
"Sotto il giacchettino ed i pantaloni di cotone blu elettrico, portavano mutandoni e camiciole di lana grossa, quelle che si compravano al maglificio di Borgo. “Se no come farebbero a durare a questo freddo buggerone!” Inizia così il nuovo contributo di Leonardo Borchi, sindaco di Vaglia. Tutto da leggere:
Dicevo fra me e me, mentre li guardavo ammassare i sassi nel campo da caricare poi sul trattore, destinati ad andare ad ingrossare le macie. Non erano più contadini....ma elevati, o forzati, ad operai agricoli. Dello sguardo, del passo e dei ritmi del contadino, però, conservavano le vestigia. Si chiamavano Errio, Roberto, Memmo, Giovanni, Pierino, Masella e poi c'erano i guardia. Enos, Egidio ed il professionale i' Tarlini. Ultimo erede, insieme al fratello Bruno, di una schiatta di guardiacaccia temuti e rispettati della Fattoria dei Corsini. Si raccontava che il loro babbo, insieme ad altri guardia, subito dopo la guerra, quando il bracconaggio era necessariamente una risorsa economica ed alimentare, e giravano tante armi, si nascosero di notte in agguato nel cavo di un albero. Il novantuno con il colpo in canna. Quando intimarono l'alt ai bracconieri, questi, sorpresi, aprirono il fuoco. Ne venne fuori un conflitto, che vide un bracconiere ferito a morte. Fattoria di Vaglia. I fasti di una volta, con un po' di fantasia, si potevano ancora indovinare: rimanevano le enormi tinaie, appena utilizzate. C'era la falegnameria dove su antichi banchi da lavoro il babbo del Gemmone rifaceva le finestre delle vecchie case dei mezzadri, dove ora avevano preso residenza fiorentini domenicali, capelloni ed....io. Gli operai......Da mezzadri di una volta avevano smesso i pantaloni di fustagno, si erano adeguati al nuovo status ed avevano mutuato dai metalmeccanici delle officine questo completo di giacchetto e pantalone di tela blu, che faceva divisa con il basco, pure blu, che indossavano sempre. Io penso, anche a letto. Bastava vedere il contrasto tra la pelle scura ed indurita dal sole che arrivava a mezza fronte ed il segno bianco che compariva sotto i capelli, le rare volte che si scoperchiavano il capo. Lo facevano, sempre, quando una volta all'anno il principe Corsini portava i suoi pantaloni alla zuava dal Prato di Firenze ai suoi possessi in campagna a Vaglia. Con quel basco a preservativo calcato in testa, “Tu mi pari un decino su un cocomero”, si mettevano agli ordini del fattore, ora agente agrario, ma per tutti sempre “fattore”. Ne avevano uggia e soggezione: come buttavano via la sigaretta quando vedevano l'850 all'orizzonte arrivare in una nuvola di polvere! Il povero Egidio, il più timido di tutti, una volta si cacciò nella cacciatora un bicchiere colmo di vino, che stava bevendo in una pausa che si era arbitrariamente concesso. Unico rimedio che gli venne d'istinto suggerito dalla paura che gli prese nel vedersi sorpreso a non lavorare dal “negriero”. Lo stesso Egidio quella volta che tentennò per qualche ora in cima ad un querciolo che il toro, che l'aveva preso di mira, scuoteva con la testa cercando di farlo cadere come una pera matura. E dire come avrà fatto a salire su quell'albero: Egidio era agile come bastone di ferro! Pierino ebbe una gran fiducia, quando dopo che io, tagliando il bosco la prima volta con la scure, avevo ridotta questa con i denti come una sega, gli chiesi: “Non mi presteresti mica la motosega!?” E' stato il mio pigmalione del bosco. La seconda volta che mi cimentavo: “Oh, si comincia a tagliare gli alberi dal basso!”. Ecco perché i tronchi tagliati mi si incastravano in un enorme gioco di shanghai! Roberto era il più flemmatico. Falcata lunga, misura piedi 45, mani delle spatole e parole...... poche: “Il toppo spaccalo con l'ascia dalla parte più secca”. Dicevano in paese che era fornito dell'attributo più sconveniente e di ludibrio che esista. Faceva arrossire un ciuco: detto dagli avventori dei gabinetti dell'Arcobaleno, dove una volta si ballava a Vaglia. Tanto zittone Roberto quanto chiaccherone e faceto suo fratello: Errio. Con la sua inseparabile “nazionale” senza filtro, mandava il trattore ad inondare i campi di pesticidi e diserbanti senza maschera o protezione alcuna. Non sarà per questo che è morto di cancro presto. Aveva due occhietti vispi e scuoteva la testa dondolandola, come gli indiani, accompagnando le sue battute ironiche. Allegro, sempre disponibile, ti metteva di buon umore. Una volta all'anno la famiglia Vannini e Micheli venivano a mangiare la polenta dal paiolo che bolliva nel camino di casa mia. Ormai si era instaurata un'abitudine. Si sa, è.... era, tipico delle genti di campagna......lenti, zavorrati a partire, ma quando li convincevi a fare qualcosa.......Diventava un rito, un appuntamento non più evitabile. Così, di anno in anno, stavo a sentire le loro storie di disavventure, fortune di uomini e donne che avevano abitato quei boschi e quei campi. Maria che mi si addormentava in braccio invitata dal calore del fuoco, i racconti che ognuno di loro sapeva a memoria godendo a sentirne i vari passaggi che già si anticipavano l'un l'altro. Il piacere del mondo che si racconta, dove tutto è preordinato. Memmo era il più anziano, il più scontroso. Il meno attrezzato: faceva il manovale a tutti. Si muoveva a scatti. Quando impastava la calcina ci dava dentro con quella pala quasi fosse viva e dovesse punirla per qualcosa. Forse solo perché doveva stare lì a faticare. Di Masella ricordo il portamento schietto e dritto. Scambiava volentieri due chiacchiere con me. Era curioso di tutto ciò che tramestavo: anche se dipingevo il mio furgone Volkswagen a pennello. Discretamente......mi dava dei consigli: ero intelligente, avevo dello studiato, ma pur sempre ero un cittadino! Enos, di nome e di fatto. Un giorno mi piombò nel bosco mentre facevo la legna con il suo compagno di merende e soprattutto...... di bevute: il maresciallo della forestale: “Lo vedi, non è in taglio. Il bosco è troppo giovane!”. Me lo aveva dato a fare il fattore: il bosco di quercioli era maturo. Il maresciallo si prestava mal volentieri a fare il cane da guardia: “Contiamo gli anelli”. “Perché lui mi ha fatto la contravvenzione....!” Ecco....capito il motivo! Di quei personaggi è rimasto solo Pierino. Vedovo, vive da solo, ormai senza patente, ancora nella sua casetta di sempre a Sala. Ho bussato, una di queste domeniche alla sua porta, quando risalivo a piedi a Querce. “Ciao Piero, come va?!” Un po' di nostalgia, per quel tempo di cui non è rimasto più né l'odore, né i ritmi lenti, né i silenzi. Ed i tempi morti, che potevi riempire appunto con le storie accanto al focolare, che potevi permettere di far sedimentare e fare tue. Leonardo