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Niccolò Celesti è tornato sul fronte ucraino, confermando il suo impegno sia come reporter che come volontario in missioni di solidarietà. Per il secondo anno consecutivo, grazie all'accredito concesso dal Ministero della Difesa ucraino alla testata OKMugello, si trova nelle aree più critiche del conflitto, raccontando con lucidità e coraggio la realtà della guerra. Oggi il suo sguardo è puntato su Pokrovsk, la prossima città destinata a diventare un simbolo della resistenza ucraina nel 2025. Sul campo, tra fortificazioni, trincee e civili che resistono, il racconto di una giornata surreale in un luogo ormai sospeso tra la vita e la guerra.
Pokrovsk è la prossima città sul fronte del Donbas destinata a diventare uno dei simboli delle battaglie del 2025. Siamo entrati per valutare le reali condizioni del fronte in questa zona e possiamo raccontarvi una realtà quasi surreale della nostra giornata in città. Ma prima, vediamo brevemente la storia e l’economia di questa città, così importante per il settore minerario della regione.
Nel 2022, Pokrovsk aveva una popolazione di 60.127 abitanti. La città si è sempre sostenuta grazie alla ferrovia e alla grande miniera di carbone, che veniva poi trasportato via treno alle grandi acciaierie di cui l’Ucraina era un produttore e leader mondiale. Inoltre, i silos di cereali e semi di girasole sono sparsi su tutto il territorio, così come gli sterminati campi che circondano la città e la regione. Oggi, però, durante il nostro viaggio verso il fronte, quei campi sono deturpati da fossi anticarro, fortificazioni, trincee, postazioni di artiglieria e zone minate. Gli ucraini sono pronti a difendere la città fino all'ultimo, ma sono anche già organizzati per una ritirata, che si rivelerà essere strategica o di ripiegamento nelle prossime settimane.Ma vediamo la cronistoria della morsa russa. Noi eravamo qui dieci mesi fa, quando la città di Avdiivka è caduta, un punto da cui oggi i russi attaccano e detengono uno dei principali obiettivi strategici. Tutto è cominciato il 7 agosto 2023, quando i missili russi hanno colpito la città due volte, uccidendo nove persone. Nel luglio 2024, la Russia ha intensificato gli sforzi per raggiungere e catturare Pokrovsk con una nuova offensiva. Il 15 agosto, Serhij Dobriak, capo dell'amministrazione militare della città, ha riferito che le forze russe erano a soli 10 km dalla città e ha esortato tutti, in particolare gli anziani e le famiglie con bambini, a evacuare. Il 19 agosto, le autorità ucraine hanno annunciato che le famiglie con bambini dovevano lasciare Pokrovsk e i villaggi circostanti. Al 1° settembre, la popolazione era scesa a 36.000 abitanti. Il 5 settembre, la stazione ferroviaria è stata chiusa per l'evacuazione dei civili, che sono stati poi trasportati via autobus dalla stazione di Pavlohrad. Secondo il governatore della regione di Donec'k, Vadim Fіlaškіn, 26.000 persone, tra cui 1.076 bambini, erano ancora in città.
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Molte delle strade che in passato usavamo per raggiungere Pokrovsk sono ora sotto il controllo russo, quindi ogni giorno o ogni settimana il percorso cambia. Oggi si entra da ovest e da nord-ovest; tutti gli altri lati sono stati conquistati e l'esercito russo si trova a pochi chilometri dalla città, a sud e sud-est, a un passo da un grande quartiere alle porte della città. Tra quei palazzi abbiamo dormito l’anno scorso, e probabilmente fra pochi giorni diventeranno il fronte principale di questa battaglia. L’esercito russo controlla almeno tre grandi arterie che conducono direttamente alla città, e si posiziona appena al di là di alcuni campi, villaggi e linee di alberi. Tra loro e la città non ci sono barriere naturali, come colline, fiumi, zone industriali o boschi. Perciò, possiamo prevedere che lo scontro avverrà in campo aperto.
Il giorno prima di entrare nel centro, abbiamo esplorato la zona a nord della ferrovia. La città è divisa in due dall'importante linea ferroviaria, che serviva principalmente per il trasporto del carbone. Qui si trova uno degli snodi ferroviari più cruciali dell’Ucraina. Con la chiusura della grande miniera di carbone della Metinvest, già proprietaria della famosa Azovstal, la più grande acciaieria d’Europa, persa con l'occupazione di Mariupol nel 2022, la situazione energetica ed economica dell'Ucraina si è aggravata. Se i russi dovessero conquistare anche questa città, il fronte in questa zona rischierebbe di accelerare ulteriormente le loro conquiste.
Abbiamo parlato con alcuni civili che abbiamo trovato in un negozio di alimentari ancora aperto. Il generatore è spento, la benzina è finita e le vendite non permettono a Anastasia di acquistare nuovo carburante. Così, il frigorifero non funziona e i prodotti disponibili sono per lo più casse d’acqua e scatolame. All'interno del negozio, la luce è provvista da una torcia. Anastasia parla un po' di inglese, il che ci sorprende. Molti di coloro che rimangono in questi luoghi sono quelli che chiamiamo "gli ultimi": poveri, alcolizzati, persone in difficoltà o con problemi mentali, oltre a qualche nostalgico che aspetta l'armata russa. Pericolosissimi, perché spesso forniscono informazioni all'esercito russo sui punti strategici da colpire.
Anastasia, però, non è così. Quando le chiediamo cosa fa ancora in città, ci risponde che sta lavorando. "Quando sarà il momento, scapperò, ma per ora devo finire almeno quello che ho", dice. "La macchina è pronta, ma se non arrivano i russi, io resto". Indossa un grande cappotto nero e stivali imbottiti; il freddo sta cominciando a farsi sentire. Si scalda con le stufe a carbone o con la legna, che recupera anche dalle staccionate del grande palazzo delle ferrovie, proprio accanto. Prima di salutarla, ci dà una mano a individuare sulla mappa i quartieri più esposti e dove, secondo lei, si trova l'esercito russo: "Qui non andate, è troppo pericoloso, qui non c’è nessuno..."
Seguendo le sue indicazioni, entriamo finalmente a Pokrovsk, nonostante tutti i soldati con cui abbiamo contatti confidenziali ci consiglino di desistere. Ci parlano di infiltrati e gruppi di sabotaggio russi all'interno della città, di droni e attacchi. Eppure, troveremo una situazione quasi surreale ma tranquilla. C'è un bel sole, zero vento e qualche nuvola che cambia l'intensità della luce. La temperatura è di circa 2 gradi. Parcheggiamo vicino alla piazza centrale, dove mesi fa prendevamo il caffè e ci incontravamo per i nostri appuntamenti di lavoro. La città è ovviamente svuotata, ma ci sono ancora alcuni civili. Restano forse 300-1.000 persone, difficile fare una stima precisa. Molti di loro, però, si preparano comunque a scappare.
In un edificio della grande chiesa ortodossa, tre sacerdoti celebrano la messa per sei o sette anziane signore che lavorano nel complesso religioso. Ci guardano con sospetto, non vogliono foto né video, ma non capiamo il motivo. I preti ortodossi di queste zone sono spesso restii a parlare con i giornalisti e, in molti casi, danno l'impressione di essere più legati all'era sovietica che all’attuale situazione. Si dice che resteranno in chiesa ad accogliere l'esercito russo, ma non ci forniranno risposte. Ci invitano ad uscire, così il nostro sopralluogo continua.
Nel negozio di dolciumi di una signora, ci preparano un caffè su un fornello a gas. Nel frattempo, lei risponde a una troupe tedesca che entra mentre siamo lì. Anche lei ci dice che scapperà, ma non ora: "Penso che rimarrò, i russi non entreranno. Se dovrò scappare, sarà all'ultimo. Sono sola, con pochi amici rimasti, e mia figlia studia in Svezia. Non ho responsabilità oltre a me stessa e alle mie caramelle".
Poco più in là, in un giardino tra i palazzi, un'anziana signora dà da mangiare a un cane e a alcuni gatti. Provando a parlare con il poco ucraino che conosciamo, le chiediamo: "Non vuoi evacuare dalla città?" Subito si mette a piangere, non riusciamo a dire altro e dobbiamo proseguire, con il cuore in gola.Vicino alla grande chiesa ortodossa, due uomini stanno coprendo le finestre di un palazzo con pannelli di legno. Una signora entra in un negozio di articoli per animali ancora aperto. Molte persone, infatti, rimangono per proteggere i loro animali, non sapendo dove portarli in caso di evacuazione. Ogni persona che incontriamo ci suscita domande e riflessioni: rimarranno fino all'ultimo? Si rendono conto della situazione? Girando l'angolo di una strada, vediamo un uomo caricare velocemente alcune casse di cartone in macchina, mentre due ragazzi giovani ridono passeggiando in direzione opposta. Poco più in la due soldati scompaiono tra i palazzi.
La città è ancora per la maggior parte intatta, la guerra ha colpito solo alcuni edifici strategici e la sua presenza si fa sentire nel rumore costante delle esplosioni e nel fischio dei proiettili d'artiglieria e dei missili che passano sopra le nostre teste. In alcuni punti, è possibile vedere i crateri che interrompono la ferrovia o il grande ponte sopraelevato o i danni causati dai missili.
Per il resto, sembra l'era del Covid, con la differenza che le autorità sono ormai scomparse da tempo: polizia, vigili del fuoco, sindaco e amministrazione comunale sono stati trasferiti a 20 km di distanza, dove gestiscono le operazioni burocratiche. A Pokrovsk non c'è più elettricità, gas, acqua corrente, né internet. La situazione igienica è disastrosa e l'aria sta per diventare irrespirabile.Niccolo Celesti
Niccolo' e' un fotogiornalista indipendente, collabora con OKMugello e svolge azioni umanitarie, puoi seguire e dare una mano al suo lavoro con una piccola donazione cliccando sotto!