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Cava di Paterno: “La terra dei fuochi Toscana" non esiste. Le analisi Arpat non sono veritiere. Dopo anni di gogna mediatica gli accusati richiedono i danni.

Un caso emblematico di errori che hanno distrutto le vite della famiglia Ottaviani

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Paterno Paterno © nc
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I risultati delle analisi di Arpat,  hanno fatto si che gli Ottaviani siano  stati bollati come trafficanti di rifiuti radioattivi, collusi con ambienti mafiosi e portatori di morte. Ma le analisi non erano veritiere. Questa è la clamorosa vicenda della cava di Paterno.
Una vicenda che molti di voi senz’altro ricorderanno e di cui vi abbiamo sempre riportato i fatti, mentre si svolgevano. Era il 2013 quando, a seguito di un’indagine giudiziaria volta a contrastare il traffico illecito di rifiuti, furono effettuati da Arpat Firenze accertamenti tecnici nell'area dell'ex cava Calce Paterno a Vaglia.

L’8 luglio di quell’anno, in occasione di un primo sopralluogo, venne riscontrata nella cava di Paterno la presenza di circa 1.300 sacconi (detti big bags) contenenti una sostanza che, dalla documentazione acquisita, risultava essere polvere Garnet 500 Mesh, proveniente da un impianto di recupero rifiuti speciali non pericolosi di un’azienda con sede in Aulla (Massa Carrara). Questo materiale era stato venduto e la Commerciale Vaglia srl lo rivendeva per utilizzo in campo edile.

Il sequestro e la bomba mediatica
Il 17 Febbraio 2014, a seguito delle analisi del materiale effettuate sempre da Arpat, venne ordinato il sequestro del sito e scoppiò la bomba mediatica. Paterno fu definito addirittura “la terra dei fuochi toscana”. I big bags di polverino e l’area furono posti sotto sequestro e Lanciotto Ottaviani, titolare della Commerciale Vaglia srl, e Tullia Ottaviani, titolare della società Industriale Vaglia, proprietaria degli immobili e della cava, diventarono improvvisamente due trafficanti di rifiuti radioattivi, collusi con ambienti malavitosi e disposti a spargere morte pur di arricchirsi.

Peccato però che, come spesso succede, la giustizia ha fatto il proprio corso, anche se con  tempi troppo lunghi. Il tribunale di Genova, chiamato a pronunciarsi, dopo la relazione tecnica del Ctu, ha emesso la sentenza 679/2018 con cui ha “acclarato la natura oggettiva di sottoprodotto del residuo denominato polverino 500 Mesh” e ha dichiarato “il non luogo a procedere nei confronti degli imputati Ottaviani Lanciotto e Ottaviani Tullia in ordine al reato ascritto perché il fatto non sussiste”, ordinando il dissequestro e la restituzione ai rispettivi aventi diritto dei big bags e dei siti in giudiziale sequestro. La sentenza è passata in giudicato il 18 settembre 2018.

Nella relazione del Ctu, Prof. Ing. De Faveri, il polverino 500 Mesh sequestrato, in base alle analisi effettuate dal perito del Tribunale, non è risultato un rifiuto tantomeno speciale e pericoloso ma un mero sottoprodotto  non pericoloso sia per l’ambiente che per l’uomo. Quello che più sorprende in questa incredibile vicenda è come Arpat, Ente Pubblico istituzionale della Regione Toscana in ambito di controllo ambientale, abbia “certificato” come rifiuto speciale pericoloso qualcosa che poi i periti del Tribunale hanno sentenziato essere materiale innocuo.

Le conseguenze per le aziende coinvolte

Come spesso succede, ai titoli altisonanti per parlare dei sequestri e delle ipotesi di reato non seguono mai titoli altrettanto altisonanti per raccontare le sentenze, specie se contrarie a quello che l’opinione pubblica pensava (noi di OKMugello lo faremo). Dietro a ciò, però, ci sono aziende e persone messe alla gogna e a cui nessuno restituisce lavoro e dignità.

Per questo, oggi, a seguito di quella sentenza, Arpat, organismo della Regione Toscana per la tutela ambientale, viene citata per risarcimento danni. I danni patrimoniali  e non patrimoniali includono mancato guadagno, lesione dell’immagine e della reputazione per due cittadini per anni marchiati“spregiudicati e pericolosi trafficanti di rifiuti tossici che hanno causato danni alla popolazione colpita da forte incidenza di tumori,”.

La redazione di OKMugello sulla vicenda della cava di Paterno

La redazione di OKMugello ha seguito la vicenda e ha fornito ai propri lettori tutte le informazioni verificate dalle autorità competenti. Non ci nascondiamo dietro scuse fittizie per minimizzare l’accaduto; anche il nostro giornale, nello svolgimento del proprio lavoro, ha contribuito inconsapevolmente. La giustizia ha fatto il suo corso, e noi siamo felici che due innocenti siano stati riabilitati non solo a livello giudiziario, ma anche di fronte all’opinione pubblica. Ci rendiamo disponibili ad accogliere le dichiarazioni dei diretti interessati affinché si possa ristabilire la verità su questo caso, che ha coinvolto persone della nostra comunità.

 

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Commenti 2
  • Roberto Rossi

    Cara redazione non si capisce bene il merito di questo articolo. Giustamente citate la sentenza del tribunale di Genova, ma omettete quella del tribunale di Firenze che è arrivata a conclusioni opposte. Le indagini dei carabinieri forestali hanno svelato, oltre al polevino mesh di cui trattate, la presenza di ingenti rifiuti nella ex-cava del tipo: Fanghi Alta velocità, Fanghi di depurazione acque reflue conceria, Scarto di salamoia industria chimica, Inerti da demolizione, Pneumatici esausti, Oli esausti in Fusti etc.... Non sono io a dirlo ma i carabinieri forestali e una relazione della camera dei deputati di cui metto sotto il link... da pagina 7 si parla appunto della ex-cava... e allora mi chiedo ancora... qual'è il senso dell'articolo? https://documenti.camera.it/_dati/leg17/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/023/049/00000019.pdf

    rispondi a Roberto Rossi
    ven 31 maggio 15:27
  • Redazaione

    Gentile Sig. Roberto, la nostra redazione non è deputata a fare processi ma bensì a dare informazioni e notizie verificate e comprovate da documenti. Per quanto riguarda questo caso, l'articolo in questione tratta dell'argomento del Big Bags 500mesh... di cui le riporto solo uno stralcio dell'atto di citazione: "... Il Tribunale penale di Genova ha quindi dichiarato il non luogo a procedere nei confronti degli imputati Lanciotto e Tullia Ottaviani perché il fatto non sussiste; la sentenza è passata in giudicato il 18 settembre 2018..."

    rispondi a Redazaione
    ven 31 maggio 19:33