
Sono vecchio! Perché? Soprattutto perché "navigo" verso i 68 (19 novembre). E soprattutto mi commuovono queste notizie. Chiusura dell'edicola di San Piero a Sieve. O possiamo chiamare l'abitato di San Piero....San Piero "scalo"!? O San Piero "sobborgo" o "hinterland" "quartiere satellite" di Scarperia.
Perché mi duole dirlo, constato che con la chiusura di questo esercizio, continua purtroppo il depauperamento di centri nevralgici del vissuto sociale della nostra comunità. Non mi "spertico" in giudizi politici, sociologici o di altra natura, resta comunque il retrogusto, l'amaro in bocca che ci portiamo dietro, noi cittadini "storici" dell'abitato sanpierino, della perdita di appeal del nostro paese, partendo dalla chiusura della piscina comunale nel lontano 1983.
L'elenco delle cose che abbiamo perso lo lascio completare ai miei concittadini. E affermando questo, non mi sottraggo minimamente per la parte che mi riguarda come cittadino ed ex amministratore del mio paese, alle mie responsabilità. Quindi. Niente da obiettare sulla nascita del comune unico, Scarperia e San Piero, ma una riflessione sulle conseguenze, le criticità che esso ha prodotto, ed era inevitabile, credo vada fatta con la massima urgenza.
Molto stiamo producendo per il benessere e il desiderio di "ri-socializzazione" delle persone. Nascita de l'Oratorio e rilancio del Parco Berti fanno parte di un disegno, non programmato, che accomuna il senso civico della nostra comunità. Il mio accorato appello e che si parta da questo e se ne tragga un insegnamento, un indirizzo che possa supportare la politica, affinché sappia trovare, "sporcandosi" come si suol dire le mani, le risposte giuste.
Con scelte amministrative che riescano a dare risposte convincenti alla perdita di luoghi di aggregazione, non sostituibili con altre cose di effimera provenienza. Mi riferisco, consapevole di suscitare critiche feroci, a tutto il mondo del web. Necessario, insostituibile nella sua essenza, ma non surrogabile, non sostituibile al confronto delle idee guardandosi negli occhi nei centri di aggregazione storici.
Vedi cinema, teatri, laboratori per la letteratura, scuole di musica, danza, pittura, scultura ecc. Insomma tutto quello che serve per creare vissuto e conoscenza delle persone, in un momento così straniante che stiamo vivendo.
E quindi piango non tanto metaforicamente la perdita dell'edicola. Il mio pensiero va alla Caterina che gestiva l'edicola negli anni '60 e a suo nipote, mio carissimo amico Stefano detto Buricchio, compagno di serate e passate con lui e gli altri ragazzi nel chiosco dei giornali, quando sua nonna lo lasciava lì a gestire il tutto. Eravamo molto liberi e, pur essendo piccoli, nessuno per ore ci reclamava da casa. Ma questo è un altro discorso che ci porterebbe molto lontano.....
Sauro Bani.