
L’ultima udienza si era chiusa con il legale di Rodolfo Fiesoli, Lorenzo Zilletti, impegnato in una lunga arringa per dimostrare l’innocenza del suo assistito («non è un orco, come ormai si sente dappertutto»). E come da programma, oggi, è arrivata la controffensiva del Pm Ornella Galeotti, del sostituto Pg Adolfo Sgambaro e dei legali delle parti civili. Dalla replica, però, si è passati alla replica della replica; e dunque allo scontro. La Galeotti ha rincarato subito la dose: tredici persone sono finite nel mirino della procura e a breve riceveranno la notifica con l’avviso di garanzia per l’inizio delle indagini. Dodici di queste saranno indagate per falsa testimonianza, una per alcune criticità professionali emerse sul Forteto. A far scattare il provvedimento un’ordinanza parallela alla sentenza dello scorso anno (17 giugno 2015), dove si sollecitava un approfondimento sulla fondatezza delle dichiarazioni di alcuni testi delle difese. Fu il presidente del collegio, Marco Bouchard, a voler procedere in questa direzione. Due soggetti - inseriti in fascicoli distinti – sono assistenti sociali impegnate a più riprese con la comunità; e di queste una si è tradita propria lo scorso 18 maggio (all’interno del processo Fiesoli-bis per soprusi a un giovane ospite della struttura), dichiarando di non conoscere il Profeta. Ma per il Pm non poteva non sapere l’identità del fondatore: ed è scattata l’inchiesta. Durante il dibattimento gli avvocati degli imputati hanno tentato di smontare l’impianto accusatorio costruito a partire dalle rivelazione delle vittime. E’ stata rispolverata la teoria del contagio dichiarativo (una presunta isteria collettiva per cui ogni versione si rifà all’altra), puntando il dito contro la venalità di chi ha confessato quanto accadeva al Forteto. Ma a minare la credibilità degli attacchi sono intervenuti, su tutti, l’avvocato Francesco Bevacqua (per la Regione) e l’avvocato Andrea Coffari (legale di più vittime e presidente del Movimento per l’infanzia). Il primo ha ammonito: «Signori, qua state facendo il processo al processo, perché non ci sono argomenti che tengano contro la storia del Forteto. Bisogna guardare ai fatti: si può credere che quanti hanno raccontato una verità precisa (37, in tribunale) siano legati ad un'unica trama? Ad un complotto organizzato?». Il secondo, invece, è intervenuto per contestare il metodo utilizzato dalla difesa: «Avete cercato di far passare l’idea che quei reati andassero contestualizzati, che il clima del ’68 abbia avuto una sua influenza e ci debba essere un’interpretazione particolare. E invece bisogna ricordare che gli imputati non hanno detto niente di tutto ciò. Anzi, hanno fatto quadrato attorno a Fiesoli, tentando di far passare la comunità come una realtà paradisiaca. Hanno negato l’evidenza del sole». Pier Matteo Lucibello, legale di Stefano Pezzati (ex-presidente cooperativa, condannato a 4 anni e sei mesi) ha ribadito l’inopportunità di voler giudicare un sistema omogeneo e compatto «perché qui ci sono state solo responsabilità individuali». Dalla parte opposta, l’avvocato Giovanni Marchese (legale di Valentina Vainella e dell’ass.Vittime) ha scelto di far parlare l’evidenza: «Si leggano le oltre 500 pagine di valutazioni documentali inerenti al Tribunale dei Minori che ho depositato. E’ tutto scritto lì cosa è stato veramente il Forteto». La prossima udienza - con possibile sentenza definitiva - è prevista per giovedì 14 luglio. Per chiudere il cerchio e in attesa della decisione della Corte, aprirà Zilletti, oggi rimasto nell'angolo. Non è escluso (e anzi è probabile) che tra i nuovi indagati per falsa testimonianza ci sia proprio chi era stato chiamato a tratteggiare una realtà di benessere e coesione al Forteto; e questo, senza dubbio, rafforzerà la tesi della Galeotti: «Non vi chiedo – giudici - di avere coraggio, ma di fare il vostro lavoro. Se ci sono state menzogne e complotti, dobbiamo assolvere tutti. Ma davvero è possibile crederlo? Davvero la vittima per oltre 30 anni è stata Fiesoli?»