Un mugellano alla Sellaronda Hero. Una bella cronaca in Mtb. Parliamone, di domenica
La fatica, la passione, l'impegno di una sfida su due ruote. C'è tutto questo nel racconto vero e appassionato del ciclista Guglielmo Braccesi. E volentieri ospitiamo il suo racconto nel nostro spazio domenicale. Perché, oltre la bici, vi si trova tutto il carattere (molto) tenace di noi mugellani:
Anche per quest’anno la Hero è passata. E ieri (27 giugno), si sono spenti riflettori sulla Piazza Nives di Selva di Val Gardena, dove si sono svolti i Campionati del Mondo Marathon di Mountain Bike. Per la cronaca si è laureato Campione del Mondo maschile l’austriaco Alban Lakata, mentre fra le donne ha vinto la norvegese dal nome impronunciabile, Dahle Flesjaa Gunn-Rita. Circa 250 professionisti si sono dati battaglia lungo le impervie montagne dolomitiche, oltre a 3765 tesserati che, per un giorno dell’anno, si sono voluti sentire HEROes per caso. Fra i quasi 4000 aspiranti HEROes c’erano anche Paolo Stefanacci e Guglielmo Braccesi, due atleti mugellani che fra vicissitudini varie sono riusciti a portare a termine la loro prova con soddisfazione ed onore con risultati più che soddisfacenti. Paolo con un 87-esimo di categoria e Guglielmo, cioè io, con un 24-esimo di categoria. Con Paolo ci siamo conosciti una domenica di Maggio, salendo le pendici di Monte Giovi e con lui abbiamo scambiato varie opinioni sulla HERO, gara unica nel suo genere, considerata dai massimi esperti del settore, una delle gare più dure nel panorama Marathon della Mountain Bike. Ci siamo poi rivisti quassù, a Selva di Val Gardena, insieme anche a Marcello e Cristiana due amici senesi, qualche giorno prima della gara, ognuno di noi coi suoi dubbi, le sue perplessità, i suoi timori. Ci siamo fatti l’in bocca al lupo e ci siamo risentiti a fine gara per sapere come era andata. Paolo, alla sua prima HERO, è partito con l’intenzione di arrivare, di riuscire a portare a termine una gara molto impegnativa e c’è riuscito nel migliore dei modi, senza problemi e con soddisfazione. Io invece ero alla seconda edizione della gara e non nego che qualche aspettativa ce l’avevo. Al via della gara sono arrivato sufficientemente tranquillo, anche se con la colazione sempre sullo stomaco. Forse ho esagerato col mangiare questa mattina… La partenza della gara prevede subito uno “strappo” molto ripido che in 5 km ci porta da 1500 m a 2300 m di quota con pendenze che arrivano molto spesso al 25% ed un fondo ghiaioso che non facilita assolutamente la trazione. Rispetto alla prova fatta il lunedì, mi rendo conto che il mio cuore sta costantemente molto più alto, anche se il passo, non mi sembra sia più veloce della prova di inizio settimana. Saliamo lentamente in un fiume a pedali su per i tornanti della strada forestale. A metà salita comincio a superare i partenti della griglia precedente alla mia, anche se cerco disperatamente di tenere il cuore sotto controllo. Scambio due impressioni col mio “vicino” con il quale continuiamo a darci il cambio su per la salita. O per lo meno, è lui che vuol chiacchierare, io non ho troppo fiato da sprecare… quasi in cima alla salita del Dantercepies c’è un ragazzo che a gran voce chiama tutti i nomi dei partecipanti, leggendoli sulle tabelle porta numero che abbiamo davanti alla bici ed ogni due o tre nomi letti, aggiunge: alè, alè, è quasi finita, forza!!! La discesa è vertiginosa, con la bici che scivola ad ogni curva sulla ghiaia, ma una volta attraversata la strada del Passo Gardena si entra nel bike park che porta a Colfosco. Divertentissimo se fatto da soli, ma in “carovana” come siamo, sembra d’essere alla processione dietro ad un funerale. Dopo tre curve a rilento, mi butto sul prato. L’erba alta non permette di vedere se ci siano buche, per cui, o bene bene, o male male. Insieme ad un tedesco tentiamo la fortuna e siamo ripagati con un notevole bottino di sorpassi. A Corvara inizia la salita che ci porterà all’Arlara e poi al Pralongià, prima di essere scesi di nuovo verso San Cassiano. Su per la salita un chiassoso gruppone di Poppi in Casentino, si fa riconoscere. Uno di loro non so bene come, aveva una musica da discoteca molto alta che, a detta sua, gli dava il ritmo per salire meglio… Gente strana questi casentinesi… Al Passo di Campolongo ho il primo contatto con la mia “assistenza” con mio figlio che mi passa una nuova borraccia, come nelle migliori tradizioni ciclistiche, mentre mia figlia fotografa ogni avvenimento. Quest’anno mancano Artù ed Ale, i cani, rimasti a casa con la “zia Lisa”. La discesa verso Arabba è molto pericolosa, piena di pietre smosse, tanto che ad un tratto essendo in molti in un sentiero stretto, decidiamo tutti di scendere e procedere a piedi. Sento da dietro uno che urla: attenti!!! Non faccio in tempo a girarmi e mi passa accanto un biker a velocità supersonica, salvo poi stamparsi in brutto modo per terra. Stesso posto, stessa dinamica dell’anno scorso. Non so se il biker fosse lo stesso, ma la reazione di tutti noi è stata la medesima, prima nell’assicurarsi che non si fosse fatto male, poi nell’infamarlo all’unisono!!! Da Arabba inizia il tremendo Passo Pordoi. Non l’ho mai sopportato, non mi piace e lo patisco sempre ed infatti ci perdo alcune posizioni, arrivando anche a fermarmi qualche secondo per riprender fiato quasi verso la fine. In vetta al Pordoi mi aspetta l’assistenza con borraccia e barretta che ingurgito iniziando la discesa verso Canazei. Il nostro tracciato corre parallelo alla pista da Down Hill, una sorta di slalom parallelo, dove mi trovo a duettare con un discesista. Nella foga di staccarlo, devo aver preso una roccia che mi ha squarciato il copertone posteriore. Provo con la bomboletta della schiuma per vedere se si tappa lo strappo, tento e ritento, ma tutte le prove vanno a vuoto non consentendomi di rigonfiare la ruota. Telefono alla Stefania che in macchina ha una ruota di ricambio. Le dico che io proseguo con la ruota a terra fino all’area del rifornimento dopo il bivio Sella-Pordoi. Li la aspetto per cambiare la ruota e ripartire. I tempi dovrebbero coincidere, consentendomi di non perdere secondi importanti. Guidare con la ruota posteriore a terra, su una delle discesa più impegnative del giro, vi assicuro che non è una gran bella sensazione, ma… Arrivato all’area del ristoro, la Stefania non c’è. La richiamo, ma loro sono bloccati nel tratto dove la gara attraversa la strada del Passo Pordoi. Noooo, escono fuori dalla mia bocca parole impronunciabili, dettate dalla rabbia.Vedo sfilare davanti a me molti concorrenti che avevo precedentemente superato, e molti che da dietro, mi stanno passando avanti. All’area ristoro c’è l’assistenza shimano, gli chiedo se mi aiutano a cambiare la camera d’aria, per fare un po’ più velocemente. Purtroppo non hanno nemmeno una pinza, e la mia valvola della ruota, non si riesce a svitare a mano. Capisco in quel momento che la mia gara volge al termine, che sarò costretto a ritirarmi, che un anno di allenamenti e di fatica se ne vanno in fumo, che quello che doveva essere la conclusione felice di una vacanza, diventerà una sconfitta totale. Allargo le braccia, ringrazio i ragazzi della shimano e vado verso il ristoro, ad affogare le mie pene in un bicchiere di coca cola. Ma come prendo il bicchiere, vedo sul bancone una pinza… Vaiii, si può fare!!! Cambio la camera d’aria al volo, rigonfio la ruota e riparto. Ho perso dai 15 ai 20 minuti in totale, non li potrò mai recuperare, ma vediamo quel che si può fare, penso. Piccola salita e poi rapida discesa fino al Lupo Bianco, prima di riprendere la salita, la tremenda salita che porta al Passo Sella. Molti procedono già a piedi spingendo la bicicletta, io riesco a salire, non agevolmente, ma a salire ed è già parecchio per lo spirito. Durante la salita il telefono continua a suonare, è sicuramente la Stefania che arrivata al ristoro, non mi trova. Ma pensare di fermarsi per rispondere è fuori da ogni logica. Lo lascio suonare, capirà… Arrivo in cima al Passo Sella che ho le lacrime agli occhi dalla fatica ed i muscoli delle gambe che cominciano a dare avvisaglie di crampi. Ma ormai dal Passo Sella la gara si può riportare a casa!! Inizia il sali-scendi fino al Rifugio Comici e poi la discesona nella quale tento il tutto per tutto. Spero la ruota regga, mollo i freni, mi distendo indietro e letteralmente volo come un aeroplano in picchiata. Cerco di rimanere dentro quella flebile linea senza pietre che mi consente di avere maggiore aderenza e sorpasso su sorpasso riesco a riguadagnare un buon numero di posizioni. Un paio di sbandate mi fanno riaccendere il cervello, cerchiamo di non strafare mi dico ed almeno cerchiamo di riportare a casa tutta la pelle intera. Sono gli ultimi km, nei quali sorpasso anche dove non avrei mai pensato di riuscire a concepire un sorpasso. Poi iniziano gli striscioni, si sente il rumore dello speaker, ultima curva, vedo il traguardo di Piazza Nives, lo passo, è finita!!! Appoggio la bici in terra, ho percorso gli ultimi km ad un ritmo indiavolato ed ho il cuore in gola. Mi siedo per terra. Mando un messaggio a mia moglie dicendole che sono arrivato. Poi alzo gli occhi al cielo, un turbinio di immagini mi passa per la mente, un caos di sensazioni mi avviluppa, arriva la felicità, arriva la rabbia, poi l’emozione, poi la commozione… Guglielmo Braccesi