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Una vita rocambolesca. La storia di Filippo Pananti, mugellano d'eccezione...

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Dal nostro lettore e collaboratore, Pier Tommaso Messeri, riceviamo e pubblichiamo questa appassionante ricostruzione della vita di Filippo Pananti. Illustre mugellano e letterato che ha condotto una vita avventurosa in motli paesi Europei. E che fu presente insieme al poeta Ugo Foscolo con una missione pacificatrice nei moti a Borgo del 1799. Personaggio che è stato anche oggetto della tesi di leurea del nostro collaboratore...

Filippo Pananti: una gloria mugellana? Un giacobino della prim’ora? La penna sarcastica e acuta che, col suo scrivere, ha fatto conoscere il buon parlare toscano in Europa? L’ ispiratore di Giuseppe Giusti e di Collodi?

Chi sa dare una soluzione? Se ai giorni d’oggi, nei ridenti centri del Mugello o a Firenze, spinti da curiosità, chiedessimo in giro chi è Filippo Pananti … pochi saprebbero darci una risposta. E pensare che fino non molti anni or sono, a Borgo San Lorenzo e nel suo circondario, a questo personaggio erano intitolati teatri, testate giornalistiche oltre che varie strade.. queste, se Dio vuole, sono rimaste nella toponomastica fino ai nostri giorni.

Filippo Pananti era nato il 19 marzo 1766 nei dintorni di Ronta, sotto la chiesetta di Pulicciano, nella vetusta villa di famiglia. Ottavo di undici fratelli, vide la luce in una casata di antichi proprietari terrieri, che nel loro albero genealogico ricordavano condottieri, prelati e giureconsulti.

Sua madre, Caterina Angela Gatti, era la sorella del famoso clinico Angelo Gatti, spirito illuminista e cosmopolita che con i suoi studi si fece stimare in Francia, apportando con le sue sperimentazioni un fondamentale contributo alla scoperta del vaccino contro il vaiolo; malattia che all’epoca, molto democraticamente, non risparmiava nessuna classe sociale.

Filippo, rimasto orfano di padre in tenera età, venne educato dallo zio il quale, avendo accettato la tutela legale dei nipoti, fu per loro più di un genitore, fu un maestro ed  amico.

Crescendo, il piccolo rampollo dimostrò interesse per le lettere e venne dallo zio inviato a studiare nel collegio seminario di Pistoia, da dove, pur essendosi messo in luce nella poesia e nello studio del latino, non avendo la vocazione di continuare gli studi teologici se ne andò qualche anno dopo.

Filippo, di concerto con il Gatti, si iscrisse ai corsi di legge nell’ateneo pisano, dove si laureò in poco tempo. Gli anni dell’università furono allo scaltro rontese fondamentali per la formazione culturale e politica; in quella realtà conobbe e divenne amico dei professori Lampredi e Pignotti, uomini che avrebbero rivestito un grande importanza nel futuro di Pananti. Filippo, al contrario di quello che si pensa, non fu solo e soltanto un poeta, anzi, alla poesia arrivò per vezzo.

Siamo alla fine del 1700, poco dopo la fine della Rivoluzione Francese e nella nostra penisola, ancora divisa in piccole realtà statali, e nel Granducato di Toscana, allora sotto la reggenza di Ferdinando III di Lorena, si temevano complessi capovolgimenti politici. Infatti le potenze europee, a più riprese, cercavano di coalizzarsi contro la nazione francese e il suo Direttorio, già in difficoltà per le rivolte interne .

Gli scontri ideologici e militari che si ebbero fra gli eserciti francesi e quelli di altri Stati, furono molti. Numerose battaglie si avvicendarono in breve tempo e le numerose vittorie dell’astro nascente Napoleone Bonaparte, allora giovane comandante, consentirono ai francesi di difendersi e di sconfiggere i nemici, conquistando nuovi territori e  penetrando a più riprese in Italia.

A Firenze la corte lorenese, per mezzo di Federico Manfredini, maggiordomo del Granduca e colui che di fatto reggeva i rapporti con gli stati esteri, cercava assieme ad una cerchia di uomini responsabili - tra i quali i famosi Vittorio Fossombroni, Neri Corsini, etc. - di mantenere il piccolo Stato neutrale; questo, onde evitare il pretesto francese per una invasione militare.

In questo periodo, Manfredini cercò di instaurare una serie di relazioni politiche non ufficiali con i vari esponenti del Direttorio francese a Firenze, individuando per lo scopo persone che fossero in grado di  mantenere con lui rapporti personali, al fine d’informare la corte su notizie riservate e confidenziali. Tra questi venne scelto anche Filippo Pananti che, dato il suo lignaggio sociale, la padronanza della lingua francese e, ultima ma non ultima, la parentela con Angelo Gatti - conosciutissimo e stimato a Parigi - venne delegato più di una volta per informarsi dal referente del governo francese di stanza a Firenze, Conte Miot, e ricevere notizie sensibili su progetti, strategie od altro riguardanti le mire del Direttorio nei confronti del Granducato di Toscana.

Pananti, pur essendo uno spirito democratico, interessato all’ideologia della Rivoluzione Francese, accanito sostenitore di molti principi democratici da essa scaturiti e convinto della necessità di dover esportare anche in Toscana, attuandole, alcune riforme sociali, accettò l’incarico essendo sicuramente contrario ad una occupazione coercitiva delle armate francesi nel Granducato.

Filippo, durante la sua parentesi diplomatica, come un odierno agente segreto si comportò con scaltrezza ed intelligenza, mantenendo ottimi rapporti con i funzionari oltralpini e prodigandosi anima e corpo affinché parte del popolo, del clero e della nobiltà toscana non offrissero pretesti militari ai francesi per una dislocazione di truppe nel territorio.

La storia, che non guarda in faccia nessuno, seguì il suo corso e il Granducato, dopo alcune mosse politiche non azzeccate, venne come gran parte della penisola a più riprese invaso dai reggimenti d’oltralpe.

Filippo, nonostante gli eventi, riuscì a rimanere una persona stimata ed  ebbe modo, negli anni a cavallo tra il 1797 e il 1799, di farsi conoscere per le sue doti letterarie e non solo, sia all’interno della corte granducale oltre che all’estero. Il giovane mugellano conobbe a Firenze lo stesso Napoleone, sua moglie Giuseppina, il Papa, confinato dai francesi alla Certosa, e tanti altri esponenti politici di passaggio. Filippo Pananti viaggiò molto, fu più volte a Milano, Genova, Venezia, Bologna, Torino, Padova, dove strinse amicizia con personalità della levatura di Parini, Fontana, Cesarotti.

Pananti, durante la seconda invasione francese in Toscana, fu tra gli animatori della Società Patriottica Fiorentina, di tendenze repubblicane, dove si mise in luce pronunciando numerosi e accorati discorsi democratici. Acceso da sincera filantropia, si adoperò affinché le rivolte del 1799, sorte ad Arezzo e denominate dei Viva Maria, non degenerassero in atti sanguinari, dando ragione così agli eserciti francesi per inasprimenti politici repressori nei confronti delle inermi popolazioni toscane.

Filippo, preoccupato della possibile degenerazione degli eventi si diresse, con altri quattro membri della Società Patriottica, per due volte ad Arezzo, al fine di placare le folle in tumulto contro gli invasori e scongiurare il peggio. La missione diplomatica ebbe scarso successo ed i conciliatori dovettero fuggire.

Pananti, divenuto famoso per la sua abnegazione alla causa pacifista, venne richiesto anche in Mugello con lo scopo di sedare i tumulti. Filippo partì immediatamente per Borgo San Lorenzo, accompagnato (come certifica una mia lunga e difficile ricerca d’archivio) dal giovane Ugo Foscolo. Nel comprensorio mugellano i due poeti, non avendo lasciapassare idonei, vennero fermati dai soldati francesi che, avendoli scambiati per tumultuanti, li aggredirono e minacciarono. I giovani  vennero rocambolescamente salvati per miracolo dal pievano di Borgo, zio fra l’altro del famoso dott. Betti di Mangona, che nascose i due improvvisati conciliatori in canonica.

Filippo cercò riparo presso la sorella Anna, sposata ad un ricco proprietario di Baragazza, paesino al di là del passo della Futa, dove stette ben nascosto qualche giorno per paura di rappresaglie.

Dopo la battaglia della Trebbia e la ritirata delle truppe francesi anche dai territori toscani, Filippo, non volendo più tornare in Toscana per timore di ripercussioni politiche sulla sua persona, emigrò. Egli fu ramingo per l’Europa centro-settentrionale, fin quando venne chiamato a ricoprire l’incarico di professore di italiano e storia nel collegio di Sorèze, piccola e amena cittadina a sud della Francia.

Rimase nella struttura scolastica due anni, alternando fugaci viaggi in Olanda e Spagna, fin quando prese la decisione di dirigersi in Inghilterra, prima di tornare in Italia. Rimase parecchi anni nell’isola, dove, dopo essere stato assunto come poeta di teatro, divenne anche precettore della duchessa di York. A Londra, città dove prese residenza, collaborò attivamente ad un giornale politico-letterario, L’Italico, e costituì un cenacolo nel quale si riunivano i vari esuli italiani di passaggio.

Divenne amico fraterno di Lorenzo Da Ponte - il famoso scrittore delle Nozze di Figaro, del Don Giovanni e di Così Fan Tutte musicate da Mozart – e di Pasquale Paoli, il famoso rivoluzionario corso. Filippo in Inghilterra scrisse e dette alle stampe una delle sue maggiori opere poetiche, Il Poeta di Teatro, poema tragicomico nel quale viene raccontata in versi parte della sua vita.

Pananti, dopo aver trascorso molti anni a Londra, per necessità familiari decise di imbarcarsi per l’Italia e dopo un avventuroso viaggio - la nave su cui era imbarcato venne dirottata verso Algeri da feroci pirati - riuscì finalmente a giungere in Sicilia, a Palermo, dove nei pochi mesi in cui rimase fondò un altro giornale, anch’esso di stampo democratico e denominato il Corriere di Sicilia. Delle sue avventure per mare scrisse un bel resoconto nella sua opera Avventure e Osservazioni Sopra le Coste di Barberia, importante, oltre che per il resoconto delle sue disavventure marinaresche, anche per il valore scientifico e antropologico dei suoi resoconti sugli usi e costumi delle popolazioni del Nord dell’Africa.

Filippo, quando finalmente rimise piede nella sua Toscana, si dedicò alla letteratura, componendo e pubblicando numerose opere epigrammatiche. Spesso ospite del salotto letterario della contessa Medici-Lenzoni ed essendo molto stimato, conobbe e riavvicinò numerosi letterati ed intellettuali, tra i quali bisogna ricordare: Alessandro Manzoni, Giacomo Leopardi, Giampiero Vieusseux ( fu uno dei primi ad associarsi al suo gabinetto letterario), Giovan Battista Niccolini, Giuseppe Giusti, Atto Vannucci.

Filippo Pananti visse i suoi ultimi anni tra Ronta, Cutigliano e Firenze, circondato dall’amore dei figli di suo fratello Luigi e dagli amici, fin quando si spense nel capoluogo per un colpo apoplettico il 14 settembre 1837.

Venne sepolto presso la basilica di Santa Croce a Firenze, dove il suo sepolcro fu successivamente onorato con un bel monumento.

Rimangono di lui molte opere letterarie, anche di un certo valore artistico e scientifico, che restano purtroppo impolverate negli scaffali di qualche vecchia biblioteca o in mercatini di antiquariato, qualche lapide posta nella sua vecchia villa natale, ormai divisa in appartamenti, qualche bis-bis nipote interessato alla sua memoria, tra Firenze e Ronta, e il ricordo sbiadito di un intellettuale nato in Mugello e che dava del “tu” ai grandi.

Nella foto (in alto): Pier Tommaso Messeri con Aldo Giovannini in occasione di una recente intervista

 

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