
Em busca da liberdade, os africanos no Brasil.
Essa luta mandinguera, que no Brasil se criou,
o negro se defendia do chicote do feitor.”
Sabato scorso, il 22 aprile, nel centro storico di Borgo San Lorenzo si è sentito un gran rullare di tamburi e berimbau, e un coro di voci che cantava: “Con la rivolta degli schiavi la capoeira è nata / In cerca della libertà per gli africani in Brasile / Questa lotta arcana che in Brasile si è creata / quando il negro si difendeva dalla frusta del signore”...
Si trattava proprio di un Batizado di capoeira, la cerimonia di ‘battesimo’ e cambio della cintura degli allievi del gruppo mugellano di Capoeira Topazio “Ginga Sempre -Mugello” (per maggiori informazioni: gilsoncapoeira@hotmail.it), che quest’anno ha celebrato il suo 12° Batizado proprio in Piazza dell’Orologio davanti a un nutrito gruppo di spettatori che, incuriositi da questa affascinante forma di lotta dissimulata in danza, si sono fermati a guardare lo spettacolo e a battere le mani al tempo dei toques di tamburi, con tutto il gruppo di allievi e di mestres.
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Molti si saranno chiesti perché festeggiare questo evento proprio in piazza... Ebbene, la nostra redazione è andata a chiederlo proprio a Gilson Lago, il Mestre ‘brasi-mugellano’ del gruppo:
“La capoeira si fa in strada per un motivo molto semplice: perché quest’arte marziale è nata e cresciuta in strada! Nei luoghi di lavoro e di aggregazione dei discendenti degli schiavi africani in Brasile, nei campi, nei mercati, nelle piazze e nelle strade di Salvador de Bahìa, di Rio de Janeiro...
E la strada è quindi il suo palcoscenico, la sua casa. E poi questo è un modo di far conoscere la capoeira alla gente, perché possano vedere di cosa si tratta, cos’è un batizado, una graduazione. Perché la capoeira, che è un’arte di strada, non rimanga rinchiusa tra le mura di una palestra...”
La capoeira, infatti, in origine è una lotta di liberazione, ma poiché la sua pratica è stata a lungo vietata, fu allora dissimulata in un gioco di astuzia che assomiglia molto a una danza, anche perché i colpi spesso non vengono assestati all’avversario, ma solamente simulati.
La sua storia è tanto antica quanto le deportazioni degli schiavi africani che già la praticavano nelle loro terre, in Congo, in Angola, e che portarono con sé fino alle ‘nuove terre’ brasiliane, dove arrivarono per lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero, cacao e caffé. Anche se nel 1888 la schiavitù in Brasile venne ufficialmente abolita, la pratica della capoeira rimase vietata e clandestina ancora a lungo; solo negli anni ’30 del Novecento questa forma di lotta è stata nazionalmente riabilitata in Brasile, e bisognerà attendere gli anni Settanta perché venga riconosciuta come Sport Nazionale, rappresentato anche oltre i confini nazionali.
Oggi, infatti, la capoeira è universalmente conosciuta e sempre più praticata. In Brasile molte scuole di questa disciplina sono attualmente impegnate nell’educazione e nel recupero dei bambini di strada delle favelas che, attraverso questo sport, vengono ri-educati a uno stile di vita ‘sano’, che favorisce la loro socializzazione e l’integrazione nella società attraverso un sistema di valori che rende coscienti di sé stessi e del proprio corpo, nel pieno rispetto dell’altro, soprattutto dell'avversario.
In Italia la prima scuola di capoeira è stata fondata nel 1982 a Viterbo da Mestre Canela. Oggi se ne contano già centinaia di scuole sparse sull’intero territorio, diverse delle quali si trovano proprio nell’area fiorentina, nella Val di Sieve e ...anche nel nostro Mugello!
Qui da noi, l’Associazione Capoeira “Ginga Sempre” del gruppo Topazio di Mestre Dinho e Contramestre Rudson, è presente ormai da più di 10 anni e ha un gruppo sempre più numeroso e affiatato di allievi capoeiristi.
Per conoscere meglio questa disciplina sportiva e la sua filosofia di vita, rivolgiamo qualche altra domanda direttamente a Mestre Gilson:
A quanti anni hai iniziato a praticare Capoeira? E in che modo?
“Fin da piccolo, avrò avuto 4 o 5 anni. Per noi era come il rituale domenicale di famiglia: il babbo ce la insegnava, ci allenava, e la domenica portava in piazza me e tutti i miei fratelli per la ‘roda’, il cerchio di lotta che si forma in strada, e che funziona un po’ come una sfida: vince il più furbo, il più bravo. Gli spettatori buttavano qualche moneta nel centro della roda e i due lottatori si sfidavano per prendere quei soldi, che assolutamente non si potevano toccare con le mani. Qui stava la scommessa: chi riusciva a prendere quei soldi con la bocca, senza toccare terra con il resto del corpo eccetto le mani, li vinceva e se li teneva. E finché il pubblico gettava le monete, continuava la roda, anche per ore e ore...”
A che età e per quale ragione sei andato via dal Brasile? E come sei arrivato qui in mugello?
“Io sono anche un istruttore di educazione fisica e soprattutto un ballerino.
Quando avevo già 28 anni un’importante compagnia di danza mi offrì di lavorare in Europa, e io accettai, perché no?! Sono stato in diversi paesi, ma l’Italia è quello che mi faceva sentire più a casa, allora mi sono fermato.
Qui in Mugello, invece, ci sono arrivato perché fui contattato da una scuola di danza di Borgo San Lorenzo, la “Dance Theatre School”. Mi sono trovato bene, ho messo sù famiglia e ...sono rimasto, ecco tutto.”
Un ultima domanda. Alla luce di tutto quello che ci hai raccontato, della nascita della tua passione per la capoeira, delle tue esperienze di vita, del tuo lavoro: che cosa rappresenta oggi per te la capoeira?
“La capoeira è la mia vita. Te l’ho detto: ci sono nato con la capoeira, è la mia casa, la mia religione... Poi ho fatto e faccio tante altre cose: la danza, la palestra, ho praticato tante altre arti marziali, dal judo al pugilato, ma la capoeira è un’altra cosa per me, è il mio modo di essere.
Potrei smettere di fare tutto nella mia vita ...ma non la capoeira!”
(Fotocronaca di Alessandro Belli)