio EP, Extended Play, tratto dal film realizzato dai Beatles per la televisione britannica, BBC, pubblicato l'8 dicembre 1967, “The Beatles“, noto anche con il nome di “White Album”, il doppio album pubblicato il 22 novembre 1968, “Yellow Submarine”, tratto dall'omonimo film, pubblicato il 17 gennaio 1969, il famosissimo “Abbey Road”, pubblicato il 26 settembre 1969 ed infine “Let it Be”, tratto anch'esso dall'omonimo film-documentario sulla realizzazione di un album.
“Let it be” fu pubblicato postumo dai “Fab4”. L'album doveva uscire ad agosto 1969 e doveva chiamarsi “Get Back”, invece venne pubblicato l'8 maggio 1970, dopo il definitivo scioglimento dei Beatles. Il giorno in cui i “Baronetti” terminarono le registrazioni di “Revolver”, un album che avrebbe dovuto essere intitolato “Abracadabra” e che nulla ha a che vedere con un tipo di pistola, venne cosi denominato perchè si riferiva al movimento di un disco sul piatto, era il 5 agosto 1966. Curiosamente, 40 anni dopo, il 5 agosto 2006, moriva a Carnoustie, un paese della Scozia centrale, Iain Macmillan, il fotografo che l'8 agosto 1969 scattò l'iconica fotografia di “Abbey Road”. Il numero 8 interagì con la “Band di Liverpool”. Tre album dei Beatles, “Revolver”, l'EP “Magical Mystery Tour” e “Let it Be”, vennero pubblicati il giorno 8, sia pur di mesi ed anni diversi. Il numero 8, disteso orizzontalmente su un piano, nel linguaggio fisico-matematico rappresenta l'infinito. Venne tracciato per la prima volta dall'astronomo e matematico elvetico, Leonhard Euler, noto come Eulero. L'8 sdraiato simboleggia la sconfinata vastità dell'universo, l'inizio di un nuovo ordine, l'inizio di una nuova dimensione, cioè l'inizio di una vita senza fine, eterna, che si collega ad un tempo senza fine, l'eternità. Per il movimento “Paul is dead” ciò era da considerarsi un ulteriore indizio accreditante l'effettivo decesso di McCartney.
La sua nuova vita, dopo la scomparsa, lo aveva introdotto in una nuova dimensione, in un tempo senza fine, l'eternità. Il numero 8 “sdraiato”, storicamente, apparve per la prima volta verso il 700 d.C. sulla croce di San Bonifacio, avvolta intorno alle braccia di una croce latina. Numerosi sono gli indizi rivelatori della morte di McCartney che si riscontrerebbero nella “affollata” e “variopinta” copertina dell'Lp “Sgt Pepper Lonley Hearts Club Band”, “La Banda dei cuori solitari del Sergente Pepper”, un album pubblicato il 1°giugno 1967. Nella copertina suscitano immediata attenzione molti personaggi che circondano i Beatles. Ritratti in primo piano, i “Baronetti” indossano antiche e sgargianti divise risalenti ai musicisti delle bande musicali tipiche dell'epoca vittoriana. Nella copertina si nota che molti oggetti sembrano essere stati sparpagliati confusamente. In realtà quel voluto disordine non è affatto casuale. I Beatles non lasciarono davvero nulla al caso. Ogni oggetto venne disposto accuratamente e sembra avere precisi significati. Si contano in primo piano ben 66 personalità. Sono i personaggi preferiti dai Beatles, quelli che, metaforicamente, la Band avrebbero fortemente desiderato invitare tutti insieme all'ascolto di un loro concerto.
Sono tutte personalità famose, giusto per citarne alcune, Marylin Monroe, Fred Astaire, Shirley Temple, Edgar Allan Poe, Bob Dylan, Karl Marx, Tony Curtis, Orson Wells, Davis Livingstone, Marlene Dietrich, Tyrone Power, Lawrence d'Arabia, Oscar Wilde, Carl Gustave Jung, Marlon Brando, Binnie Barnes, Stan Laurel, Oliver Hardy, Dylan Thomas, Issy Bonn, George Bernard Shaw, Albert Einstein, Stuart Sutcliffe, quest'ultimo grande amico di Lennon. Sutcliffe per primo suonò il basso nel gruppo. Tra essi vi sono anche tre guru indiani. Sri Paramahansa Yogananda, Sri Mahavetara Babaji e Sri Lahiri Mahasaya. Vi è anche un noto “teologo” dell' occultismo legato al satanismo, Aleister Crowley. Il guru Babaji era circondato dalla fama di immortalità, capace inoltre di assumere qualsiasi aspetto. Sotto la “T” rossa fiorata si nota una statuina rossa con quattro braccia. E' è una divinità induista, la dea Lakshmi, la dea della luce e del destino. La dea Lakshmi simboleggerebbe nella foto dell'album il destino avverso di Paul. Nel febbraio del 1968 i Beatles si erano recati in India. Trascorrendo alcune settimane nel subcontinente indiano, ai piedi dell'Himalaya, a Rishikesh, ospiti dell'ashram del santone Maharashi Mahesh, essi erano in cerca di ispirazioni musicali e spirituali. Nel corso di quella permanenza incontrarono anche un giornalista italiano, Furio Colombo, recentemente scomparso.
In India i “Baronetti” composero alcune canzoni che sarebbero state in seguito pubblicate nel Long Playing “The Beatles”, il famosissimo doppio album noto anche con il nome di “White Album”. Un doppio 33 giri che detiene un altro invidiabile “record” assoluto. E' il doppio album più venduto di tutti i tempi nella storia della discografia internazionale. John Lennon aveva chiesto ai produttori di poter aggiungere ai 66 personaggi presenti sulla copertina di “Sgt Pepper” anche la fotografia di Gesù Cristo, del mahatma Gandhi edi Adolf Hitler. I produttori si opposero strenuamente alla richiesta del leader carismatico della Band, in quanto nel corso di una tournèe negli States, Lennon, il 4 marzo 1966, aveva già rilasciato alla stampa americana due esplosive dichiarazioni che suscitarono grande sdegno, accendendo pericolose reazioni negli Usa e in tutto il mondo, e cioè che i Beatles erano diventati più famosi di Gesù Cristo e il Cristianesimo sarebbe presto scomparso dalla faccia della terra. Temendo le incontrollabili reazioni di una simile pubblicazione, le foto di Gesù Cristo, Ghandi e Hitler non vennero pubblicate. Al centro della foto della copertina di “Sgt Pepper”, tre dei Beatles, Starkley, Lennon ed Harrison, sono ritratti tridimensionalmente, mentre si nota che l'immagine di “Paul” è schiacciata, appiattita. Tale appiattimento simboleggerebbe la sua scomparsa. Altri indizi. Sulla gamba destra della bambola che indossa il maglione con la scritta “Welcome the Rolling Stones”, si nota un piccolo modellino bianco dell'Aston Martin, quella a bordo della quale morì Paul, insieme ad un guanto malconcio e leggermente insanguinato. La scritta che riporta il nome della Band, “Beatles”, è affiancata da una piccola 'o'. Si legge “Beatleso”.
Ciò indicherebbe in modo velato il luogo in cui fu sepolto McCartney, lo Stato del Lesotho, nell'estremo Sud dell'Africa. Altro indizio. La grancassa che riporta il titolo dell'album, sita al centro della copertina di “Sgt Pepper”, fatta dipingere appositamente da un artista di strada, mediante l'utilizzo di una specchio posto a metà della scritta stressa, rivelerebbe la data della morte di Paul, 9 novembre 1966. Oltre alle statuine di Biancaneve e di una statua in pietra che Lennon custodiva nella sua casa, si notano distintamente altri due indizi macroscopici. Il primo. Un “basso” a tre corde, riprodotto con i fiori gialli, il cui manico è rivolto a sinistra. Paul è mancino, per cui solo un “mancino” poteva suonarlo. Come si può notare una delle corde è spezzata. Il secondo. Una mano viene posta sopra la testa di McCartney. Nella cultura indiana la mano sul capo è un segno di morte. Riprodotte in copertina, inoltre, si notano anche le piante di eucalipto, il quale simboleggia la “protezione”. John, Ringo e George, dopo l'incidente mortale di Paul, scossi e impauriti, erano desiderosi di “protezione”. L'album “Sgt Pepper” si apre a libro. All'interno, in primo piano, vi sono le foto dei quattro Beatles. Furono scattate dal fotografo Michael Cooper. Sulla giacca di McCartney si scorge una specie di 'mostrina' o 'distintivo blu'. Si legge la scritta “OPP”. Secondo alcuni starebbe per “Officially Pronunced Dead”, cioè, “Ufficialmente Dichiarato Morto”. La giacca di Paul, inoltre, è di colore blu. Il blu rappresenta, oltre che il colore del mare, anche il colore del cielo, simboleggiando a riguardo la sua dipartita. Il retro del Long Playing in questione ha la copertina di colore rosso. Ciò simboleggerebbe il sangue nell'incidente di Paul.
Il retro del disco riporta anche tutti i testi delle canzoni dell'album, una novità per l'epoca. La EMI Records, d'accordo con i Beatles, fece riprodurre sul retro dell'LP la foto dei “Fab4” con Paul ritratto di spalle. Ciè rapprenterebbe un altro simbolo della sua prematura scomparsa. Un altro particolare. La testa del “bassista” tocca il titolo di una canzone, “Within you Without you”, la traduzione del brano è, “Dentro di te senza di te”, ed allude al fatto che i tre “musicisti” di Liverpool, rimasti 'orfani' di Paul, sentivano molto la sua mancanza. Si nota ancora che l'indice del chitarrista solista, George Harrison, indica la canzone “She's Leaving Home”, con preciso riferimento al suo inizio, “Wednesday morning at five o'clock as the day begin”, cioè, “Alle 5 di Mercoledì mattina, come il giorno ebbe inizio”. Non fu un caso. L'incidente mortale di McCartney, secondo il movimento “Paul is dead”, si verificò esattamente alle ore 5 del mattino del 9 novembre 1966. Era un Mercoledì. Nell'album successivo, “Magical Mistery Tour”, prodotto da George Martin, i Beatles sono vestiti con delle strane maschere, quasi carnevalesche. Lennon indossa quella del “tricheco”. Nella canzone “I'am the Walrus”, cioè 'Io sono il tricheco', John canta che il tricheco, simbolo di morte nella tradizione eschimese, non è lui bensì colui il quale è ritratto in varie fotografie contenute nelle pagine allegate all'interno dell'EP, cioè Paul. Anche in questo 33 giri pubblicato con l'apertura a libro, sono contenuti numerosi indizi che alludono alla scomparsa di McCartney. Seduto ad una scrivania, Paul indossa una divisa militare. Sotto la scrivania si nota la scritta, “I was”, cioè, 'Io fui'. In altre tre foto scattate dal fotografo John Kelly, poi allegate allo stesso Extended Play, McCartney è fotografato scalzo.
Questo particolare lo ricollega alla copertina dell'album “Abbey Road”, dove lo scatto a piedi nudi indicava allusivamente, secondo la tradizione celtica ed anglosassone, una persona defunta. Altri due “consistenti” indizi della scomparsa di Paul sarebbero presenti in altre due fotografie scattate da Kelly e poi pubblicate nell'inserto di 24 pagine contenuto in “Magical Mistery Tour”. In una foto i Beatles indossano un elegante vestito bianco. John, Ringo e George hanno un fiore rosso appuntato all'occhiello della giacca mentre il fiore di “Macca” è nero. Nell'altra foto, la batteria di Ringo, colorata di rosso, reca la scritta, “Love the 3 Beatles”, cioè 'Amate i 3 Beatles'. Quindi i “Fab4” sarebbero rimasti in tre e ritornati poi ad essere in quattro con l'inserimento del “sosia” di Paul. Il Long Playing “Yellow Submarine”, prodotto da George Martin, venne concepito con una copertina quasi fumettistica realizzata dal grafico Ron Campbell. Appaiono in primo piano i Beatles, coloratissimi e magistralmente disegnati con grande maestria. L'album venne pubblicato alcuni mesi dopo il lancio dell'omonimo film d'animazione. Sotto il titolo del 33 giri appare un misterioso sottotitolo. ”Nothing is real”. 'Nulla è reale'. Anche qui emergerebbero indizi sulla morte di Paul. Sulla testa di McCartney si vede chiaramente la mano di John Lennon che fa le corna. Un segno che fa di nuovo riferimento all'amico defunto. Il sottomarino giallo, velato simbolo di una bara, si correlerebbe al cumulo di terra su cui sono stati disegnati i celeberrimi “Scarafaggi”, particolare grafico che farebbe pensare alla misteriosa sepoltura del feretro del polistrumentista inglese.
Nel “White album”, il doppio 33 giri con la copertina bianca, vero titolo “The Beatles”, i sostenitori del movimento “Paul is dead” sono fermamente convinti del fatto che gli inserti contenuti all'interno dell'eccezionale doppio Long Playing riportino effettivamente la pubblicazione delle due fotografie nelle quali è racchiusa la verità sulla presunta morte del Beatle. Le due fotografie nelle quali è racchiuso il mistero e la leggenda della scomparsa di McCartney. La prima foto ritrarrebbe il vero “sosia” di Paul prima che egli subisse gli opportuni ritocchi di chirurgia plastica per renderlo somigliante alla perfezione al “defunto” Paul, mentre la seconda fotografia ritrae il “bassista” immerso in una vasca da bagno, rievocando non solo l'incidente mortale in cui rimase decapitato ma anche il reale momento in cui il corpo straziato di Paul venne ricomposto e deposto nel feretro. Anche il tredicesimo ed ultimo album, “Let it be”, conterrebbe una particolarità. Nelle quattro fotografie dei Beatles scattate da Ethan Russel poi riprodotte sulla copertina a sfondo nero realizzata da John Kosh, Paul, ritratto su uno sfondo rosso che rievoca il sangue e l'incidente, guarda in direzione opposta agli altri. Stesso riscontro nel retro copertina dello stesso Long Playing. La stessa particolarità è riportata anche nella copertina dell'album “Revolver”, realizzata dal grafico Klaus Voorman con le fotografie scattate da fotografo Robert Whitaker. Un'ultima copertina riporta i macabri particolari che fanno ripensare alla presunta morte di McCartney.
E' quella della prima versione dell'album “Yesterday And Today”. I Beatles, vestiti da macellai, furono ritratti con teste di bambole smontate e pezzi di carne macellata. Qualcosa che fa pensare ad un evento violento, richiamando l'incidente di Paul. Anche in questa circostanza l'orologio che McCartney rende al polso destro indica nuovamente le ore cinque, l'ora del suo presunto decesso. Ritenuta troppo cruenta, la copertina di “Yesterday And Today” venne censurata. Fu sostituita con una nuova copertina la cui foto ritrasse i Beatles nuovamente insieme. Solo che questa volta, McCartney, sfregiato sul labbro superiore, venne fotografato seduto dentro una valigia che somigliava molto ad una bara. Altri fotografi, prima del 9 novembre 1966, collaborarono con i Beatles. Il fotografo Robert Freeman ideò le copertine di molti altri LP dei 'Fab4', quali “With the Beatles”, “Beatles for Sale”, “Help”e “Rubber Soul”, ideando anche quella di un EP, “Long Tell Sally”. In nessuna di esse sono contenuti simboli e particolari allusivi collegati a quel presunto, tragico evento dell'incidente stradale di Paul verificatosi quando egli aveva circa 25 anni. Nella copertina di “Abbey Road” l'iconico scatto di Iain Macmillan ritrasse anche una Volkswagen Maggiolino di colore bianco. La targa era gialla, LMW 28IF. Il “Maggiolino”, come la Mini Minor, la Citroen 2CV, la Renault4 e la Fiat 500, fu e continua ad essere un'icona pop che varca le soglie del tempo. Il manager di Volkswagen, Karl Hahn, oggi scomparso, reinventò e rese celebre l'auto tedesca.
Ancor di più lo rese celebre lo scatto di Macmillan e la copertina di “Abbey Road” al punto da farla diventare il Maggiolino più famoso del mondo. Un po' come fece Claudio Baglioni in Italia, quando nel 1973 pubblicò un suo LP, titolo “Gira che ti rigira amore bello”, con la foto di “Camilla”, una Citroen 2CV bicolore, giallo e marrone, che testimoniava l'amore del cantautore romano per l'iconica auto transalpina, uno dei simboli della Francia, disegnata da Flaminio Bertone. La targa del Maggiolino di “Abbey Road” sarebbe stata rivelatrice dell'età di McCartney. Se fosse stato ancora in vita il giorno della scatto del fotografo scozzese, l'8 agosto 1969, avrebbe avuto esattamente 28 anni. Paul, infatti, è nato il 18 giugno 1942. Appunto, LMW 28IF, 28 anni se. LMW sta invece per Linda McCartney Widow, cioè piange. Linda McCartney sarebbe stata la futura moglie di Paul. Dal giorno della pubblicazione di “Abbey Road” il “Maggiolino” più famoso del mondo venne rubato varie volte. Il suo proprietario, Eric Fritnat, non ne conosceva il motivo.
Decise di disfarsi dell'auto. Dopo varie vendite e diversi proprietari il Maggiolino, ormai iconico e famosissimo, venne acquistato dalla Wolkeswagen e oggi si trova nel museo di Wolfsburg, in Germania. Una cosa è certa. L'ultimo concerto dal vivo dei Beatles risale al 29 agosto 1966. Si esibirono in California, al “Candlestick Park Stadium” di San Francisco. Dopo 29 mesi, il 30 gennaio 1969, ritornarono insieme sul tetto dell'edificio della Apple Records, al numero 3 di Savile Row. Dal concerto di San Francisco i “Fab4” non si mostrarono più in pubblico, sperimentando ed evolvendo la loro musica negli studi di registrazione.
La morte di Paul McCartney continua ad essere solo una “leggenda”?.