
Con buona pace di Ken Follett e di numerosi reportage televisivi nazionali e internazionali, le tre vasche di arenaria custodite nel sottosuolo dell’ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova non furono usate da Leonardo da Vinci per dissezionare cadaveri. A smentire il suggestivo teorema, che il popolare autore di best seller aveva cavalcato nel documentario sulla peste nera intitolato Ken Follett’s Journey into the Dark Ages, sono i risultati di un ampio studio condotto dal Centro di Documentazione per la Storia dell’Assistenza e della Sanità di Firenze e dall’Università di Siena assieme alle sezioni fiorentine del CNR e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, appena pubblicati nel volume Le ‘vasche di Leonardo’ tra realtà e ipotesi (Polistampa, pp. 48, euro 12, testi in italiano e inglese) curato dalla storica Esther Diana. Partendo dall’analisi dei materiali lapidei e dall’esame delle fonti documentarie interne all’ospedale, lo studio mostra come le tre vasche scolpite in blocchi unici di pietra serena, collocate ancora oggi in ambienti prossimi alla cripta della chiesa dedicata a Sant’Egidio, non potessero essere destinate all’uso anatomico: oltre alla totale assenza di una tradizione orale o scritta in questo senso, la struttura e le dimensioni dei manufatti non risultano adatte al contenimento di cadaveri. L’esame dei contenitori e della loro tipologia, i raffronti, le accurate analisi mineralogico-petrografiche e le ricerche d’archivio li identificano piuttosto come vasche per tingere i panni o come depositi di derrate alimentari. Per tutti gli interessati sono pregati di segnarsi le seguenti info: Gherardo Del Lungo (335 1373725); press@eventipagliai.com